Vallata - un isola nel mare dei dialetti meridionali - Le vocali epentetiche -

        VOCALI EPENTETICHE

        Le vocali epentetiche sono quelle che, inserite nel corpo di una parola e in nessi difficili della stessa, introducono un suono assente dall'etimo.

        Esempi:
                èr(i)va (lat. herba): erba
                car(i)vòne (lat. carbo-onis): carbone
                canc(a)rèna (lat. cangrena): cancrena
                càl(i)za (lat. m. calcea): calza

        LA CADUTA DELLE VOCALI

        Nella maggior parte dell'area dialettale meridionale, le vocali finali non solo si conservano e si pronunziano ma si ha, addirittura, la tendenza ad integrare le parole che terminano in consonante con una vocale come tramme per tram, Fiatta per Fiat, barro per bar, Longinesse per Longines, ecc. (1)
        Nelle parlate settentrionali si ha, viceversa, la caduta vera e propria della vocale finale per cui si trova an per anno, car per carro, dus per dolce, fradel per fratello, caval per cavallo.
        Nella parlata di questa isola linguistica, per contro, si ha la caduta solo fonica delle vocali atone in sillaba e la evanescenza di quelle finali sempre in sede atona.
        Quest'altra peculiarità è dovuta essenzialmente:

 al sostrato linguistico osco-sannitico;
alla influenza delle parlate settentrionali e, quindi, longobarde, germaniche, francofone, ecc.;
alla accentuata nasalizzazione che interessa le vocali in fine di sillaba e davanti a consonante nasale come ru pòne (il pane), la màno (la mano), li matùni (i mattoni), ecc.;
alla dittongazione condizionata;
all'inserimento nelle parole di suoni non etimologici;
ai molteplici "troncamenti", "aferesi" ed "elisioni";
all'eccessivo "legamento" delle parole fra loro, fra vocale e vocale, fra consonante e vocale.
        Tutto questo, secondo noi, determina e condiziona il parlare lento, strascicato, monotono ma duro e forte della nostra gente. E a questo proposito ricordiamo la cantilena delle letture e delle preghiere ad alta voce dei bambini delle nostre scuole elementari ed il maestro che invitava ripetutamente gli stessi a pronunziare, a far sentire, a non mangiarsi le vocali finali.

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(1) A conforto di quanto asserito si riportano alcuni proverbi meridionali. Avellinese: Nun è tutt'oru chellu ca luce e nun è tuttu veru chellu ca si rice (Non è tutto oro quello che luce, non è tutto vero quello che si dice). Napoletano: 'O cielo addò vede 'a neve spanne 'o sole (II cielo dove vede la neve spande il sole). Lucano: La migghiera ri lu mercante prima te rubba e po' te vante (La moglie del mercante prima ti ruba e poi ti vanta). Pugliese: Deceva tata granne: nesciune bbene dure cind'anne (Diceva il nonno: Nessun bene dura cent'anni). Abruzzese: Quande une vede scure, nun è sembre notte (Quando uno vede scuro non è sempre notte). Calabrese: "Quannu chiovi 'un sìcca venti (Quando piove non secca niente).

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