Vallata - brevi cenni storici - L'Apostolo delle Calabrie Ven. P. Vito Michele Di Netta - Capitolo I - Infanzia - Primi studii. - Seminario.

CAPITOLO I.

Infanzia - Primi studii. - Seminario.

SOMMARIO. - Nascita - Vallata - Topografia pittoresca - Il primogenito di nove figli - Coincidenze di date - I genitori - Santo da Santi - Buoni preludii - Il romito - La Cresima a cinque anni - Fervore di vita - Il Santarello - Primi studi - Beffe del compagni - Scemo e bue muto - Latino e grammatica - Seminario - Modello d'imitazione - Vocazione religiosa.


    Il Ven. Servo di Dio, D. Vito Michele Di Netta, nacque in Vallata, provincia di Avellino, il giorno 26. febbraio 1787, da pii ed onesti genitori, chiamati Platone Di Netta e Rosa Villani.
    Vallata è una cittadina di non oltre quattromila abitanti, antico Ducato dei Principi Orsini. Dal significato etimologico del suo nome parrebbe che fosse fabbricata in fondo di una valle: tutt'altro. E messa invece sul dorso di collina, che si eleva leggermente a mezzogiorno delle falde del monte Trevico, alto dal livello del mare 1250 metri, e gode di una posizione incantevole, ridente, artistica.
    E difesa ad occidente da monti alpestri ed ineguali, ed a mezzogiorno prospetta, sebbene in lontananza, la montagna alla cui cima sorge Guardia Lombardi, paese assai ricco di memorie storiche.
    Dalla parte di oriente poi le si apre immensa pianura, il cui sfondo azzurro si perde riflesso nelle onde dell'Adriatico. Panorama stupendo, in cui l'occhio, spaziandosi lieto nelle estese pianure del tavoliere di Puglia, vede altresì colline e altipiani elevantisi a forma di semicerchio, e frastagliati da grosse città Pugliesi, tra le quali noto Sant' Agata e Rocchetta, celebri per due castelli medioevali, e Bisaccia, fortunata pel soggiorno di Torquato Tasso nel castello ducale, tuttora esistente.
    Ha clima dolce e salubre, buon'acqua potabile, e i cittadini ospitali ed affabili, e, ciò che più monta, animati da profondo sentimento religioso.
In un'umile casetta, sita nella parte occidentale della città, priva di forme estetiche, e tanto meno grandiose, sortì i natali l'umilissimo nostro Servo di Dio, di cui imprendiamo a narrare.
    Fu il primogenito di nove figli, e l'anno di sua nascita coincise con l'anno della morte di S. Alfonso1.
    Pareva che il cielo, prima di ripigliarsi l'anima grande dell' illustre Dottore della Chiesa, facesse dono alla Congregazione del Liguori di un figlio, che avrebbe emulato lo zelo e la santità del padre, ed avesse voluto all'Apostolo Partenopeo sostituire un altro Apostolo, tutto in pro delle abbandonate Calabrie. Paiono mere coincidenze, ma nella mente dell'Altissimo sono Provvidenza, la quale regola ogni cosa in numero, peso e misura.
    Il padre di lui non fu un aristocratico, neppure un ricco di molti beni di fortuna, ma un ricco di fede semplice e di tutte le virtù cristiane. E tale fu pure la madre. Anzi venne questa celebrata quale donna di assai profonda pietà, di costumi illibatissimi, e totalmente volta alle pratiche religiose e all'educazione dei figli. In casa, in tutte le ore libere, la si trovava sempre con in mano la corona, od applicata nell' insegnamento del catechismo alle fanciulle del luogo. Le riuniva in casa sua, e per tenerle allettate le donava spesso di regalucci, sopratutto a quelle che erano le più diligenti ed assidue.
    Se è così il primogenito loro fu santo rampollo di genitori santi, i quali, non tollerando conseguentemente che l'animuccia di lui fosse a lungo rimasta sotto il brutto imperio del demonio, furon presti a levarla tosto al sacro fonte, ed in quello stesso giorno, 26 di Febbraio, venne battezzato coi nomi "Vito - Michele".
    Passarono i primi giorni, passarono i primi mesi, e questi bastarono per fare scorgere prestamente quale sarebbe divenuto il neonato Vito Michele. Indole mite, poca proclività al pianto, fattezze angeliche, che di giorno in giorno si andavano sempre meglio delineando sul viso suo infantile. Quest' assieme di circostanze diceva assai chiaramente, che egli non sarebbe stato un fanciullo comune, a somiglianza degli altri, ma invece un essere fortunato delle più elette compiacenze del cielo.
    La buona madre sua infatti non ebbe molto a penare per comporre a molta pietà il di lui moto infantile, e, prima di fargli ripetere il suo nome stesso, gl' imboccò i nomi soavissimi di Gesù e di Maria. Gli fu facile il fargli tenere i piccoli braccini a forma di croce, cosa che egli poi si portò per tutta la vita, e imprimergli a memoria, e fargli ripetere le prime preghiere del cristiano, e le formole elementari del catechismo.
    I contemporanei di lui ci assicurano, che di pochi anni ancora, il piccolo Vito Michele si mostrava già alieno del tutto dai trastulli infantili, passionato della solitudine, lontano dai compagni di sua età, dai quali anche invitato a prender parte ai loro giuochi puerili si schermiva con bel garbo, ragione per cui veniva appellato col nomignolo di "romito". Invece correva tosto, dietro i passi della madre, alla chiesa, ove assisteva con devozione, insolita in quella età, a tutte le funzioni religiose; funzioni poi che ei tutto solo ripeteva in casa, affiggendo immagini devote dapertutto, e prostrandosi avanti di esse, e adornandole di fiori e di piccoli ceri.
