UN ESEMPLARE RESTAURO CONSERVATIVO. Prof. Rocco De Paola

UN ESEMPLARE RESTAURO CONSERVATIVO
L’EX PALAZZO COLELLA
(ORA DE CICCO-CICCHETTI)
TRA ANTICHI CIMELIE MODERNA FUNZIONALITA’.


A cura del Prof. Rocco De Paola
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     L’antico palazzo Colella, edificato nel secolo XVIII, è stato di recente restaurato dai nuovi proprietari, con accorti interventi di salvaguardia dell’esistente, ma, comunque, rendendolo pienamente funzionale alle esigenze di una famiglia moderna. Ben pochi casi simili di recupero delle antiche abitazioni si contano nel nostro paese. Anche nel centro storico si è preferito, piuttosto, creare anonimi caseggiati, privi di qualsiasi pregio estetico, anziché procedere, forse con qualche onere in più, a ripristinare strutture che caratterizzavano, a volte in modo pittoresco, le viuzze dell’antico agglomerato urbano. Tanto più meritoria appare, allora, l’opera di recupero di quella dimora, posta in essere da cittadini particolarmente sensibili, che concorre ad arricchire il patrimonio edilizio dell’intera collettività. Il portale di origine è stato ripulito, eliminando le inevitabili incrostazioni prodotte dal tempo e dalle intemperie, e restituito all’antico splendore. Tuttora si può ammirarlo in tutta la sua imponenza all’ingresso del palazzo. Su due grossi piedistalli, ornati con un motivo floreale, abbastanza ricorrente su numerosi altri portali, si ergono due massicci piedritti sui quali insistono dei capitelli squadrati, leggermente aggettanti,decorati sulla parte frontale con volutein rilievo piatto, a forma di due C contrapposte, tagliate da una linea mediana. Forse si tratta del monogramma della famiglia. Al centro dell’arco spicca una chiave,resa più leggiadra da eleganti fregi bombati, che riporta la seguente scritta:
     “A. D. 1745 COLELLA” e, sulla cornice inferiore, “F.E”.
     Il maestoso portale è completato da un robusto portone a due imposte, una più piccola ed una molto più ampia, sulla quale risalta un batocchio di metallo che conferisce una certa patina di antichità a tutto il complesso.


     Nel cortile, cui si accede anche dall’esterno attraverso un portone laterale, contiguo all’ingresso principale, è fissata in un muro una lapide in pietra che menziona l’anno di costruzione della dimora e il nome del fondatore.

