VALLATA E GLI ORSINI. Rocco De Paola

VALLATA E GLI ORSINI
“I Del Balzo-Orsini”
A cura del Prof. Rocco De Paola
“Mihiquidem nulli satis eruditi videntur quibus nostra ignota sunt”
Cicero,De finibus.

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        Il rapporto tra gli Orsini e la Terra di Vallata ha inizio nel XIV secolo, per merito di Raimondo Del Balzo (1303-1375),discendente dell’antica dinastia, di origine provenzale, dei Des Baux (1),giunti in Italia al seguito di Carlo d’Angiò. Raimondo Del Balzo, allora Maresciallo di quel regno e barone della città di Minervino, in seguito divenuto Gran Camerario di quel reame e conte di Soleto, aveva acquistato il feudo di Vallata, ed altri, dalla regina Sancia, che a sua volta lo aveva avuto in dono dal marito, il re di Napoli Roberto d’Angiò(2).
        La somma complessiva pagata per tutti i feudi, ammontava a 4200 once d’oro, equivalenti a venticinquemila duecento ducati. La vendita avvenne con strumento stipulato il 12 agosto 1343, per mano del notaio Giacomo Quaranta di Napoli(3). Il regio assenso sulla vendita, con“privilegio” della regina Giovanna I, fu dato in Casa sana, “prope Castrum marisde Stabia a’ 15 di luglio del 1345”(4). Venendo a mancare il detto Raimondo(5), nel mese di agosto 1375, senza eredi diretti,essendogli premorti i cinque figli, avuti dalle sue due mogli, gli succedette nel contado di Soleto ed in tutti i suoi feudi, come suo erede universale, il nipote Nicola (o Niccolò) Orsini(1331-1399), figlio di sua sorella Sveva e di Roberto Orsini conte di Nola, cui era andata sposa nel 1360. Di Nicola Orsini sappiamo che fu 3° conte di Nola, città
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(1) “Genealogiede Maison de Baux”- Breve saggio storico.
(2) Carlo De Lellis, Notamenta ex registris Caroli II, Roberti et Carolis ducis Calabriae, vol IV bis, foglio 934: “Sancie regine consorti sue donat rexcivitatem Vici et casalia…”
(3) Erasmo Ricca, “Istoria dei feudi del regno delle Due Sicilie al di qua del faro,intorno alle successioni legali ne’ medesimi” vol I, Stamperia di Agostino Pascale, 1869, pagg.440/441, nota n°2: “E qui vogliamo aggiungere che imenzionati feudi vengono denominati in questo documento ne’ seguenti termini:Baronia Vici videlicet Casale Carifij, Casale Sancti Nicolai de Ripa et CasaleHospitalis et alii si qua sunt. Item cum infrascriptis aliis casalibus que tenentur a predictaDomina Sancia Regina in feudum ratione dicte Baronie Videlicet Casale Sancti Nazarij, Casali Sancti Sossi, Casale Acquarie, casale Sancte Lucie, Casale Sancti Johannis, Casale Contre, Casale Castelli, Casale Avezani et Casale Sancti Iacobi et aliis si qua sunt. Item Castrum Flumaris,Casale Sancti Bartholomei, Casale Acquadie et Casale MontisAguti”.
(4) Idem ibidem: pagg.440 nota n°2 “L’istrumento ed il regio assenso testé mentovati sono trascritti nel registro segnato col n°347, anno 1345, lettera A dal fogl.104 al fogl. 106. Una copia legale di tal documento trovasi altresì nel fogl. 3del vol. 468 dei processi della Commissione feudale, n°2726”. Segue la denominazione dei feudi oggetto della compravendita e dell’assenso regio [n.d.r.].
(5) Idem ibidem, nota a piè di pag.: “nella Chiesa di Santa Chiara di Napoli vedesi il sepolcro del ripetuto Raimondo e della moglie Isabella d’Apia”.



