Vallata, l’ultima dimora, dal piccolo viale dei cipressi. - Italo

Vallata, l’ultima dimora,
dal piccolo viale dei cipressi.


        Oltre la collina, per il lieve pendio che mena al recintato piano del Sacro Campo, nel silenzio carezzato dalla quiete negli intramontabili crepuscoli, recitano le loro presenze nel piccolo viale di duplice filare gli alti superbi cipressi. Svettano le appuntite cime, che come sacre guglie additano sollecitati dal vento verso un cielo terso e mirabilmente azzurro. Tra sibillini cinguettii nei ripetuti andirivieni di stormi misti di uccelli si ode il clamore di suggestive sensazioni. In fondo all’ultimo breve cammino, sul grigio cancello, tra due tibie incrociate un teschio lugubre e severo troneggia testimoniando l’epica scritta : “ Tu sei quel che io ero … tu sarai quel che io sono””.

        Nell’immediato ingresso all’ angolo tristemente desolato, in abbandono, nel sepolcrale silenzio, una rosa misteriosa, stanca sul suo stelo, in patetico omaggio testimonia l’avvenuta tragica lontana pandemia, ove una giovane fanciulla accanto al promesso sposo, nello strazio, concluse il suo destino immolandosi nella comune fossa dei sepolti vivi.

        Qui la commovente storia del mio cipresso :

        Era il lontano 1954. In un giorno di fredda primavera tra i rigidi mattini di già abbondanti nevicate, l’entusiasmo ci rallegrava in pronunciati tepori primaverili e in occasione della festa degli alberi, quel giorno con tutta la scolaresca della terza elementare, dal “Fascio” con enfasi e canti patriottici, agli ordini dell’insegnante Gerardo Mazza, per una strada stretta polverosa e angosciante tra tante pietre, ci recammo nei pressi del cimitero. Dopo una erudita utile lezione di botanica, ci vennero consegnate delle piantine di cipressi-mediterranei, che per loro specifica natura vivono per più di mille anni, soprattutto alle nostre altitudini. La utile lezione venne sancita dalla capace esperienza di Borrell- ( Michele Quaglia) già dipendente del locale vivaio “” la t’ndera “” in un saggio motto : - “ ama i cipressi, poiché nella loro utile secolare esistenza lontano ti porteranno col tuo gesto, a che d’esempio possa ai posteri il rispetto a tutto il Creato “”.
        Qui doveroso l’omaggiare tutti i defunti con clamore del mio caro superbo cipresso:

        Spegni le ultime ansie, finalmente è notte. L’alterno canto del cuculo all’isterica civetta vuole contesa nell’oscura piana, fin quando nel rauco canto d’albe l’incalzo a nuovi eterei bagliori possano splendori a ben più estese albe in un intramontabile fulgore.

        Dal pargolo vagito il patetico lamento di materni insonnie menano giù per l’ombre calde nei flebili sospiri di venti attoniti in ludico arpeggio. Coll’intonar di canti nell’allietar gli animi in pena, recitano d’ultime preci sin dove l’eco d’amor si spegne.

        Ombre scure nell’iperbolico silenzio dei suoi abissi, l’emerger dalla valle l’incanto. Una lucciola smarrita nell’alterno pulsar vede nei fatui richiami coi purpurei petali roridi riflessi. stordita si trascina col perdersi nel buio, nel silenzio. Dunque notte, non più serena se a tal scempio è tripudio. E tu natura al magico risveglio puoi sorti migliori a chi dell’incanto l’ansia dell’opera nello splendor dei cieli il pullular degli animi col gioir felici.
        Nei sereni silenzi in tanta quiete vuoi amica la notte.
        Col precipuo voler di ben’altre sorti vieni qui nel lungo sonno a cercar conforti.
        Lascia che i canti su quegli antichi cipressi si armonizzano a felici brusii che nell’orar pensieri vogliono cullar felici i propri defunti. Altri, tristi e infelici nell’angolo oscuro dei sepolti vivi in un lembo di terra, conclusero lo strazio dei loro patetici destini.
        Tu, caro pregiato cipresso, come anfitrione l’annunciar di feretri a nuovo destino, inoltra gli animi in composito rispetto per l’ultima dimora, a che d’attesa nell’ estenuato desiderio, possano riemerger dal buio, non più fatui lumi, ma splendori a più ambiti mondi del Divino Creato.
        Or che la magia di questo suggestivo incanto debba voler ragione a che per ogni desiderio di religiosa pretesa ognun pago possa la salvezza.
        Tu Vallatese, che per ogni dove ti sei prodigato, ritorna, e se nel credere a quel richiamo, convinciti a quest’ultima dimora, ove nell’ultimo cammino del viale, chino in religioso atto ti ossequia il mio cipresso, come d’auspicio possa a nuovo mondo il tuo ingresso.

        A felice ricordo: un grazie da tutti i miei compagni di scuola, dell’allora classe 3°elementare del lontano 1954;
        A te Maestro Gerardo Mazza, teneramente stimato e compianto

L’ultimo omaggio  

Italo Antonio Di Donato















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