Relata refero. - Italo

Racconti di Vallata : “Relata refero”
Diatriba tra due personaggi originali nel contesto di una realtà Vallatese :

“Il fu Tobia Cav. Federico Gallo - in arte: Rilegatore e l’Anarchico Francescantonio Bove – Alchimista”

      In un freddo mattino d’inverno, il Sole ancora pigro, sorgeva a Est inerpicandosi fra i dossi dei Monti Dauni. Non aveva ancora temperato i rigori del clima e già illuminava il piccolo Borgo di Piazza di sotto, sita in una racchiusa area ai piedi della Chiesa –Madre. Adiacente e sotto l’arco, in due piccole nicchie si venerava la Madonna delle Grazie,e tra i rimbombi di trepestii lungo la selciata scalinata si sortiva alla stessa chiesa. Nei trambusti e continui martellamenti di una vicina modesta bottega, si cimentava con accanita voglia in piccole riparazioni di orologi, bilance e strumenti di precisione, il Maestro Don Francescoantonio Bove “alchimista”; un buco soffocato dal buio e da maleodoranti attrezzi di equivoco significato, di materiale chimico contenuti in un insieme di vasi e barattoli con scarti di residui reperti similari di dubbia sostanza sistemati su dei scaffali antichi e fatiscenti in patetico arredo. Consumava gran parte della giornata nei tanti inutili tentativi di ricerca. Su di essa, la porta di ingresso, in un’unica struttura con evidenza si affacciava la lieve sporgenza il balcone del fu Tobia Cav. Federico Gallo, in arte rilegatore,il quale, con più sobrio e laborioso artigianato,si cimentava a riparare vecchi libri; ricomponeva documenti di una certa importanza e stralci di vecchi testamenti che nelle precarie condizioni a conclusione dell’opera dava maggior speranza ai tanti accaniti eredi per le legittime successioni, con inizio suo malgrado – a tutta una serie di interminabili vicissitudini legali.
      Qui nasce in fatidiche circostanze quel malaugurato giorno, come in un teatro, l’accesa diatriba tra il Cavaliere e l’alchimista.
      La “questio” verteva più sull’incompatibilità politica che non sulle effettive difficoltà di vicinato. Cosi a ogni banale motivo, violenta si scatenava la acerrima vecchia ruggine in una sempre più agguerrita contesa.
      Quel mattino per sua malaugurata esigenza fisica con ulteriori problemi di prostata, benché molto presto il Cavaliere, sofferente di un infiammata uretra e incalzato dall’urgenza, si accinse ad aprire le ante del balcone e con sospiri di sollievo tra sonore flatulenze calmò la fastidiosa irritazione, nell’imprudenza, suo malgrado, annaffiò il sottostante cortile sull’immediato ingresso della piccola bottega dell’orefice-alchimista.
      Per una malcapitata circostanza si accingeva a uscire l’artigiano Francescantonio, e avendo notato la scorrettezza dell’inquilino sovrastante, si arroventò con tanta rabbia da non trovare moderazione nei suoi sfoghi. Scatenatosi in gesti di isterica recita dette inizio a una interminabile “casciara” fatta nelle più assurde malversazioni; imprecando con minacciose gestuali recite alla volta del sovrastante balcone, scagliandosi con improperi e parolacce colorite dalle più assurde invettive, dando inizio a una interminabile diatriba :
     