nella quale risiedeva prevalentemente, e vi lasciò notevoli opere, come la nuova Cattedrale e la Chiesa del Convento di San Francesco.
        Nel suo castello di Nola ricevette re Carlo III di Durazzo, che gli avrebbe poi concesso la terra di Lauro. Nicola Orsini è descritto come uomo di “singola reprudenza, valore e pio” ed esercitò grande autorità presso la Santa Sede,inducendo Urbano V a costituire le regole delle nuove suore di Santa Brigida. Si recò anche ad Avignone per indurre il neo papa Gregorio XI, eletto nel 1371, a riportare la sede papale a Roma. Sposò Giovanna ( o Ginevra o Gorizia) Sabrano, “nata dal Conte di Ariano per nome Guglielmo [e da Francesca dei conti di Celano n.d.r.], furono figliuoli Roberto II e Raimondo”(6), che“sopravanzò tutti gli altri” [Orsini n.d.r.] e “ per la grandezza della sua reputazione fu fatto Principe di Taranto”(7). Ebbe, però, numerosi altri figli, tra cui si menzionano Sveva, Beatrice(8) e Gentile(9).
        La vita di Nicola Orsini, specie negli ultimi anni della sua esistenza, prima della morte avvenuta a Nola il 14 febbraio 1399, fu travagliata da una spinosa questione dinastica, in quanto egli cercò di favorire la successione del primogenito Roberto nella contea di Soleto, che sarebbe dovuta toccare al secondogenito Raimondo, per essergli stata donata dallo zio Raimondo Del Balzo. Sdegnando la soluzione adottata dal genitore, Raimondo Orsini (1361? – 1406), detto Raimondello, che avrebbe aggiunto al patronimico il cognome della sua ava Sveva, per cui si sarebbe da allora denominato Del Balzo Orsini(10), si dà alla ventura, entrando al servizio della regina di Napoli Giovanna d’Angiò. Tra alterne vicende, divenne in breve uno dei più famosi Capitani di ventura, partecipando ai principali fatti d’arme di quell’epoca che videro contrapporsi i d’Angiò con i Durazzeschi.
        Nel 1379, nominato Capitano della Terra di Lavoro, venne incaricato di combattere il brigantaggio che infestava le contrade di Caserta e Napoli. Assolse l’incarico con zelo, non facendosi scrupolo di venire meno alla parola data, condannando alla pena dell’impiccagione numerosi briganti. Partecipò con 700 cavalieri alla spedizione contro il sultano egiziano in Palestina, ricavandone fama e un ricco bottino. Al ritorno, reca con sé in Italia un dito di Santa Caterina d’Alessandria, custodita sul Sinai, strappato con un morso dalla mano della Santa, e un gran pezzo della Santa Croce, donato, poi, alla Chiesa di S. Francesco d’Assisi(11).
        Nel 1382, volendo entrare in possesso dei beni che gli derivavano dalla sua discendenza dai Del Balzo e per esserne stato designato erede, occupa la contea di Soleto e le terre del Tarantino, antichi feudi di quella nobile famiglia. Il 17 maggio di quell’anno, in conseguenza delle lagnanze di Niccolò Orsini con petizione a Carlo III di Durazzo, il re ordina che tutti i feudi che si trovavano nella Provincia del Principato Ultra,
       
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(6) Istoria de’feudi di Ricca cit. pag.441.
(7) Scipione Mazzella, “Descrittione del Regno di Napoli”, ad istanza di Gio. Battista Cappello, Napoli, MDCI, pag. 639.
(8) Libro d’Oro della Nobiltà Mediterranea – Orsini linee antiche – Orsini Del Balzo e Orsini di Pitigliano.
(9) La famiglia Orsini di Nola.
(10) Istoria de’ Feudi ecc. di E. Ricca cit.: “Vogliamo intanto avvertire che Raimondo I aggiunse al proprio cognome di Orsino quello di del Balzo, in memoria di sua ava Sveva del Balzo”, ivi pag. 442.
(11) Note biografiche di Capitani di guerra e di condottieri di ventura operanti in Italia nel 1330-1550 – Internet Google.



