Il Venerabile P. Vito Mchele Di Netta e il suo paese d'origine.

Il Venerabile P. Vito Mchele Di Netta e il suo paese d'origine.

Breve rievocazione della figura del Venerabile, tenuta dal Sac. Gerardo De Paola, Arciprete di Vallata,
in occasione dell'inaugurazione dell’Esposizione dei ricordi dell'Apostolo delle Calabrie
in Tropea, il 15 ottobre 1980.
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Siamo qui, una rappresentanza di Vallata, non per una esigenza di ufficialità all'inaugurazione dell'Esposizione, cui pure partecipiamo con immenso piacere, ma soprattutto per un bisogno, vivo e profondo, d'incontro con tutti voi, nel ricordo di Colui che i vostri avi, apprezzandone la prodigiosa opera, religiosa e sociale, svolta nella zona, hanno giustamente proclamato "Apostolo e Padre delle Calabrie".

E' bello e commovente sentirsi accomunati in questa celebrazione rievocativa di uno che appartiene a voi, perché per ben 37 anni, in tutta la Regione e particolarmente qui a Tropea, ha profuso nel cuore dei vostri antenati i tesori della sua santità, ma permettete che diciamo che appartiene anche a noi, perché la cittadina di Vallata gli ha dato i natali.

È la prima volta che ufficialmente ci incontriamo, grazie alla bella iniziativa presa dai carissimi PP. Redentoristi, ma si può dire che ci conosciamo da tempo per riverbero del Ven. Di Netta. Abbiamo solo bisogno di moltiplicare questi nostri incontri, per conoscerci meglio e per rianimarci reciprocamente nel diffondere la venerazione al Servo di Dio, affinché quanto prima possiamo vederlo elevato all'onore degli altari. Tanti ci hanno parlato delle sue virtù, ma noi Vallatesi siamo venuti qui per sentire da voi, dalla vostra viva voce, quanto avete appreso dai vostri antenati: una grazia riportata, un aiuto insperato, una profezia avverata, un atto straordinario di virtù, un'espressione significativa, un'opera di zelo che fanno del Di Netta, al dire del Di Coste, "una figura sempre viva in mezzo a voi, una figura tuttora parlante". E noi siamo qui a dirvi confidenzialmente quanto di lui abbiamo potuto sapere circa la sua origine, la sua famiglia, rappresentata anche da alcuni lontani parenti che ne portano il nome, le esperienze familiari e parrocchiali che egli ha potuto fare nell'ambiente in cui noi ci troviamo a vivere dopo due secoli.

Vi diciamo subito che anche la nostra zona, come la vostra, era ed è povera di risorse materiali, ma tanto ricca di umanità, di semplicità, di cordialità e di fede: ci sono quindi le premesse per creare un gemellaggio fra Tropea e Vallata, in nome di colui che ha da trasmetterci un messaggio valido ancora oggi.

Quando il Padre Superiore mi ha comunicato telefonicamente che avrei dovuto sostituire il Vescovo di Cassano nel discorso commemorativo del Venerabile, ho avuto una certa perplessità ad accettare, ma avendomi P. Luigi [Gravagnuolo] assicurato che tra voi il Servo di Dio è sempre vivo, e che nutrite per lui tanta simpatia e devozione, ho pensato che anche le mie povere parole avrebbero trovato in voi benevole accoglienza.

Sono pertanto lieto di poter trasmettere a voi alcuni dati anagrafici ricavati dai nostri registri parrocchiali e, brevemente, quanto ho potuto intuire della personalità di questo glorioso figlio di Vallata, facendo un confronto tra le notizie biografiche pervenuteci ed il risultato di una mia analisi socio-religiosa del paese in quel periodo.

Notizie anagrafiche.

Platone Vito Angelo di Netta ( o de Netta ) di Domenico e di Maddalena Gallo, nato e battezzato a Vallata il 4/4/1762 (Reg. Batt. IX, pag.117); deceduto a V. all'età di 75 anni, il 4/10/1836 (Reg. Def. XI, 103).

Vincenza Rosa Maria Villano (o Villani) "ex Mag/cis" Didaco e Giuseppa Gallicchio, nata e battezzata a Vallata il 20/7/1766 (Reg. Batt. IX, 164 verso); deceduta a V. all'età di 70 anni, il 23/6/1835 (Reg. Def. XI, 75).

Ambedue provenivano da famiglie numerose, e la Villano apparteneva ad una famiglia nobile. Essi sposarono il 4/4/1785 (Reg. Matr. IV, 124).

