- Il ''Monte Frumentario'' A Vallata. - A cura del Prof Severino Ragazzo

IL “MONTE FRUMENTARIO” A VALLATA

A cura del Prof. Severino Ragazzo.
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          Una pietra (composta a sua volta di quattro pezzi) di lunghezza di circa quattro metri e di larghezza una ventina di cm., collocata nel giardino sotto la balconata del primo piano della facciata del palazzo del dottore Pietro Tullio Cataldo, antistante Piazza Tiglio con epigrafe, ci ha messo sulle tracce del Monte frumentario di Vallata.

          Questo istituto è uno dei tanti istituti creati nel basso medioevo che poi nel tempo insieme ai Monti di pietà, le Opere pie, le Congreghe di carità ed in ultimo l'E.C.A., va ad assolvere un'opera assistenziale verso la parte dei contadini poveri che trovandosi nella necessità di grano e per le sementi e per il proprio sostentamento trovano in esso conforto ed anche per combattere l'usura che in alcuni periodi arrivava perfino al 200/100.
          “Monte” nel medioevo viene inteso come ammasso di vario genere, oggi ancora il termine viene usato ad esempio come iniziale della banca più antica d'Italia, il Monte dei Paschi di Siena, “Monte frumentario” va riferito ad un accumulo di grano che nella pratica veniva gestito con la logica di prestare (potremmo dire “fittare”) una certa quantità di grano misurato con recipienti locali (il “mezzetto” e la “misura”) riempiti a “barro” e poi recuperato “a colmo” subito dopo la mietitura.
          L'utile, se tale possiamo definirlo, consisteva nella differenza tra il “barro” e il “colmo” che nella realtà poteva equivalere al quindici o venti per cento, circa, della quantità.
          I Monti frumentari risalgono al XV° secolo, ma è alla fine del XVII° e l'inizio del XVIII° secolo che trovano un notevole sviluppo, grazie anche all'opera instancabile di Vincenzo Maria Orsini (della famiglia degli Orsini di Gravina di Puglia e feudatari anche di Vallata) arcivescovo prima di Benevento e poi papa dal 1724 al 1730 col nome di Benedetto XIII°, sostituendo i Monti di pietà.
          Supponiamo che proprio in quel periodo sia sorto il Monte frumentario a Vallata(1).
          Inizialmente il Monte frumentario fu gestito esclusivamente dalla chiesa, poi da una autorità mista ed in ultimo da un'autorità statale sia prima che dopo l'unità d'Italia.
          A Vallata troviamo riferimenti negli atti amministrativi del comune(2):
          -delibera del 2/1/1862: nomina dell'amministrazione del Monte frumentario con una prima e una seconda terna di persone.
          -delibera del 30/1/1868 con titolo: nomina dell'amministratore del Monte frumentario 1868/69 signor Rosati Giuseppe Nicola.
          -delibera del 30/11/1968 con titolo: nomina amministratore del Monte frumentario Bufalo Francesco fu Isidoro da affiancarsi a Rosati.
          -delibera del 4/8/1870 con titolo: nomina amministratori del Monte frumentario Pavese Luigi e Rosati Giuseppe Nicola. Consistenza annata agraria 1869/70: 241 tomoli di grano.
          -delibera del 29/6/1871: nomina degli amministratori del Monte frumentario Furia Emiddio e Sauro Pietro.
         

          Pensiamo che il Monte frumentario nel nostro paese sia esistito fino alla seconda metà dell'ottocento, poi sostituito dalla Congrega di Carità se è vero che nel novecento è sempre quest'ultima a svolgere opera caritatevole verso i poveri.
         
          Nel 1937 sarà l'E.C.A. (Ente Comunale Assistenziale) a prendere i compiti della Congrega.
          E adesso torniamo al documento dell'oggetto della nostra ricerca.
          Riproduciamo l'epigrafe in caratteri di stampa così come trovasi nella pietra

          HORREA PAUPERIBUS NICOLAO AUCTORE CATALDO
                                                                                   A.D. MDCCCLVI
          QUOD PROMSIT CONDAT QUISQUE PERENNAT OPUS

          L'amico dottore Manzi Beniamino che è conosciuto come buon latinista ed epigrafista, si è cimentato a fare una ipotesi della traduzione della medesima, ma introducendo altri termini che lo scultore avrebbe tralasciato come sottintesi per non rendere troppo lungo lo scritto, e che noi mettiamo tra parentesi per rendere più esplicativo il significato; per cui così verrebbe estesa:

          HORREA PAUPERIBUS NICOLAO AUCTORE CATALDO
                                                                                  A.D. MDCCCLVI
          QUOD QUISQUE (FRUMENTUM) PROMSIT (BARRATUM), (FRUMENTUM) CONDAT (CULMATUM), (HOC) OPUS PERENNAT

          La traduzione: “granaio per i poveri costruttore Nicola Cataldo
          poiché ognuno prende per sé frumento barrato, dia agli altri frumento colmato, questa attività lo renda perenne”
          A.D. MDCCCLVI (Anno Domini millesimo octingentesimo quinquagesimo sesto = anno del Signore 1856)
          A margine una precisazione sul percorso storico della proprietà del palazzo.

          Fino ad un certo periodo della seconda metà dell'ottocento il fabbricato era tutto “Cataldo”, alla fine del secolo citato si estingue un ramo ereditario dei Cataldo e subentra “Tullio” (famiglia proveniente da Pescopagano) che aggiunge come secondo cognome “Cataldo”, diventando l'odierno “Tullio Cataldo”.
          Nella prima metà del novecento si estingue anche il secondo ramo ereditario dei Cataldo e subentra Laurelli la cui parte del palazzo oggi è in vendita.
          Un rosone sulla facciata del giardino porta la scritta A.D. 1737(?) che fa supporre che sia l'anno dell'edificazione del palazzo così come oggi a noi appare.

          E' risaputo, da scritti vari, che una parte del palazzo sia stato costruito sui ruderi dell'antico castello medioevale(3).
          D'altronde anche la mappa del Villani del 1723 in quel luogo cita i ruderi del castello(4).
          Un giorno si spera di poter ricostruire in maniera più ampia il percorso storico del manufatto e dell'albero genealogico dei proprietari ereditari.

          Un grazie va al dottore Pietro Tullio Cataldo per la gentilezza offertaci nel visitare, fotografare la pietra e nel darci anche elementi informativi.
          P.S. La pietra è stata trasportata dal magazzino che è stato demolito dopo il terremoto del 1980 e che si trovava sul lato sinistro per chi va oggi da Piazza Tiglio a Piazza di Sopra, con un solo piano terra confinante con palazzo Gallicchio nella parte sottostante.

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Indice bibliografico
(1) Sergio Pelosi in “Comunità di Vallata tra chiesa madre cappellanie e regia dogana” pag. 16 e pag. da 30 a 32 nel cartaceo; sul web pubblicato in vallata.org
(2) Dai bollettini “Vallata notizie” n° 2; sul web in vallata.org
(2 bis) dall'archivio privato del preside Palumbo Giuseppe Vito
(3) Articolo dell'arciprete Arturo Saponara “ Chianchione: l'asperissima bataglia de Vallata” pag. 14; sul web in vallata.org
(4) “Platea di Vallata Orsini 17° secolo: la ricerca a cura di Antonio Crincoli presso l'università della California di Los Angeles”; sul web in vallata.org

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