      _ Maledetto figlio di cattiva sorte. Naturale sciagura genetica nel più assurdo malcreato. Forsennato imbecille . Adiposa purulenta vescicosa infezione. Mascalzone incallito. Putrida olezzante bestia che non sai trattenere con più ragionevole rispetto l’insulsa istintiva incontinenza. Troglodita.
      Cavernicolo scellerato che non intuisci il ben che minimo senso civico di educato comportamento. Per tutti li “kit’ammurt –senza scarp.” ….Che tu possa finire in una voragine di oscuri stramaledetti cammini. Tu e le tue maledette idee di ebraico speculatore. Usuraio “ ra m’zzitt’ r’ gran’. Farneticant’ venditor’ r’ wascinedd’”. Spuk’lator’ r’ tut’l’ sekk.
      Zozza animaccia comunista convertito nelle più fetide contorte pazzie Fasciste.
      Patetico idealista. Ignorante “cu la cap’ n’da la cascett’”. Slavina delle più aberranti sciagure. Infecondo idealista fallito. Ecc… ecc… ecc… e cosi via per lunghi interminabili insulti, sembrava che il Francescantonio non la finisse più.
      Il povero Cavaliere, “F’t’ r’ kell’ ” detto lu stoumb (“scang’nnom” coniato dai vallatesi) già affetto in giovane età da una lieve forma poliomielitica, nel contenere la rabbia di soffocata istintiva reazione stringendo con forza al petto la mano anomala si preparava ad una degna recita in risposta con altrettanto logorroica polemica.
      I momenti di silenzio che seguirono tale baccano sembravano quasi motivi di capita tregua, affinché, ognuno potesse trovare l’utile pausa come opportuna riflessione e avere modo di schiarire le idee.
      Intanto un piccolo assembramento, composto per lo più da avventori di passaggio, incuriositi, sembravano racchiusi in una platea di teatro; divertiti dalla sempre più tragicomica vicenda, si godevano il nuovo capitolo conoscitivo per le tante dissennate malelingue. Sul parapetto sovrastante lo stesso arco, appoggiato alla ringhiera con aria incuriosita, s’affacciava “Cumba ron’ Pepp’ Tanga”, già professore e promotore delle varie scuole liceali per le successive vicissitudini universitarie, nonché autentico declamatore di salaci aforismi e perspicaci utili metafore . Essendo laconico e lapidario, attirato dalle frenetiche dissennate urla, volle aspettare la conclusione; onde coniare l’ennesima espressione certamente utile e istruttiva alla sua maniera.
      Il sinistro scricchiolare del sovrastante balcone, quasi come tetra premessa, preannunciava l’apparire del fu Tobia Cav. Federico Gallo, che con aria severa di collaudato oratore e con ampie gesta del braccio destro, sembrava declamare le recite di una tragedia Greca. Assorto nei difficili pensieri, con lievi palpebre socchiuse, diede inizio in toni roboanti la più accanita replica di combattiva ragione: sottolineando l’utile premessa : “Absit iniura verbo”:
      Il suo dire: -Voglio cominciare con un utile pensiero di un grande filosofo tedesco : Karl-Jasper -che in fondo alla sua coscienza di autentico critico non ottemperava raffronti alla sua intelligenza: “se vivere è un inutile errare, meglio cercare la tua verità e in ciò saper morire!!!”. Benché per tua patetica insistenza, l’oltraggio al Creato, vuol’essere un’incosciente ostinata mancata ragione. Non trovo il fine alla tanta rassegnata parte che ti ostini a vivere. Le tue assurde mistificazioni da “Conte Cagliostro” per infamia e insolenza, osi farmi affronto in un’infinità d’improperi attinti in una mediocre cultura dai più ottusi insistenti recidivi aborti celebrali, e non ostante i continui pellegrinaggi di tua madre a voler grazia presso ogni tempio religioso, scarsa è sempre stata la benevolenza Divina ad alleviare le sue pene.
      Le tue brame da incallito Leader di imbecilli a seguito di pazzoidi visionari, ti hanno reso unico e indiscutibile parassita alla mercé di idealisti senza onore e senza Patria, ancor che: né arte né parte.
      Fui già Cavaliere insigne, poiché esegeta di tante preziose opere, e per mia naturale capacita ebbi a racchiudere i tanti pregiati Tomi in virtù di intelligente custode di tutto lo scibile nella preziosa cultura di tutte le Scienze; onde poter render lumi e non lanterne a tutti gli sciagurati animi di patetici mestieranti analfabeti della tua risma, che privi di meriti cognitivi ai sacri impegni vivono in mortificanti deliri.
      Io, già assertore dei più nobili ideali Politici, non fui mai sottomesso a ignobili anarchici ricatti, e nella lucida intelligenza non ebbi mai a illudermi di facili fatui splendori con vani patetici sforzi.
      E data l’occasione voglio insistere – per tua utile informazione:- .d’emblemi su antichi portali nei primordi di si casati, i nobili lignaggi in effige, recitavano di Gallo la mia origine, e saper di monta ogni successo, ergo d’enfasi il mio vanto;
      e non già da incestuoso ludibrio di castrato toro lodo te “o Pio Bove”, dalle ramificate protuberanze di suggestive recite su acclamati archi di insulsi percorsi -“lupanari”- che nei lamentosi soffocati vagiti si perde d’origine la tua natura.
            Non certo d’Orde calaron d’oltralpe i miei lignaggi e saper di “Pugnae” in declamati racconti dell’Augustus Julius Caesar con il magnifico “de Bello Gallico” mi annovero nelle più epiche glorie della mia stirpe.
      E per tua insulsa insolenza ti sottolineo che: “Solet a despectis par referri gratia”
      E che dire della tua arte, lurido mestierante, egocentrico paranoico senza mai riferimento artistico, soffocato nei più oscuri olezzosi tuguri sempre in preda a funzioni di esoteriche fantasiose confetture senza mai concretizzare la benché minima conclusione.
      Ho dovuto sobbarcarmi li tuo vicinato nelle più assurde tolleranze. Per lunghi periodi ho sopportato i fetori delle tue insulse pretese di alchimista egocentrico e sconclusionato. Hai stuprato le più semplici regole della natura col vano tentativo di soverchiare e proporti a innovate assurde farneticanti imposture . e se ciò ancora non ti basta, costretto darò piglio alla violenza nel più archetipo messaggio di utile sonora lezione, affinché una volta per tutte ti convinci che non vi può essere mai alcun raffronto tra la mia ragione filosofica e la tua dannata eclettica pazzia . Ti auguro solo che possa convincerti che quando i tuoi incerti cammini avranno fine, ci saranno solo pietose preci affinché la tua anima non debba a perdersi.
      Intanto le prime ombre di precoce serata suggerivano la patetica conclusione di una ennesima insulsa diatriba di un difficile vicinato.
      E cumba “Ron’ beppe”, sempre attento ad ogni isterica elucubrazione, convinto e rassegnato, volle congedarsi con laconica, lapidaria salace battuta, bofonchiando……
      Mmah!! Che tempi…
      “Rustca progeniae semper villana fuit”

Vallata : anni -1940------1960

Lontana infansia…..


Italo Antonio Di Donato

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