Ebbero nove figli:

1) VITO MICHELE, nato e battezzato il 26/2/1787 (Reg. Batt. X, 100);

2) Gaetano nato e battezzato il 5/9/1788 ib.119), deceduto il 12/9/1792 (Reg. Def. VII, 31);

3) Pietro Pasquale nato e battezzato il 5/3/1791 (Reg. Batt. XI, 19);

4) Maria Gaetana nata e battezzata il 12/10/1793 (Ib. 82);

5) Francesco Antonio nato e battezzato il 20/11/1796 (Ib. 151), dec. il 30/1/1799 (Reg. Def.VII,1 47);

6) Francesco Antonio nato e battezzato il 7/11/1799 (Ib. 236);

7) Luigi Maria nata e battezzata il 14/2/1803 (Reg. Batt. XI1, 31);

8) Giuseppa Maria nata e battezzata il 16/2/1806 (Ib. 87), deceduta il 30/3/1806 (Reg. Def. VIII, 65);

9) Gordiano "...vix ortus obiit" il 9/5/1812 (Reg. Def. IX, 54).


Il nostro Vito Michele proveniva quindi da una famiglia numerosa, semplice, dove non mancavano disagi e preoccupazioni di salute malferma, e soprattutto dolore profondo per la morte, che spesso veniva a sottrarre al loro affetto delle care creature. Questa precoce esperienza del dolore (aveva appena cinque anni e mezzo, quando perdette il primo fratellino di quattro anni), illuminata certamente dalla fede profonda dei suoi genitori, avrà senz'altro influito sulla sua indole alquanto introversa e timida, di cui parlano i biografi, contribuendo ad accentuare la sua riservatezza di carattere, nonché la sua naturale esigenza di colloquio intimo con il Signore, per cui gli amici d'infanzia lo chiamavano scherzosamente il santarello.

Da una relazione "ad limina" del 1595, da parte dell'Ordinario diocesano, apprendiamo un notizia che ci può interessare, in quanto puntualizza l'attività religiosa e sociale, svolta dalla comunità parrocchiale sin da quella data. Il testo dice precisamente: "Vi sono ancora in paese (a Vallata) due sodalizi laicali, uno in onore dello Spirito Santo e l'altro in onore del SS.mo Sacramento, con massima devozione e adesione sia di uomini che di donne, per cui si verifica che le entrate delle stesse siano di una certa consistenza, redatte annualmente in resoconti da esaminare. Si è presa visione. A detti sodalizi è annesso un ospedale abbastanza comodo, nel quale si provvede con grande carità alle necessità sia dei pellegrini che dei più poveri, bisognosi di ogni cosa". Tale attività è confermata anche nelle relazioni successive, in cui anzi è evidenziato il moltiplicarsi di questi sodalizi laicali, sotto la solerte guida del Clero ricettizio.

Ora sapendo che detto ospedale era proprio attiguo alla casa Di Netta, come ricorda la via che ne conserva tuttora il nome "Via Ospedale", possiamo immaginare come i bravi genitori si siano anche preoccupati di iniziare il ragazzo all'esperienza di solidarietà con l'altrui sofferenza. Nei due anni poi di permanenza obbligata a Vallata, dopo il noviziato, egli certamente avrà dedicato gran parte del suo tempo a questi ammalati, passando nelle corsie di questo ospedale come l'angelo consolatore.

Sappiamo inoltre che mamma Rosa, particolarmente sensibile ai problemi delle ragazze, cui l'ambiente non offriva molte possibilità di lavoro, pur con tutte le sue preoccupazioni familiari, accoglieva in casa molte di queste ragazze e le avviava ad un mestiere o a lavori di ricamo, iniziandole non solo alle responsabilità della vita, ma anche all'esperienza di una fede profondamente vissuta, nel contesto socio-religioso in cui crescevano.

Tutte queste esperienze, vissute dal nostro Venerabile nell'ambiente naturale della famiglia e della parrocchia, avranno certamente contribuito ad affinare il suo spirito, a capire maggiormente i bisogni altrui, per cui la sensibilità del suo ardente cuore sacerdotale, alimentata continuamente dal suo spirito di sacrificio e fecondata dall'azione della grazia, lo porterà ad organizzare dovunque, nel suo campo di apostolato, associazioni laicali, pie unioni di giovinette, onde assicurare una continuità di lievitazione dell'ambiente dall'interno.

Per l'apprendimento delle prime nozioni fu dai genitori affidato alle cure di un intraprendente Sacerdote, D.Onorio Colella, che aveva aperto a Vallata una scuola, che era poi l'unica; ma colui che incise profondamente nella sua formazione culturale e spirituale fu lo zio materno, D. Felice Villani, un ecclesiastico che univa alla dottrina un grande zelo e fervida attività pastorale. A questo zelante Sacerdote dobbiamo a Vallata la realizzazione del pregiato altare maggiore, tuttora esistente, anche se riattato alle nuove esigenze liturgiche, con preziosi arredi sacri e paramenti; egli fu un valido collaboratore del vecchio Arciprete D. Giuseppe Maria Pali, che si vede firmato nell'atto di Battesimo del Venerabile.

