NUMISMATICA E STORIA UNO SGUARDO SUL PASSATO ATTRAVERSO LE ANTICHE MONETE RINVENUTE NELL’AGRO DI VALLATA - Prof. Rocco De Paola

NUMISMATICA E STORIA
UNO SGUARDO SUL PASSATO
ATTRAVERSO LE ANTICHE MONETE
RINVENUTE NELL’AGRO DI VALLATA


A cura del Prof. Rocco De Paola
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     Il compianto don Arturo Saponara, nell’opuscolo pubblicato nel lontano 1957 del secolo scorso(1), tra altre pregevoli notizie, ci fornisce precisi ragguagli su alcune delle monete ritrovate nel territorio del nostro “natio borgo”. Si tratta di una testimonianza assolutamente unica e tanto più preziosa in quanto dobbiamo solo al suo amore per la ricerca ed alla acclarata sensibilità verso la storia del paese se oggi possiamo sapere, sia pure in modo indiretto, di quelle inestimabili reliquie che possono aiutarci a gettare uno sprazzo di luce sul nostro più remoto passato.
     Mi sia consentito rendere un doveroso omaggio postumo alla memoria di quel valente studioso, unico nel vacuo e desolante deserto della sterile saccenteria o della snobistica indifferenza di quanti, in tempi pregressi, si sono disinteressati del tutto della storia di Vallata e che avrebbero altrimenti potuto contribuire alla costituzione di un nostro comune patrimonio culturale(2).
     Tuttavia, attraverso la tenace ricognizione e lo studio assiduo delle sparse tracce ancora presenti in vari siti, perseguiti con appassionato impegno da parte di un esiguo gruppo di volenterosi, animati dal sacro fuoco della scienza delle trascorse vicende storiche del nostro territorio, è tuttora possibile volgere un amorevole sguardo alle vicissitudini dei nostri lontani antenati, allo scopo di comprendere e di serbare in dono alle future generazioni eventi ed aspetti della vita e della civiltà di quegli antichi abitatori delle nostre contrade.
     Il presente lavoro parte dal presupposto che un rimarchevole tassello della storia di una popolazione possa essere individuato anche attraverso la numismatica. Ed il territorio di Vallata è stato molto generoso, sin da tempi immemorabili, almeno stando alle autorevoli attestazioni di Saponara, nel fornire cospicui ritrovamenti di monete, finite in collezioni private o, ahimè, andate ad alimentare il mercato clandestino, a volte per cupidigia di un modestissimo peculio.
     Delle numerose monete ritrovate di cui si serba memoria, di vile o pregiato metallo, di epoche le più diverse, dalle più antiche, di fattura osco-sannita o di età repubblicana, fino a quelle coniate durante il basso impero, ne vengono menzionate alcune di particolare interesse, delle quali il Saponara ha avuto cognizione o ha preso diretta visione, per cui la sua testimonianza risulta altamente attendibile.
     Per sua ammissione, i ritrovamenti di monete di origine osco-sannita sarebbero stati piuttosto rari, allo stato ignoriamo da chi esse possano essere state detenute. D’altra parte occorre considerare che, in genere, gli esemplari di monete di quella antica e fiera popolazione giunti fino a noi non sono molto numerosi. Forse questo è dovuto anche alle sistematiche depredazioni perpetrate dagli arroganti ed implacabili vincitori delle guerre romano-sannitiche. In un passo di Tito Livio (X, 46), citato da L. Sambon(3), si afferma che le monete di rame circolanti nel Sannio erano talmente abbondanti prima della battaglia di Aquilonia(4) (293 a. C.) che, dopo la rovinosa sconfitta subita dai Sanniti, il console vincitore Papirio Cursore ne avrebbe trasportato con sé a Roma più di due milioni e mezzo di libbre! Tale notizia, comunque, è ritenuta scarsamente attendibile da E. T. Salmon. Molto verosimilmente, come si evince da quanto affermato proprio da Livio nello stesso passo, quel quantitativo di bronzo, che avrebbe costituito la base per la prima emissione di monete romane, fu ricavato dalla vendita come schiavi dei prigionieri sanniti(5). Probabilmente, tutte le principali città sannite possedevano proprie zecche che cessarono di coniare moneta in conseguenza delle considerevoli perdite subite durante l’ultimo conflitto sostenuto contro i Romani(6).

Una semiuncia di bronzo osco-sannita( NH Italy 500 Sambon 1040).Nel dritto testa di Giunone con velo e diadema, nel rovescio la scritta in caratteri osci KAPU (Capua) e una spiga, simbolo dell’abbondanza, che sarà ripresa oltre due millenni dopo anche su diversi esemplari di monete italiane coniate in pieno Novecento.

