Cenni storici di Vallata

Cappellanie

    La cappellania è un'istituzione che fu dapprima appoggiata e consigliata dalla Chiesa, poi, per gli abusi che si verificarono e per le conseguenze dannose che ne seguirono fu dalla Chiesa ostacolata. Coloro che fondavano una chiesa, una cappella, cercavano di acquistare benemerenze presso le autorità ecclesiastiche ed inoltre la dotavano e si ri- servavano il diritto di patrono, cioè di presentare il cappellano.
    Per la fondazione, la normativa richiedeva la preventiva approvazione della gerar- chia ecclesiastica che si fermava, generalmente, a livello vescovile. Anche a Vallata, i nostri avi per manifestare la loro religiosità nulla lasciarono di intentato (1). Basta dare uno sguardo alla toponomastica vallatese, per accorgerci del gran numero di chiese o con strade intitolate a santi o contraddistinte da denominazione d'origine ecclesiastica: S. Vito, S. Rocco, Montevergine, S. Giorgio, Sant'Andrea, Madonna del Carmine, l'Annunziata ete...
    Il gran numero di chiese, di opere pie potrebbe far sembrare che ricostruire la storia delle opere di culto di Vallata sia molto facile; in realtà è molto difficile perché i documenti riguardanti le stesse, furono distrutti in un incendio (il I° marzo 1719), che annientò l'Archivio della Chiesa Madre dove si conservavano i protocolli dei notai defunti. I pochi rimasti bruciarono in un secondo incendio, (23 agosto 1855), che distrusse l'abitazione dei notaio Novia, ove pure si conservavano le schede antiche salvate nel primno incendio (1). Ciononostante, almeno per alcune fondazioni, sono riuscito a trovare alcuni carteggi presso l'Archivio di Stato di Avellino, dai quali si possono trarre notizie di tre cappellanie. Un dato è certo: le opere di culto di Vallata sono di antica istituzione, come si rileva anche da una delibera del Consiglio Comunale dei 21 maggio 1862 dove si legge: “Si ravvisa che le opere di culto di questi Stabilimenti sono di antica istituzione come dalla rileva fatta dagli amministratori.... come pure si ravvisa dalle antiche platee esistenti in Archivio di Beneficenza”. Le famiglie di Donna Giovanna del Tufo, Duchessa di Gravina, e della Duchessa di Grumo fondarono le rendite dei Monte dei morti, ossia Purgatorio, pel mantenimento del culto e Don Giovanni Borgia Principe, nel 1749 lasciò alla Chiesa Matrice di S. Bartolomeo Apostolo il mulino..." (2). Dalla relazione ad limnina del 1595 dei Vescovo di S. Angelo dei Lombardi si rileva: "ci sono poi, sia dentro che fuori le mura alcuni semplici benefici... gestiti dai legittimi possessori, i quali, secondo i loro impegni e nostre particolari disposizioni, non mancano di far celebrare sante messe e di attenersi ad altre funzioni sacre gravanti su di loro" (3).
    Il fenomeno si diffonde sempre di più e in modo tale che nel 1710, come si rileva nel cap. IX del Sinodo diocesano, indetto dal vescovo Mons. Mastellone, le cappellanie esistenti in Vallata erano ben diciassette: S. Maria delle Grazie, S. Antonio, S. Francesco, S. Isidoro, S. Anna, S. Carlo Borromeo, S. Martino, Annunziata, S. Giuseppe, S. Domenico, S. Michele, S. Biagio, Incoronata, S. Caterina, SS. Salvatore, Gesù e Maria, Madonna del Carmine.
    Agli inizi del 1595, il sacerdote Don Giovanni Berardino Dattilo chiese l'assenso al vescovo della diocesi di Bisaccia e S. Angelo dei Lombardi Flaminio Torricella, per costruire, nella Chiesa Madre "S. Bartolomeo Apostolo", una cappella denominata "Gesù e Maria", riservandosi lo 'Ius Patronatus'. Assenso e patronato vennero dati con decreto dello stesso Vescovo il 20 maggio 1595, senza, però, che si spedissero Bolle perché nella supplica fatta da Don Giovanni Berardino non si spiegava che il patronato dovesse essere dello stesso Don Berardino e di Fabiano Dattilo, suo fratello. Inoltre non vi era stato assegnato nessun stabile o rendita tale che la concessione rendesse. Successivamente il 3 aprile 1603, i fratelli Dattilo ricorsero al vescovo Gaspare Paluzio Albertoni, (nel frattempo avevano donato alla cappella un terreno di 5 tomoli alla contrada 'Lo Marzano') chiedendo la conferma dell'assenso e della concessione del patronato. L'assenso vescovile alla fondazione fu inviato il 29 aprile 1603 e dall'assenso vescovile appare la perpetuità di detto semplice beneficio, ossia cappellania.
    Per il beneficio denominato "Gesu e Maria", la famiglia Dattilo, nella persona di Don Giovanni Pietro Dattilo, figlio di Fabiano, edificò una chiesa fuori Vallata, nel luogo chiamato "l'arenara" (attuale Madonna del Carmine), sotto il titolo di "Dive Marie de Monte Carmelo " e con istrumento per il notaio Giulio Coluccio il 1° febbraio 163 5, donò alla cappella 25 tomoli di terreno nel luogo chiamato 'l'inforcata' e la fece patronato perpetuo della sua famiglia con la facoltà a lui e agli eredi e successori più vicini di presentare in beneficio chiunque (4).
    I due benefici soprannominati furono fondati direttamente dalla famiglia Dattilo, mentre la cappellania di S. Biagio della famiglia Bortone (Bertone) fu fondata dalla Duchessa di Gravina, D. Giovanni Tolfa, utile signora di Vallata. La cappellania di S. Biagio, sita nella chiesa "Le anime del Purgatorio", fu ceduta il 30 novembre 1685 dalla patrona di Vallata ai coniugi Angelo Bertone e Flaminia Batta che la dotarono con 200 ducati con obbligo d'investirli in "compra sicura di beni stabili" (5).
    La legge di fondazione per i benefici della famiglia Dattilo stabiliva che per la nomina di cappellano bisognava preferire prima gli eredi in linea mascolina ed in mancanza la linea femminile e che se mai, in caso di vacanza, accorressero più preti discendenti dalla stessa famiglia, doveva essere preferito il più prossimo, mentre la legge di fondazione del beneficio di S. Biagio prevedeva che, essendovi preti o clerici della famiglia Bertone, dove vano essere preferiti a quelli della famiglia Batta e non ritrovandosi né l'una né l'altra famiglia, rimaneva libera facoltà agli credi, tanto della famiglia Bertone quanto della famiglia Batta, di nominare a loro piacere. In caso di estinzione, subentrava il Reverendo Clero di Vallata con i medesimi pesi e obbligazioni; le obbligazioni per tutti e tre i benefici consistevano nel celebrare una messa dei morti la settimana.
    Per un certo periodo le vacanze venivano fedelmente coperte secondo la volontà dei fondatori, però, più ci si allontanava dall'anno di fondazione e più difficile era il compi- to di individuare l'avente diritto.
    Per quanto riguarda i benefici della famiglia Dattilo, la controversia, tra Giovan Battista Garruto, Cesare Zamarra, Bernardo Crincoli ed altri circa la nomina dei titolare, inizia con la morte dell'ultimo cappellano Don Giuseppe Crincoli, avvenuta il 10 giugno 1774. il 21 giugno fu presentato da diversi compadroni (diciassette) l'accolito Cesare Zamarra e nello stesso giorno fu spedito l'editto "contro interesse pretendente" e che fu esposto e affisso alla Chiesa Madre per sei giorni. Contro questa nomina ricorsero il diacono Garruto, nominato da altri compatroni, e il laico Rosata Gerardo "in tenera età" nominato dal padre e dalla zia Amelia Rosata. Tre persone per un sol posto. Per il beneficio di S. Biagio furono regolarmente eletti i primi due cappellani, il chierico Don Pietro Batta e Don Donato Bertone, però alla terza vacanza incominciò la controversia tra il sacer- dote D. Bartolomeo Sauro, Francesco, Leonardo, Nicola e Biafio Batta nonché Biafio e Giuseppe Bertone.
    Per la nomina a cappellano e rettore dei benefici, si accende una lotta furiosa, por tata avanti con "carta bollata" dai vari pretendenti. Ma perché questa lotta per alcuni semplici benefici? La risposta credo sia da trovare nell'amministrazione dei beni delle cappellanie, che come si può notare dalle due note redatte nel 1753 e nel 1786, non sono certo disprezzabili: la nomina a cappellano significava amministrare dei beni e quindi non solo godere della prebenda, ma dare lavoro. Cosa che, in un certo periodo economico depresso, significava avere un ruolo di prestigio, esercitare un effettivo potere: quello di distribuire denaro.