Proprio nel periodo della fanciullezza del nostro Di Netta, sotto la guida dell'allora Tesoriere D. Felice Villani, ci fu in Parrocchia una commovente gara di generosità per il decoro della Casa di Dio, per cui il nostro avrà portato nella vita il grato ricordo di questo entusiasmo popolare, che avrà poi cercato di trasfondere pure nel cuore delle popolazioni calabresi, e soprattutto qui a Tropea, dove ancora si conservano testimonianze di tale impegno.

Questo zio materno, intuendo nel ragazzo una predisposizione alla vita ecclesiastica, prese ad istruirlo anche nei primi elementi del latino e della grammatica, per poi avviarlo, a sue spese, al Seminario di S. Angelo dei Lombardi. Ma egli aspirava ad una vita più perfetta, per cui sentì maturare in sé la vocazione religiosa, mettendone al corrente lo zio, il quale pensò di orientarlo verso i Missionari Liguorini, già noti nella zona per le continue missioni popolari, volute da S. Alfonso.

Il Signore fece il resto, servendosi dell'intervento di P. Tannoia che, capitato a Vallata in quel frattempo, e notando nel chierico Di Netta tanta devozione, come ispirato gli disse: "Il Signore ti chiama nella nostra congregazione, per divenire uno zelante missionario nella sua mistica vigna".

Fu una vera profezia, che eliminò ogni dubbio circa la scelta della Congregazione, e lo zio provvide ad espletare le pratiche per l'ammissione al convento di Deliceto dove, pur essendo stato ammesso, il giovane non potette entrare per difficoltà sopraggiunte, che lo fecero tanto soffrire.

Potette finalmente cominciare il noviziato a S. Angelo a Cupolo, ed il 29 gennaio 1806 emise la sua professione religiosa, che doveva essere ben presto condita da un'altra dura prova. Aveva appena ripreso gli studi, dopo la sua professione, quando nel giugno 1806 Napoleone I, avendo strappato al Papa lo Stato di Benevento, soppresse conventi e monasteri, disperdendone i beni e scacciandone i religiosi. Il giovane dovette riprendere la via di Vallata, disorientato ed incerto su quanto il futuro gli potesse riservare.

Fidando nel Signore, cercò di reinserirsi nella vita familiare e parrocchiale, conservandosi fedele alle pratiche della comunità. Ebbe certamente il sostegno del clero e della famiglia, ma non mancarono insinuazioni da parte di qualcuno ad orientare diversamente la vita. Egli non vacillò mai, ed a chi gli sussurrava di lasciare l'abito religioso, protestava energicamente "che lo avrebbe smesso soltanto con la morte".

C'era poi al suo fianco colui nel quale egli aveva riposto tanta fiducia, il sempre attivo zio D. Felice, che oltre a guidarlo spiritualmente, lo avrà certamente iniziato alle prime esperienze pastorali, rivelatesi poi tanto utili per il suo futuro apostolato. Ma alla base di tutto, c'era anche una comunità parrocchiale che, come abbiamo detto, non viveva la fede solo su un piano cultuale, ma verificava continuamente questa fede in attività sociali e caritative.

Lo zio, culturalmente preparato, si preoccupò di non fargli interrompere gli studi, insegnando personalmente al nipote quanto necessario. Possiamo quindi dedurre che la formazione spirituale e culturale del nostro Di Netta non subì interruzione, in questo periodo di prova, ma ne uscì collaudata, come potettero verificare i Superiori nel suo ritorno a Pagani, dove il giovane si portò al principio del 1808, quando lo zio divenne Arciprete di Vallata.

Da Pagani passò a Ciorani, per qualche mese di noviziato ancora, e poi a Deliceto, dove emise la sua professione definitiva e solenne il 25 aprile 1808. Seguono anni d'intensa preparazione teologica e spirituale, sempre più a contatto con la Bibbia e l'Imitazione di Cristo, i suoi libri preferiti. Il tempo libero dagli studi lo passa davanti al Crocifisso in camera o al SS. Sacramento in cappella, formulando dei propositi, come ricordano i suoi Diari, veramente pregni di radicalità evangelica.

Il 30 marzo 1811 ricevette l'Ordinazione Sacerdotale dal Vescovo di Lacedonia e, dopo appena qualche giorno trascorso in famiglia, fu destinato alla casa di Catanzaro, e di qui ben presto a Tropea, in questa vostra magnifica cittadina, che unisce all'incanto della sua posizione naturale, anche il fascino di una fede ancora sentita.