usurpati abusivamente dal “milite Raimondo del Balzo De Ursinis”, vengano restituiti al padre Niccolò Orsini(12), senza, tuttavia, ottenere effetti pratici. Tanto che ancora nel 1393, Ladislao re di Napoli concede al detto Niccolò il permesso di dividere i feudi tra i figli Roberto e Raimondo(13). Nel 1385 Raimondello sostiene il papa Urbano VI contro i Durazzeschi e riesce a liberarlo dall’assedio cui era costretto in Nocera, ottenendo il titolo di Gran Gonfaloniere della Chiesa e il permesso di edificare un tempio a Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, dove si conserva la reliquia della Santa, portata in Italia dallo stesso Raimondo.
        Nel 1386, su istigazione del papa, parteggia per Ladislao, figlio ed erede del defunto Carlo III, contro le pretese di Luigi II d’Angiò appoggiato dall’antipapa Clemente VII, abbandonandone la causa solo nel1393, in favore di Luigi. Nel 1392 acquista Acerra e Guardia de’ Lombardi da Ottone di Brunswick – Grubenhagen.
        Più tardi, come già detto, si schiera con Luigi II d’Angiò, dietro promessa del conferimento del Principato di Taranto,poi concesso, dopo la sua morte, al figlio minorenne Giovanni Antonio(14). Nel 1384 sposa, su consiglio di Luigi, Maria di Enghien, nobile di origine francese, figlia di Giovanni e di Elena di Brienne.
        Donna singolare, di temperamento adamantino ed indomabile, non esitò, dopo la morte del marito, ad indossare l’armatura per sostenere l’assedio di Taranto, posto da re Ladislao.Resistette con coraggio per tutto il 1406, infliggendo dolorose perdite agli assedianti. Ladislao riuscì ad avere ragione della indomita condottiera, che sembra precorrere di qualche decennio le imprese di Giovanna d’Arco, solo comun compromesso, offrendole la corona di regina. L’anno successivo, dopo le nozze con il sovrano durazzesco, i suoi vastissimi possedimenti furono incamerati da Ladislao e solo dopo la morte del re (+1414), nonostante l’ostilità della nuova regina di Napoli,Giovanna II, che la tenne segregata e quasi prigioniera, poté rientrare in possesso della contea di Lecce nel 1415, conservando il titolo di regina.
        Il figlio primogenito Giovanni Antonio(Giannantonio) (1386–1463) riottenne i feudi paterni, recuperando il vastissimo Principato di Taranto, comprandoli “con danari di Giacopo (Giacomode La Marche n.d.r.) marito della regina Giovanna”(15), la quale, obtorto collo, dovette acconsentire al reintegro dei beni paterni da parte del suddetto Giannantonio, cosa che avvenne con beneplacito della sovrana nel 1421(16). Diviene, così, il maggiore Signore del regno, i cui possedimenti si estendevano, quasi ininterrottamente, da Salerno a Taranto. Anche Giannantonio, ricalcando le orme paterne, si rivelò valoroso condottiero. Venne coinvolto nelle lotte dinastiche fra Giovanna II e Alfonso di Aragona, che poi compensò i servigi resigli, anche per l’appoggio che gli aveva dato contro Luigi II d’Angiò, nominandolo Connestabile del regno e Duca di Bari. Ritiratosi nella città di Taranto, aderì, poi, ad una congiura contro il re Ferdinando I, a sostegno di Giovanni D’Angiò, riconciliandosi con il monarca dopo aver subito diverse sconfitte(17).
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(12) Istoria de’ feudi ecc. cit. ibidem pag. 443
(13) Idem ibidem, pagg.443 e seg.: è riportato per intero il documento.
(14) G.M. Monti, Lettere ed omaggio in volgare di Maria d’Enghien, in Rinascita Salentina, 1937. Il 21 luglio 1406 Maria d’Enghien ed il figlio, di appena due anni, Giovanni Antonio, come Principe di Taranto, prestano omaggio agli ambasciatori di Luigi II d’Angiò nella sala grande del castello di quella città. Ivi pag.2.
(15) Francesco Sansovino, Historia di Casa Orsina, MDLXV, cap. 7,pag 96: “Questo Gio. Antonio aggiunse allo stato paterno il Contado di Bari… Et Flumari, Vico, la Cidogna, Bisaccie, Carbonara, Accadia, Carifra, VALLATA, Santo Sossio, Castello, SanNicola, Polcarino (Villanova n.d.r.), Guardia Lombarda, Montaguto, Bonito, Melito e Monte aperto nella Provincia di Principato Ultra. Et in Terra di Lavoro l’antica città d’Acerra”.
(16) Camillo Minieri Riccio, Studi storici su’ fascicoli angioini dell’Archivio della Zecca di Napoli, pag. 43: il privilegio sarebbe dell’anno 1418.
(17) Francesco Sansovino, op.cit.: “apparecchi contra il re Ferdinando” e “si acquieta col re”.



