... tempi che cambiano a cura del Dott. Erminio D’Addesa - www.Vallata.org

... tempi che cambiano
a cura del Dott. Erminio D’Addesa

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    L’Epifania ha portato via le feste e sembrava volerci fare dono di un po’ di neve ma così non è stato. Durante la prima mattinata e nella serata dell’Epifania pareva volesse nevicare con inizi di bufere di neve esauritesi però in pochi minuti.
    Allora ti viene da pensare che il tempo, il clima, le stagioni sono cambiati in maniera ormai conclamata e forse anzi sicuramente anche noi esseri umani siamo cambiati, ci hanno cambiati, qualcuno o qualcosa ci ha cambiati.
    Forse avendo superato gli undici lustri di esistenza mi viene spesso da pensare al passato, all’ infanzia vissuta in un paese di alta collina, quasi montagna ( 872 m. slm ) e dove una volta le nevicate erano intense e duravano per un po’ di tempo. Si rimaneva isolati, non circolavano le auto, i mezzi antineve erano di là da venire. La corrente elettrica andava e veniva e tante erano le ore durante le giornate di neve che si rimaneva senza luce ed a volte si trascorrevano intere serate al lume di candela e tutto diventava suggestivo e magico; a volte pensi che la neve sembrava tanta e molto alta perché eri piccolo ed invece non è così: prima nevicava per davvero ed ora invece non nevica più.
    Una volta specialmente nelle nostre realtà la vita era dura e piena di sacrifici però era una vita vissuta; nonostante la neve si andava a scuola pur non avendo edifici scolastici idonei infatti ancora intorno al ‘60 nel mio paese lo si stava costruendo; mi ricordo la seconda elementare frequentata in una “baracca”, costruita dall’Esercito dopo il sisma che aveva colpito l’Irpinia nel ’62 e situata a San Vito, una delle zone più fredde e ventilate del paese. Un prefabbricato, che chiamavamo baracca, in struttura di legno dove per riscaldarsi si usava un braciere di carboni ardenti che qualche vicino forniva o che si andava a prendere presso l’abitazione del maestro ed a turno noi scolari ci avvicinavamo a riscaldarci.
    Altri tempi ed altre esperienze che non puoi raccontare ai tuoi figli, tanto nemmeno ti ascoltano né ti capiscono; la mattina si andava comunque a scuola dopo aver fatto colazione con il latte che il lattaio quotidianamente riforniva; vedevi arrivare il lattaio con il contenitore in mano, coperto di neve e con le galoches ai piedi per superare l’altezza della neve e tu ti meravigliavi che andasse in giro con quel freddo. Invece con gli anni capisci che il lattaio, come ciclo naturale e quindi ogni mattina, aveva munto le mucche che teneva nella stalla e perciò, con grandi sacrifici, portava nelle case della gente il latte che veniva pagato con poche lire.
    Si faceva colazione con una bella zuppa di latte e pane, meglio se un po’ raffermo, con l’aggiunta di un po’ di caffè d’ orzo; qualche volta la modernità, che poi tale non era (lo si capisce dopo), era miscelare un po’ di polvere di cacao al posto dell’orzo.
    Nel tempo anche il latte delle nostre stalle ha perso il sapore di una volta perché la filiera di produzione è cambiata soprattutto per l’uso dei concimi nei terreni ma sono cambiati anche i contadini che ormai sono diventati degli imprenditori agro-energetici anzi più energetici che agricoli vista l’invasione dell’eolico, dei pannelli solari, delle biomasse. Oggi si fa colazione con il latte conservato nelle buste di tetrapak, con cereali, e assortimento di biscotti ma tutto sembra avere il sapore della plastica ed anche noi siamo diventati persone di plastica e poi comodamente in macchina si accompagnano i figli a scuola con i libri tenuti in zaini griffati mentre ai miei tempi raggiungevi la sede scolastica a piedi e da solo con la cartella di cartone in mano, quegli scolari fortunati che di cartella ne avevano una perché altri ragazzi i libri li legavano con un elastico.
    Le invernate erano inclementi e mi ricordo ancora le maglie di lana di pecora che i nostri genitori ci facevano indossare, come intimo si direbbe ora, ed il fastidio che provocavano sulla pelle, fastidio che si ripeteva ad ogni cambio di biancheria, una vera tortura ma coperti così si riusciva a stare al caldo. Le case allora erano riscaldate con il fuoco del camino che comunque non garantiva assolutamente il caldo al resto della casa e pertanto nei letti la sera si metteva lo scaldaletto con il supporto di legno per togliere l’umidità alle lenzuola ed alle coperte e quindi stare caldi per tutta la notte.
    Prima di andare a letto si metteva il pigiama pesante di flanella, le calze da notte e molte volte anche un cappuccio di lana in testa. Una volta coricati si stava attenti a mettere il naso o la fronte fuori dalle coperte perché si ghiacciavano per il freddo che permeava le camere da letto.
    Praticamente per andare a letto c’era quasi il rito di una sorte di vestizione e durante la notte si cercava di non alzarsi per andare in bagno per evitare appunto di raffreddarsi mentre ora i riscaldamenti possono funzionare h 24 indipendentemente dai costi.
    Queste cose le nuove generazioni, figlie delle tecnologie e di Internet, sono in grado di capirle giacchè non hanno vissuto esperienze diverse da mettere a confronto?
    Erano altri tempi, il clima e le stagioni erano diversi ed anche le persone erano diverse in tutti i sensi, ora è tutto cambiato. Sicuramente non tutto in bene e non tutto in male.

Vallata, lì 10 gennaio 2012

Dott. Erminio D’Addesa

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