Un beòne da VALLATA - Italo

Un beòne da VALLATA

“Pantalon, saggio e perspicace quando stava ubriaco, non trovava mai pace”

    All’uscir dalla bettola: “la “ Rossa,, -di Piazza di sopra,” teme sempre che qualcun lo scopra. Con curioso atteggiamento, nella penombra non sembra tanto titubante, poiché sempre più barcollante.
In un triste cammino di vicoli oscuri si trascina a stento muro - muro.
    E saper d’inconscio temuto agguato si porta sin verso la “Chiesa Madre,, che sempre lì inamovibile fa capo alle vicine strade. Ed ei in un convinto monologo di pentimento, vuol liberarsi da ogni tormento. Con fare ansimante, si propone di punire la coscienza come atto di penitenza, allo spigolo della porta grande.
    Costretto a fare un patto, non vede altra sorte se non picchiare sodo la confusa testa come un matto, recitando: “O Cristo Tu Beato, fa che non sia vittima di brutto agguato. Ti prometto che appena tutto ciò mi è passato, devoto ritorno ad esser perdonato.” E dopo che al muro più volte aver picchiato, sanguinante fa ritorno a casa suo malgrado, ove rabbiosa, agguerrita e esasperata trova la consorte armata di randello che, con furia e senza moderazione gliele suona di santa ragione.
    All’indomani con i punti in testa da “graduato” e il volto da maschera veneziana cerca di fare il punto a una notte così disgraziata. E tra i fumi di vapori non ancora smaltiti, dimentica i patti con la sua coscienza, e saper d’inganno quella penitenza, torna deciso a quei vicoli oscuri, ove, curioso si chiede: perché mai tanta sciagura? Non potendo altra ragionevole risposta si rivolge al “Signore,, con ulteriore proposta: “se vero e’ che il vino mi turba la coscienza, dammi la forza o Signore di ribellarmi, e fa sì che io possa capir più le randellate della mia consorte,che non rompere gli spigoli delle Tue porte.. non foss’altro che a rifletter sobrio di tante dolorose fratture, e’ meglio capire per sì già dichiarate conseguenze che non esser inconscio a prometter penitenze.
    Or convinto: e ‘ meglio lucidi fare il matto, che non subire patti con la coscienza in un aberrante ricatto ..tanto più che sobri non si e’ poi tanto coraggiosi nel voler punir stati d’animo a dir poco bisognosi.

“ La suff’’renz’ vol’ess’ akkusse’ sul’ quonn’
T’’ fac’ mett’ r’ sekk’ye…. S’- ru’-kkapesc’.
La paur’ fott’ semp’ la ragion, spec’ye –
quonn’ nun’ soi virs’ – turnonn’ a kkas’ ”

«La sofferenza vuol’essere cosi
solo quando ti fà mettere giudizio… se lo capisci.
La paura frega sempre la ragione,
specie quando non hai il coraggio di tornare a casa»

Italo Antonio Di Donato

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