        In quella circostanza, Giannatonio dimostrò la propria brutale determinazione,traendo prigioniera da Minervino, dove si era rifugiata insieme con i figli, la nipote Maria Donata, aderente al partito degli Aragonesi, che tra l’altro era alle prese con un difficile travaglio. Sposò Anna Colonna, nipote di papa Martino V, la cui elezione al soglio pontificio, nel 1417, aveva posto fine allo scisma di Occidente. Non ebbe figli legittimi.
        Nel 1431, in occasione delle nozze del fratello Gabriele con Giovanna (Giovannella) Caracciolo, figlia del potente Gran Siniscalco del Regno Sergianni, avvenne una transazione tra i due fratelli, per cui a Gabriele,tra gli altri feudi, sarebbe toccata anche Vallata, mentre Giovanni Antonio conservava il Principato di Taranto, Lecce e la contea avita di Soleto. Nel1435 Vallata passa nelle mani di Therina Caracciolo e del marito Enrico de Leonissa. La Caracciolo forse vantava antichi diritti di proprietà per aver comprato il feudo dal re Lanzalao (Ladislao)(18).
        Dopo la morte di Gabriele (+1453), avvenuta sulle mura di Costantinopoli, dove era accorso alla vana difesa della città, non avendo eredi maschi, la sua eredità trascorre alla figlia Maria Donata, che nel 1454 “soddisfece alla Regia Corte il rilevio de’ feudi del padre, già defunto”(19). Il primo giugno del medesimo anno, ottiene l’investitura ufficiale dal re Alfonso di Aragona, detto Il Magnanimo, che, in considerazione degli ingenti servigi resi dallo zio Giannantonio e dal padre Gabriele alla Corona di Napoli, ordina che diversi vassalli con casali, tra cui Vallata, le prestino assicurazione di fedeltà.
        Maria Donata sposò Pirro Del Balzo e il re Ferrante d’Aragona conferma ai coniugi il possesso dei feudi con privilegio dato in Napoli il 13 novembre1458. Maria Donata e Pirro Del Balzo ebbero due figlie. La primogenita Isotta,andò sposa a Pietro De Guevara, marchese del Vasto, conte di Ariano e Gran Siniscalco del Regno, la secondogenita Isabella sarebbe andata sposa a Federico,poi re di Napoli. E proprio in occasione delle nozze della secondogenita Isabella, Maria Donata le avrebbe donato il feudo di Vallata. Nel 1482, inoltre, Federico “conseguì l’assicurazione dei vassalli de’ medesimi feudi a’ 29 di maggio”(20) di quell’anno. Ancora, nel 1482 Isotta,come primogenita, rinuncia ad Altamura in favore della sorella e Federico dona ad Isotta, in ricompensa, vari feudi tra cui Vallata.
        Ora, considerando che le nozze fra Isabella e Federico saranno celebrate il 28 novembre del 1486, ed essendo già defunta Maria Donata Del Balzo Orsini (+1481), non si capisce come tale donazione possa essere stata fatta in quella circostanza. Si può ipotizzare che la stessa elargizione sia stata effettuata prima o entro il 1481, vivente ancora Maria Donata. In conseguenza della congiura dei baroni, alla quale avevano aderito Isotta Del Balzo, con il marito Pietro De Guevara, nonché lo stesso Pirro Del Balzo, che, incarcerato insieme a numerosi feudatari, non uscirà più di prigione, tutti i feudi dei menzionati “felloni”verranno confiscati a beneficio della Corona di Napoli.
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(18) E. Ricca,op. cit.,vol I pag. 446.
(19) Così E. Ricca, op. cit., vol. I, pag 447: “In occasione di quest’ultime nozze, Maria Donata donò per dote alla sua figliuola secondogenita Isabella le città di Acerra, Minervino, Ruvo, Lacedonia, Lavello e Vico con i casali, e le terre di Flumeri, Guardia, Pulcarino, Montaguto, Montemilone, Rocchetta e VALLATA”.
(20) G. De Paola, op. cit. pag. 163.