    Sono preludi di eroica virtù, sprazzi vivissimi di luce! Sono chiarori di un' aurora che accenna ad un giorno di pienissimo sole!
    A soli cinque armi si ebbe il Sacramento della Confermazione, e il divino Spirito prese così definitivamente possesso di quel cuore: discese in esso come a sua gradita dimora, adornandone bellamente l'anima dì tutti i suoi doni e carismi celesti.
    Infatti da quel momento si vide egli prodigiosamente crescere e nell'età e nella virtù; si vide più modesto e raccolto frequentare più spesso la Chiesa, e pregarvi con più di fervore; ambire di servire alle Messe e alle sacre funzioni; comporre in casa altarini, e, giunto all'età competente, accostarsi di frequente alla Confessione, e conseguentemente alla Comunione, ove si notava in lui tanta devozione e raccoglimento da essere additato con ispeciale stupore, e da essere chiamato da tutti il santarello.
    Che meraviglia quindi se fin d' allora prese a digiunare più giorni della settimana, e mostrare siffatto amore alla Madonna da apparecchiarsi alle di Lei festività con devote novene e piccole mortificazioni? Preludeva in tal modo a quell'uomo austero che egli un giorno sarebbe stato, al figlio innamorato di Maria, al propagatore delle glorie di Lei, del di Lei amore, e patrocinio.
    Ma conveniva però non trascurare l'istruzione della mente, ed i suoi lo mandarono ben volentieri dal Sacerdote D. Onorio Colella, che in quel tempo aveva aperto una scuola in Vallata, e che era l'unica nel piccolo paese. Il nostro Vito vi trovò compagni parecchi, tra i quali, per quanto lo comportava la sua piccola età, riuscì tostamente il primo, e perciò più amato e prediletto dal Maestro.
    Ma ciò gli procurò naturalmente invidiole, dispetti, e burle da parte dei compagni, che lo volevano dalla loro, anche nelle piccole monellerie.
    Vito se ne mostrava alieno e riluttante, e perciò non gli risparmiavano beffe: lo tiravano pel vestito, lo percuotevano anche, e gli regalavano il titolo di pinzochero. Vito soffriva tutto in pace ed in silenzio, tollerava tacitamente ogni cosa, nè se ne lamentava mai col maestro o con la madre. Ciò era grande virtù, sproporzionata, se volete, in quella età, ma vera e grande virtù. Da qualche compagno invece più ardito e impertinente, si reputava scemeria, e così era anche appellato pubblicamente: scemo ,sciocco!
    Anche di S. Tommaso, fanciullo in iscuola, si narra, che venia reputato di poco animo e scemo, e regalato dell'appellativo poco lusinghiero "bue muto". Senonchè quel bue muto, cresciuto in età, emise ruggiti tali da stordire il mondo della scienza e delle lettere. Con le debite proporzioni non fu lo stesso del nostro Ven. Servo di Dio ?....
    Ebbe pure a maestro lo zio materno, D. Felice Villani, ecclesiastico quanto dotto, altrettanto di consumata probità e che fu pure Arciprete in Vallata. Questi intuendo nel santo ragazzo nascosti segreti di Provvidenza, prese ad istruirlo amorosamente nei primi elementi del latino e della grammatica, per disporlo così agli studi di Seminario in S. Angelo dei Lombardi2, ove volle mandarlo più tardi a sue spese.
    Non è a dirsi la gioia che ebbe a provare il santo giovanetto Vito Michele quando si vide chiuso nelle sante mura del Seminario, lontano dal mondo, e dalle occasioni pericolose, e più vicino, più quasi a contatto col suo Dio.
    Propose in cuor suo di profittarne assai, e di vero progredì tanto nella pratica della pietà e negli studi, da venir proposto subitamente a modello d'imitazione: specialmente "per l'alacrità nello studiare, la diligenza nella scuola, la puntualità nell'osservanza delle regole, l'obbedienza e il rispetto ai superiori, e per una straordinaria umiltà di che si mostrava meravigliosamente adorno". La sola sua presenza suscitava rispetto e venerazione, e i compagni lo amavano: come i Superiori concepivano la speranza che un giorno sarebbe diventato la perla più eletta del Chiericato del suo paese.
Ma Dio disponeva ben altrimenti. E fin d'allora gli pose nel cuore un disgusto profondo di tutto.In Seminario non gli mancava nulla; ivi copia di sacramenti e di pratiche di pietà, opportunità di studiare, affetto dei compagni, benevolenza somma dei Superiori… eppure sentiva un vuoto colà. Non sapea ben definire in sul principio la cosa, ma tosto pei lumi più forti della grazia, e pei consigli del suo direttore nello spirito, e per un cotale impulso ardente a uscir dal mondo, comprese che Iddio gli aveva fatto il dono della vocazione religiosa. Non si credeva atto per un tale stato, si reputava meschino e senza le doti sufficienti, tuttavia assicurato che tale si era la Volontà di Dio, ne lo ringraziò assai di cuore, e propose di attuare tosto il santo pensiero.
    Si era al principio dell'anno 1804.
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[1] S. Alfonso M. dei Liguori mori in Pagani, il 2 Agosto 1787, cioè 5 mesi dopo la nascita del Servo di Dio.
[2] Sebbene Vallata sia in Diocesi di Bisaccia, tuttavia perchè questa fu aggregata, e lo è tuttora, alla Diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi, ivi si recavano gli alunni tutti, ove è la residenza ordinaria del Vescovo.

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