     L’espressione usata da Saponara, nell’opuscolo citato, a proposito delle monete osco-sannite, ci fa capire che forse ha avuto solo una indiretta conoscenza della loro esistenza. Tuttavia questo, nonché attenuare, acuisce il senso di cruccio per una perdita forse irreparabile di quelle preziose testimonianze che avrebbero potuto fornire informazioni uniche riguardo alla storia delle nostre contrade.
     Molto più frequenti sono stati, invece, sempre a detta del Nostro, i rinvenimenti di monete della Magna Grecia(7). Ben tre esemplari di una moneta d’argento, con “…bellissima testa muliebre greca, in bel rilievo, che ha nel rovescio il toro dal volto umano dalla lunga barba, sorvolato dalla Vittoria alata…”(8), sono stati esaminati da Saponara. La descrizione di queste monete è molto circostanziata, per cui appare evidente che effettivamente egli ha avuto modo di poterle indagare e studiare personalmente. Un esemplare simile, di cui si conservano numerose copie in diverse parti d’Italia, fu effettivamente coniato intorno al 300 a. C. Si tratta, con molta probabilità, di uno “statere”, o didramma, in argento, prodotto a Napoli, di stile classico ( IV-III secolo a.C.). Sul dritto è raffigurata la Sirena Partenope, patrona della città di Neapolis, sul rovescio compare un toro androposopo (con testa umana), a sua volta sorvolato da una figura con ali, una Vittoria.

La moneta di cui stiamo discorrendo è quella contrassegnata con il n° 11. Come si nota, corrisponde perfettamente alla descrizione fatta da Saponara. (La foto è tratta dall’articolo di Roberto Russo, Prima bozza preliminare di uno studio organico sulla monetazione del Centro Italia e della Magna Grecia tra il 326 a. C. al 125 a. C., in Numismatica Sottovoce).

     Lo statere aveva un peso di circa 7/8 grammi, che variava nelle varie città della Magna Grecia dove esso veniva coniato, in quanto il loro sistema ponderale differiva leggermente. Veniva denominato anche didramma perché corrispondeva al doppio della moneta base, ossia la dracma, del peso di circa 4 grammi. Altro multiplo era il tetradramma, di circa 16/17 grammi.
     Non sappiamo se la versione della moneta sia quella più arcaica o quella più recente. La descrizione del Saponara fa pensare alla moneta più tarda, anche per la sua maggiore perfezione tecnica rispetto al prototipo, come si può vedere confrontando la foto di sopra con le foto sottostanti. E’ evidente il divario tecnico, pur nella costanza delle raffigurazioni iconografiche della figura muliebre e del toro antropomorfo munito di barba. Da notare, tra l’altro, il diverso orientamento del viso della donna, volto verso sinistra nella moneta più recente, mentre nelle raffigurazioni più arcaiche lo sguardo è rivolto verso destra, laddove il toro volge la cervice barbuta più spesso a destra, talvolta anche a manca.

Foto tratte dal testo di R. Russo citato. Pag. 13.

     L’immagine ingrandita rende meglio i tratti classici della raffigurazione della testa muliebre, cinta da un diadema ed ornata da orecchini a tre pendenti e collana. Dietro la testa della Ninfa venivano riprodotti usualmente o un tripode oppure una cornucopia o un papavero. Nella descrizione del Saponara mancano questi dettagli, forse allora non evidenti nelle monete osservate. Il toro androposopo, verosimilmente, è da identificarsi con Acheloo, dio fluviale padre delle Sirene, il cui culto era molto diffuso nel mondo greco, ed in onore del quale si tenevano a Napoli dei giochi, di qui l’icona della Vittoria alata che regge una corona sulla testa del nume. La moneta, pertanto, è dai numismatici definita di tipo “agonistico”. Sotto il ventre del toro è individuabile il simbolo ΙΣ(9), comune nelle monete campane, mentre in quelle napoletane compare un po’ più tardi, verso la prima metà del III secolo a. C.
     In esergo si legge ΝΕΟΠΟΛΙΤΏΝ ( NEOPOLITON) che indica chiaramente la città sotto la cui autorità la moneta veniva coniata, ovviamente dietro espressa autorizzazione di Roma che aveva stipulato un “foedus” con Napoli, minacciata dall’invadenza dei Sanniti, nel 326 a. C. Una descrizione abbastanza simile la riporta Nicola Leoni in un suo enciclopedico volume miscellaneo. Un elemento diverso lo rileva dietro la testa della donna, dove compare un delfino, mentre gli altri particolari corrispondono perfettamente, come il “bue con faccia umana a dritta coronato da una Vittoria” con sotto la scritta che designa la città partenopea come quella artefice del conio(10). La mancanza di questi minuti particolari relativi alle monete rinvenute nell’agro di Vallata, oggetto del presente lavoro, non ci consentono di poter ipotizzare una datazione meno approssimata, anche perché di monete con quelle caratteristiche ne esiste una vasta gamma(11).