        Nel 1487, Federico d’Aragona rinuncia al Principato di Taranto e di Squillace, ottenendo in cambio dal padre Ferrante, con diploma dato in Napoli il 3 agosto di quell’anno, vari altri principati e ducati e numerosi altri feudi, tra i quali figura Vallata(21). Si legge nel corpo del provvedimento che i nominati feudi erano tornati alla regia corte “ob notoriam defectionem etrebellionem, perfidiam, prodictionem et demerita” di Pirro Del Balzo, della di lui figliuola Isotta o Gisotta e di suo marito Pietro De Guevara(22). In tal modo Federico subentrava in tutti i feudi e possedimenti del suocero.
        Il possesso di Vallata da parte dei Del Balzo Orsini cessa, in pratica, con Maria Donata alla morte di costei,avendo le figlie, eredi della medesima, il cognome Del Balzo. Ha inizio, così, una lunga stasi, dal 1481 al1554, durante la quale, Vallata subisce la vessatoria sudditanza da parte di numerosi Signori che si avvicendano nel possesso del feudo e conosce il terribile eccidio di “Chianchione” nel 1496, da parte delle truppe del Marchese di Mantova Francesco Gonzaga. Federico I di Aragona, ora re di Napoli, con privilegio dato in Castelnuovo di Napoli il dì ultimo di luglio del 1497, la cede a Giovanni Borgia di Aragona(23), duca di Candja e di Sessa, figlio prediletto di papa Borgia, Alessandro VI, che su di lui contava per la successione nei beni della famiglia.
        La morte misteriosa di Giovanni, avvenuta in quel medesimo anno, suscita sospetti sul fratello Cesare, detto il Valentino. Gli subentra come erede dei beni il figlio minorenne ed omonimo Giovanni Borgia, avuto da Maria Enriquez,che ne diventa tutrice(24). Nel 1507 Ferdinando il Cattolico, con diploma del primo gennaio, per i meriti acquisiti sui campi di battaglia, “dà,concede ed elargisce” numerosi feudi, tra cui il “castrum Vallate”, al Gran Capitano Consalvo Fernandez de Corduba. Costui non si perita di cedere il feudo a Ladislaod’Aquino, con patto di ricomprarlo entro un determinato tempo, trascorso il quale, lo stesso re Ferdinando nell’anno 1513 concedette la proroga(25).
        L’Aquino, poi, nel 1528, reo dell’infamante delitto di fellonìa, fu escluso dall’indulto concesso dall’imperatore Carlo V. Secondo De Paola, quella cessione sarebbe avvenuta molto più tardi, nel 1525, ad opera di Paolo Antonio Poderico(26). Il Gran Capitano, per sfruttare i feudi a disposizione, vende, e ricompra, Vallata a Benigno Egidio Spannocchia,con regio assenso del 20 maggio 1510, ed a Giovan Vincenzo Carafa per 6.000 ducati e con assenso regio del 1° Aprile del 1514(27).
        La successiva vendita, essendo il Gran Capitano ormai defunto (+1515), venne effettuata dall’erede, Elvira Fernandez De Corduba, e da suo marito, Luigi Fernandez De Corduba, a Vincenza Latro,vedova di Giovanni Del Tufo, per 12.000 ducati, con regi assensi in data04/06/1519, 09/09/1521 e 14/06/1522. Di poi, i medesimi coniugi De Cordubavendono, questa volta “liberamente”, il feudo di Vallata a Paolo Antonio Poderico, per 28.000 ducati. Su tale vendita fu concesso il regio assenso da parte del viceré di Napoli Carlo de la Noy, il 1°ottobre 1523(28).
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(21) E. Ricca, op. cit., pag.447
(22) Idem ibidem, pag. 449
(23) Arturo Saponara dice che Vallata fu “ristorata del sacco” dal Borgia con il dono di un mulino alla Chiesa, del feudo di Salitto e con lo ius terreggiandi, articolo in “Economia irpina”,1963
(24) G. De Paola, op. cit., pag.166
(25) E. Ricca, op. cit., pag. 453
(26) G. De Paola, op. cit., pag.169
(27) E. Ricca op. cit., pag. 597
(28) Idem ibidem, pag. 597



        Che poi lo stesso Poderico possa aver venduto la Terra di Vallata a Ladislao d’Aquino è piuttosto verosimile, poiché risulta che nel 1525 è tassato perdetto feudo proprio il nominato Ladislao(29). Si può ritenere che vi sia stata una duplice vendita in favore di quel Signore,una prima volta da parte del Gran Capitano (ante 1513) ed una seconda volta da parte del Poderico (il 1525).
        Paolo Antonio Poderico mantenne il possesso del feudo per oltre trenta anni. Nel giugno del 1525 ebbe una controversia con il Capitolo della Terra di Vallata,sul diritto di esigere il terraggio (canone in natura dovuto per l’affitto di un piccolo appezzamento di terreno, consuetudine ancora oggi esistente)(30).
        Si trattava di uno dei tanti balzelli che gravavano sugli infelici tributari. Basti pensare che c’era la tassa dell’attuario, quella della baiulazione, l’imposta dei forni e dei molini, quella dei pesi e misure, di piazza, di portularia ed una infinità di altre imposizioni(31). Nel1554 Poderico cede il feudo di Vallata a Beatrice Ferrilli, duchessa di Gravina, Contessa di Muro, con strumento stipulato dal notaio Andrea Scoppa di Napoli, convalidato dal regio assenso del 29 novembre del medesimo anno. In tal modo Vallata è nuovamente un feudo degli Orsini, ma, questa volta, della dinastia dei Gravina(32).
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(29) G. De Paola, op. cit., pag. 169
(30) UCLA, Orsini family papers, box 57, folder 4.
(31) G. De Paola, op. cit., pag. 175
(32) E. Ricca, vol. IV cit. pag. 598

Rocco De Paola

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