Beni del beneficio Gesù e Maria - Catasto Onciario dei Comune di Vallata redatto nel 1763

Tomoli 4 di terreno a Partilagine

Tomoli 5 di terreno allo Shariano

Tomoli 5 di terreno a Carosina

Un gomitto a Piano delle Rose

Un gomitto alla Visca di Tomoli 2

Un capitale di 30 ducati sulla casa dei Primicerio Patetta

Un capitale di 15 ducati sulla casa di Donato Colicchio

Un capitale di 6 ducati sulla vigna di Biase Jafa

    Inoltre nel 1786, secondo la nota redatta da Pietrantonio Memoli esistente nella curia vescovile di S. Angelo dei Lombardi, si aggiungono altri beni e precisamente:

Tomoli 6 a Piscavuto

Tomoli 6 alla Carrara della Mezzana Perazza

Tomoli 7 a Formicoso

Tomoli 1 1/2 a Pian delle Rose

Tomoli 5 al Marzano

Un capitale di 120 ducati sopra una vigna con masseria.


  1. Era novella-delibera dei Consiglio Comunale di Vallata dei 21 maggio 1862 - Vallata.

  2. Era novella-delibera del Consiglio Comunale dei 21 maggio 1862. Archivio Comunale,

  3. Archivio Segreto Vaticano - Relationes ad limina S. Angeli Lombardorum I ' cartella.          coli. 47 r, cv - Cfr. De Paola Gerardo - Rassegna   storica Vallata - Tip. Valsele, pag. 207.

 

    Archivio Stato Avellino - Regia udienza di Principato Ultra - Controversia tra Giovan Battista Garruto, Cesare Zamarra, Bernardo Crincoli ed altri circa la nomina del titolare di due benefici di cui uno nella Chiesa Parrocchiale di Vallata ed un altro in una cappella extra moenia della stessa terra.

    Archivio Stato Avellino - Controversia tra i fratelli Batta ed i fratelli Bertone tutti di Vallata, circa la nomina del cappellano, titolare del Beneficio di S. Biagio nella cappella delle Anime del Purgatorio di Vallata, di cui le famiglie Batta e Bertone erano compatrone.

 

    Autore Prof.Palumbo Giuseppe Vito,Articolo pubblicato in Vicum

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