Toro androposopo sorvolato dalla Vittoria alata.

Pertanto, si deve ritenere che il periodo in cui potrebbero essere state coniate vada dal 326 al 276 a. C.(12).
     E’ del tutto legittimo e lecito, comunque, arguire, in base a quanto è dato constatare attraverso i documenti di cui si è detto, che le nostre contrade fossero abitate o, quanto meno, venissero frequentate già in epoca repubblicana. Del resto, non mancano conferme a quanto affermato mediante i numerosi reperti ancora visibili sul terreno o attraverso testimonianze del passato, tra le quali merita attenzione particolare quanto sostenuto dallo stesso Saponara. Ci rammarichiamo del fatto che quelle antiche monete risultino oggi irreperibili, in quanto persiste tuttora l’ignoranza dei nomi di coloro ne erano in possesso. Possiamo solo sperare che ancora siano detenute da qualche famiglia originaria di Vallata e che siano gelosamente custodite.

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1) Sac. don Arturo Saponara, Vestigia di Roma in Vallata e nel suo territorio, Avellino, Tipografia Pergola, 1957, ora in Vallata.org.
2) “Mihi quidem nulli satis eruditi videntur quibus nostra ignota sunt”, Cicerone, De finibus.
3) Louis Sambon, Recherches sur les monnaies anciennes de l’Italie Méridionale, Naples, Ed. Joseph Cataneo, pag. 60.
4) E.T. Salmon, Il Sannio e i Sanniti,Ed. Einaudi,1995. Nella nota 69 del capitolo settimo, “La terza guerra sannitica”, a pag. 293, Salmon contesta l’avversa opinione di vari studiosi che identificano Aquilonia con la città molto più a sud, “in Hirpinis” (la moderna Lacedonia). I sostenitori di una tale identificazione adducono a riprova la coniazione di monete con la scritta “AKUDUNNIAD” che sarebbe avvenuta in quella città osco-sannita. Lo studioso canadese ritiene, al contrario, che essa vada collocata nel Sannio Pentro, presso Bovianum, che si trova poco più a valle, in direzione sud-est, dove avrebbero trovato rifugio i superstiti dopo la cruenta battaglia svoltasi ad Aquilonia. Sarebbe stato oltremodo problematico per le truppe sannite in rotta raggiungere da Lacedonia la lontana località di Boviano! Inoltre egli, a riprova di quanto afferma, fa giustamente osservare che le monete di cui sopra sarebbero state ritrovate solamente ad Agnone e a Pietrabbondante, per cui è da ritenere che potessero essere state coniate nel territorio del Sannio Pentro. Verosimilmente, secondo lui, Aquilonia potrebbe essere identificata con Montaquila, per le ragioni topografiche addotte e per una qualche assonanza tra i due toponimi.
5) E. T. Salmon, op. cit., pag. 70/71.
6) L. Sambon cit, pag. 60.
7) Sac. don Arturo Saponara, op. cit.
8) Idem, ibidem.
9) Giuseppe Fiorelli, Osservazioni sopra talune monete rare di città greche, Napoli, tip. Virgilio, 1843, ritiene che le due lettere possano essere le iniziali del nome di un magistrato monetale o dell’artefice stesso della moneta o del coniatore. Altri, invece, (Marchetti 1986; Burnett 1998) opinano che esse possano semplicemente rappresentare uno dei tanti simboli utilizzati come sistema di controllo delle emissioni.
10) Nicola Leoni, Della Magna Grecia e delle tre Calabrie ricerche etnografiche, etimologiche, politiche, morali, biografiche, letterarie, gnomologiche, numismatiche, statistiche, itinerarie, vol. II, Napoli,1854, pag.168.
11) L. Sambon, op cit. pag. 23 e segg.
Vedere anche Raffaele Garrucci, Le monete dell’Italia antica, Roma, coi tipi del cav. V. Salviucci, 1885, tavole XXXIV, XXXV, XXXVI.
12) Roberto Russo, Prima bozza preliminare di uno studio organico sulla monetazione del Centro Italia e della Magna Grecia tra il 326 a. C. al 125 a. C., in Numismatica Sottovoce, pag. 13.

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