     Vi si legge in latino: “ DEO FAVENTE VI(N)CEMTI(sic) COLEL[LAE] SUM[P]TU CO(N)DITA EST HAEC DOMUS A. P. V. 1768”, così reso in Italiano “CON IL FAVORE DI DIO QUESTA CASA E’ STATA EDIFICATA A SPESE DI VINCENZO COLELLA”. L’anno riportato è il 1768 diverso da quello inciso sulla chiave del portale, ossia il 1745, con una differenza di ben 23 anni. Come spiegare questa contraddittoria dicotomia? Delle soluzioni ipotizzabili nessuna può dare una certezza assoluta, per mancanza di ulteriori documenti a supporto. Forse la spiegazione può essere offerta dalla sigla in calce alla lapide, A.P.V., tuttavia anch’essa di non semplice interpretazione. La data potrebbe essere riferita all’anno dell’apposizione dell’iscrizione commemorativa, e, quindi, l’acronimo potrebbe essere sciolto come “anno posuitVincentius” (Vincenzo pose nell’anno 1768) o, anche, “adposterosVincentius” (per i posteri…). Il testo dell’epigrafe indica con chiarezza che l’artefice della costruzione della dimora fu Vincenzo Colella e non si comprende come il portale possa essere stato costruito oltre due decenni prima. Si può solo ipotizzare che esso sia un recupero di una qualche abitazione preesistente, anche se non si spiega come questo possa essere avvenuto in un così brevelasso di tempo. Altra soluzione possibile è offerta dal verbo “condere” che, tra gli altri significati, ha quello di portare a termine. In tal caso sarebbero due i Colella che avrebbero potuto, con legittimità, rivendicare il merito di aver concorso ad erigere quella dimora. Un progenitore di Vincenzo, il cui nome forse potrebbe essere individuato nella sigla F.E. della cornice inferiore della chiave, avrebbe iniziato la costruzione del palazzo e, successivamente, Vincenzo lo avrebbe completato, forse restaurandolo ed ampliandolo.
     La famiglia Colella, una delle più eminenti del paese, ha avuto numerosi rappresentanti nel Clero locale. Il primo sacerdote di quella casata di cui si ha notizia è don Michele Colella, ordinato nel 1772(1). Don Onorio Colella, sacerdote dal 1781,si rese particolarmente benemerito per aver aperto la prima scuola pubblica per l’educazione dei figli del popolo(2). Ebbe il privilegio di essere suo alunno, perché gli fossero impartiti i primi rudimenti del sapere,anche Vito Michele Di Netta(3), divenuto celebre per la fama di santità che accompagnò la sua indefessa missione nelle Calabrie,edi cui meriti sarebbero stati, poi, ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa Cattolica mediante l’attribuzione del titolo di Venerabile(4).Don Carmine Colella, ordinato nel 1811, fu primicerio, economo e, successivamente, da Vice Curato, resse come reggente la Parrocchia dal 1830 al 1842, pur non conseguendo il titolo di Arciprete(5). Il medesimo “cursus honorum” toccò al nipote don Onorio Colella, ordinato sacerdote nel 1847,tesoriere dal 1860 e in seguito Vicario Curato per un ventennio, dal 1875al 1895(6). Tra altri beni, oltre a cospicui cespiti fondiari, quella famiglia possedeva una preziosa collezione di antiche monete di epoca imperiale, secondo l’autorevole testimonianza di don Arturo Saponara(7).
     Ora quel vetusto palazzo è risorto a nuova vita per merito dei novelli proprietari che ne hanno curato il restauro, cercando, per quanto possibile, di rispettarne le caratteristiche architettoniche e strutturali. Il risultato è encomiabile,com’è possibile costatare “de visu” sulla rampa che, per un tratto, segue in parallelo via XX Settembre, dall’alto della quale si erge imponente il nuovo caseggiato.
     Tra le altre preziosità, merita un cenno a parte l’ampio locale ipogeo, opportunamente recuperato e reso funzionale come luogo ideale per convivi amicali, con annesso cellario per la conservazione di vini o per la stagionatura di formaggi e salumi!
     Secondo quanto mi ha riferito l’esimio avvocato Tonino De Cicco, quella cavità sotterranea s’inoltrava ancora per centinaia di metri nel sottosuolo, fino raggiungere le viscere della collina su cui erge la Chiesa di Santa Maria. Il lungo tunnel sarebbe stato esplorato da alcuni ardimentosi in tutta la sua lunghezza, quando era possibile farlo, prima che intervenissero improvvidi interramenti che ne hanno ostruito larghi tratti, fino a renderlo ormai impraticabile. Ancora una volta, la deleteria opera dell’uomo ha deprivato la collettività di un bene che poteva essere valorizzato in funzione di un’interessante attrattiva turistica!
     Tuttavia, a tale deficienza può ottimamente supplire il restaurato palazzo ex Colella, ora De Cicco-Cicchetti.


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1) Gerardo De Paola, Vallata rassegna storica civile religiosa, ed. Valsele, ristampa, 1983, pag. 277.
2) Idem, ibidem, pag. 279.
3) P. Antonio Di Coste, L’Apostolo delle CalabrieVen. P. Vito Michele Di Netta, Tip. Pontificia, Valle di Pompei, 1914, pag. 16.
4) Idem, ibidem, pag. 255.
5) Gerardo De Paola, op. cit., pag. 280.
6) Idem, ibidem, pag. 282.
7) Sac don Arturo Saponara,Vestigia di Roma in Vallata e nel suo territorio, ed. Pergola, Avellino, 1957, ora in Vallata.org.

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