Vallata - brevi cenni storici - Vallata e l'Irpinia tra passato e presente, lavoro svolto nel 1991 dalla classe Terza A della Scuola Media di Vallata e curato dal prof. Giuseppe Soldati

Contrasti tra gli ex-feudatari e le Università
di Avellino e Vallata

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        La Legge 2.8.1806 sullt'abolizione della feudalità, non fu di facile e immediata applicazione. Sorsero infatti delle controversie fra g1i ex-feudatari e le Università. Al riguardo disponiamo di due docrumenti su Avellino, attraverso le notizie dateci da Scandone, e su Vallata, attraverso alcuni atti demaniali.
        In Avellino nel maggio 1806 il sindaco inviò al generale comandante della provincia un memoriale in cui attribuivano le colpe dello stato disastroso delle finanze ai gravami imposti dalla feudalità, in particolare, alla dogana, cioè il dazio imposto sui venditori che entravano in città, all'arte della lana, in cui "per lo passato stavano impiegati due terzi del popolo" che ora langue essendo costretti "a tingere e valcare ne' suoi edifizi (del feudatario)" e ad altri balzelli come la "zecca" che si doveva pagare per "nocciuole, noci e castagne", la "bagliva" per i giovenchi, o altre ancora per esempio, sulle acque che non sorgevano in territorio feudale.
        La controversia, seguendo l'iter burocratico, fu risolta in tribunale, dopo rinvii da un magistrato all'altro nel 1809.
        Con le sentenze del 212.12.1809 e 2.1.1810 venivano repressi gli abusi feudali e veniva disposto che l'ex barone, principe di Avellino, pagasse le quantità dovute per bonatenenza dei burgensatici. Non mancarono però effetti negativi, soprattutto per l'arte della lana che non acquistò gli edifici delle gualchiere e delle tintorie, nè il principe cui era venuta meno la rendita, poteva avere alcun interesse a mantenerli in efficienza.
        Quanto a Vallata sappiamo dal "Supplimento del Bullettino della Commissione feudale", delibera 70 del 6.7.1810 di una controversia tra l'Università di Vallata e l'ex feudatario duca di Gravina, circa l'assegnazione di 380 tomoli delle terre di Maggiano a Vallata e riguardo a rivendicazioni varie che una parte vantava sull'altra.
        In secondo luogo, attraverso atti demaniali del 1813 siamo informati di una nuova controversia tra i comuni di Trevico e Vallata intorno alla divisione dei boschi di S. Pietro e Scampitella di proprietà del Marchese di Trevico. In particolare del primo documento si precisa che la Commissione feudale aveva imposto di restituire all'Università di Vallata 380 tomoli del territorio detto Maggiano. L'applicazione di tale dispositivo di legge fu affidata al giudice di pace che, però, nel far ciò adeperò la misura grande del tomolo in uso in Puglia. Di ciò si dolse il duca che chiese il rispetto delle misure locali. Inoltre il duca reclamava dall'Università il pagamento di debiti arretrati e il "frutteto" di Mezzana Valledonne restituita al comune, nonchè un indennizzo per le case rurali costruite a Mezzana. Il comune, a sua volta, reclamava dal duca il pagamento di 650 ducati, incassati per la vendita di erbaggi della stessa Mezzana. La Commissione riconobbe la legittimita delle richieste del duca circa i tomoli e rinviò le altre controversie alla competenza dell'intendente.
        Al secondo punto si hanno documenti vari e l'incompleto.
        In sintesi: Trevico non vuole riconoscere a Vallata la quota spettantele delle terre di Scampitella e S. Pietro, poichè nella sentenza Vallata viene denominata "casale di Trevico" cosa non vera e chiede invece che al suo posto venga inserito il vero casale di Trevico, Anzano di circa 800 anime. §Perchè ciò? Perchè la sentenza stabiliva la divisione delle, suddette terre in proporzione al numero degli abitanti. Ora contandone Vallata 4339 e Anzano 800 ne consegue che Trevico avrebbe tratto evidenti vantaggi in termini di una più ampia superficie da assegnare ai suoi abitanti.
        Al contrario, obietta Vallata che l'insolita denominazione di casale risale a 300 anni prima quando la peste aveva falcidiato la popolazione, riducendola a circa 800 anime. D'altra parte espressamente in sentenze precedenti si menzionava Vallata con Trevico e S. Agata beneficiarie di questi terreni per aver goduto dei diritti di erbaggio, pernottare e legnare sugli stessi. Da ciò si deduce che le terre feudali sulle quali le popolazioni vantavano diritti vari (pascolo, legnare, pernottare e altre) furono espropriate, almeno in parte, e assegnate ai Conuni.
        In particolare: il documento datato Vallata, 4.9.1813 contiene la richiesta, indirizzata, all'Intendente, da parte del Decurionato di Vallata, di introdurre l'allevanento di alcuni animali, ad eccezione delle capre, nei boschi di Scampitella. Anche qui viene ribadito che il possesso sui boschi di Scampitella era stato dato "in compenso degli usi civici che aveva sullo stesso".
        La lettera 23.7.1813 del sindaco Felice Cirillo all'Intendente fa il punto in generale sulla questione e invita l'autorità ad interessare il ministro degli Interni perchè risolva le controversie, che, come si capisce nel successivo documento datato 4.9.1813 di cui sopra, dovette risolversi secondo gli auspici dei Vallatesi. Si viene a sapere che il commissario con ordinanza 9.11.1811 prescrisse che le terre di S. Pietro e Scampitella fossero divise in 12 parti uguali e ne assegnò 5 all'ex feudatario e 7 ai comuni di Trevico e S. Agata. Anche nei riguardi del clero (vedi Bollettino Commissione Feudale, n.34, 14.4.1810) il comune ottenne la confisca di alcune terre, in virtù degli usi civici che esercitava sulle stesse: 275 tomoli (vd. Vallata fasc.3520 a. 1839) divisi nell'anno 1810. Inoltre chiedeva al clero di astenersi dall'esigere il terratico sui territori "nascendo tale esazione da mero abuso".


Valori e misure antiche
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Le misure ed i valori usati prima dell'adozione del sistema metrico decimale (approssimati) sono:

Lu pòrmo ( Lat. palmus): il palmo. Pari a circa m.0.223 a Roma- m. 0.263 nel napoletano.

Lu père ( Lat. Pede): il piede. Varia da m. 0.33 circa a m. 0.296.

Lu hùto ( Lat. cubito ) : il gomito. Equivale a circa 44.4 cm. .

Lu vròzza (Lat. Brachiu): il braccio. Corrispondente a 0.53 m. - 0.60 - 0.70 circa.

La cànna ( Lat. cànna): la canna. Misura che vale 8 palmi e cioè m. 2.11.

Misure di superficie
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La misura = 1/24 di tomolo = mq. 138.8

Lu quòrto = 1/4 di tomolo = mg. 8 3 3 . 3

Lu mizzetto = 1/2 di tomolo = mg. 1666.6

Lu tùmmilo o moggio = 1/3 di sacco = mg. 3333.3

Lu sòcco = 3 tomoli = l'ettaro = mq.10000 "circa"

1° maggio = palmi 3.333/0.0699 = 4.7682 mq. circa.

Misure odierne in agricoltura
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Ha (ettaro) = M q. 10000

a (ara) = mg. 100

ca (centiara) = mq. 1

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