L'apostolato del Venerabile, alimentato dal suo profondo spirito interiore, fecondato dal suo grande spirito di mortificazione, esaltato dal suo spirito missionario e profetico, ha fatto di lui un Precursore dei tempi moderni, in quanto ha saputo trasfondere in tutti, viva e profonda, l'esigenza impellente di animare dall'interno la società, nella prospettiva evangelica del "lievito nella massa".

Forse oggi più che mai abbiamo da ricuperare questa prospettiva di forza lievitante dall'interno un mondo paganeggiante. In lui, vita interiore e vita apostolica s'integravano in una sintesi meravigliosa, per cui non c'era in lui separazione o conflittualità fra dimensione verticale e orizzontale, in quanto le due dimensioni si univano in lui a formare la croce, su cui seppe immolare la sua vita con Cristo.

Con grande spirito di abnegazione seppe donarsi fino ad esaurirsi, vincendo tutti nel lavoro e, all'occorrenza, supplendo tutti. Fortificazione, astinenze, digiuni, uso di erbe amare nei cibi davano il sapore alle sue molteplici attività, che non gli lasciavano un minuto di tregua, tanto che una sola volta tornò a Vallata; forse non intervenne nemmeno ai funerali dei suoi amatissimi genitori.

Nell'ultimo periodo della sua vita, quando la malattia lo inchiodò nel suo letto di sofferenze, egli fece di quel letto un altare su cui consumò il sacrificio della sua vita, completamente spesa per la gloria di Dio, un Dio cercato e servito negli altri, e particolarmente nei più bisognosi. Perciò con la calma di sempre potette affrontare la morte, rispondendo all'ultima chiamata del Maestro con la sua abituale prontezza: "Eccomi qui, Gesù, Eccomi!" E' proprio vero che come si vive, così si muore!

Siamo pertanto grati ai Rev.mi Confratelli di averci data l'occasione di ricordare la bella e simpatica figura del Ven.Vito Michele Di Netta che, come ebbe a dire Pio XI nel 1935 "annunzia un'anima gigante". Ringraziamo voi tutti della cortese attenzione prestataci e della cordialità con cui avete accolto la rappresentanza vallatese, con la speranza di poter ricambiare quando verrete a Vallata, per conoscere da vicino l'ambiente in cui questo profumato fiore vallatese è germogliato, per esere poi trapiantato in mezzo a voi. Soprattutto ci auguriamo reciprocamente d'incontrarci quanto prima a Roma, per la proclamazione della santità del nostro amatissimo Venerabile.

Forse oggi è il momento riservato dalla Divina Provvidenza, per la glorificazione del suo Servo Fedele, perché possa continuare a trasmettere ancora a noi il messaggio quanto mai attuale, di una vita spesa per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime, nel segno infallibile della "Croce": la croce ricordata dalle sue braccia incrociate al petto, come gli aveva insegnato la mamma Rosa, ma soprattutto la croce piantata al centro della sua vita, del suo cuore ardente di amore, per sentirsi crocifisso con Cristo, alla ricerca dei "crocifissi" di sempre.

L'esperienza della croce, fatta dal Venerabile sin dagli anni della fanciullezza, come abbiamo ricordato, penso che abbia avuto motivo d'ispirazione anche nella tradizionale Processione di "Venerdì Santo", in uso in paese da tempo immemorabile. Sulla sua fantasia adolescenziale avrà certamente esercitato un fascino particolare lo svolgimento annuale di questa rievocazione della Passione di Cristo, voluta dai nostri avi, per unire il "calvario" della loro tribolata storia (miseria, fame, guerre, pestilenze, terremoti, ecc.) al Sacrificio di Cristo, per trovare nel Divin Martire del Golgota, forza e motivo di Speranza, di Risurrezione e di Vita.

Con questo spirito pertanto, cerchiamo di accogliere il messaggio che ci viene dal nostro venerato P. Vito Michele Di Netta, il quale, nel suo amore di predilezione per Tropea e Vallata, ci sollecita a seguire il suo esempio, per partecipare alla diffusione del Regno di Dio sulla terra, anche col sacrificio della nostra vita, da unire quotidianamente al Sacrificio di Cristo, sapendo assaporare, come diceva lui, senza trangugiarle forzatamente, le "pillole" delle nostre piccole o grandi mortificazioni, con l'ottimismo del lievito, destinato a fermentare tutta la massa.

Il Venerabile ci aiuti ad essere suoi degni figli!

Vallata, 14 ottobre 1980

L'Arciprete Sac. Gerardo DE PAOLA

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