Vallata - brevi cenni storici - L'Apostolo delle Calabrie Ven. P. Vito Michele Di Netta - CAPITOLO XXI. - Gemiti ed encomi.

CAPITOLO XXI.

Gemiti ed encomi.

SOMMARIO. — L'apprezzamento delle virtù dopo morte — Lettera del P. Caprioli — Necrologio su di una gazzetta — Un encomio più recente — Il ritratto e le immagini — Reliquie presso molti — Trasloco della venerata Salma — Bellissima epigrafe — La tomba meta di pellegrinaggi e centro di prodigi.


    La dipartita del carissimo nostro Venerabile fu uno schianto doloroso per tutti; ma il gemito che proruppe. dai cuori non fu di rimpianto solamente e di lagrime, ma fu anche di. sentito encomio, e di lode verace. Fu l'apprezzamento giusto della virtù e della santità del Di Netta, e che segnò come il principio di un giorno che non doveva tramontare mai più. Perchè la potenza nefasta del tempo non può nulla contro la memoria di chi visse brillantato dall'eroismo della virtù. Questi sfida impavido l'onda dei secoli, come uno scoglio sfida sicuro l'infuriar dei flutti. Sia lodato Iddio! In tal modo, se il santo si invola ai viventi con la sua presenza, e strappa le lagrime del dolore, continua tuttavia a stare in mezzo di loro col ricordo di sue virtù e con la memoria degli esempi suoi.
    Questo avvenne alla morte del Di Netta. Un gemito d' encomio risuonò dapertutto; gemito ed encomio, la di cui eco è giunta fino a noi, ed è destinata a non morire.
    Un giorno solo dopo la morte di lui, un suo compagno diletto e suddito insieme, il P. Caprioli Raffaele , volle scriverne a Mons. Mincione , Vescovo di Mileto ed a Mons. Coppola, Vescovo di Oppido, e dettò una, medesima lettera per ambi, che è sintesi di tutta la vita del Di Netta, e di quanto da noi si è andato affermando pel corso di questi capitoli. Non posso non riportarla integralmente che è bella:
    «... Mi è nota l'affezione di cui V. Eccellenza Reverendissima onorava il nostro degnissimo Padre Di Netta, ed è perciò che tra le lagrime di questa Comunità compio il triste dovere di annunziargliene la preziosissima di lui morte , nel mentre che contava di sua vita soli anni 62 e mesi o, di Congregazione 47.
    « Iddio alla corona dei meriti di lui ha voluto in quest'ultimo anno della sua vita aggiungere anche quello di molteplici e fastidiose infermità, tra le quali l'idrotorace, ribelle a tutti i rimedi, che lo ebbe morto nel giorno di ieri — com'Egli lo aveva tempo fa preconizzato — alle ore 15 (italiane), dopo aver ricevuti gli ultimi conforti della Religione, da lui chiesti avidamente, e dopo una breve e tranquillissima agonia. Il giorno di ieri fu sacro al Saverio, l'Apostolo delle Indie , ed in tal giorno il Signore ha richiamato alle sue ricompense l'Apostolo delle Calabrie. Sì, questa fu la sua sublime destinazione, e questa sarà sempre la sua gloria.
    « Devastate queste povere Calabrie dal terremoto del 1-83, straziati da tutti i furori della guerra del 1799 , la condizione religiosa di questo infelice Paese , al cominciare del nostro secolo , era affatto deplorabile. Quando piacque alla Provvidenza stabilire in queste contrade la nostra minima Congregazione per rigenerarle nei costumi... Ma tra gli zelanti operai , quegli che più si distinse per perseveranza di travaglio, per estensione di terreno, per felicità di successi, fu appunto l'illustre Defunto , che tanto vuoto ha lasciato nel nostro Istituto, dopo aver lasciata tanta orma di se nella vigna del Signore.
    « Tutta la sua vita non fu che l' intreccio di virtuosi esercizi, specialmente diretti alla salvezza delle anime, ed alla gloria del Redentore, il che è poi eminentemente lo scopo del nostro santo Istituto. L'austerità claustrale, la povertà evangelica, l'umile obbedienza, l'osservanza regolare , e la semplicità dei tempi andati, in lui ci hanno sempre mostrato un modello. La sua divozione al SS. Sacramento ed alla Vergine Immacolata era tenerissima. Dai suoi piedi contriti si alzavano i peccatori ; e pria di montare sul pergamo , egli per lungo tempo si vedeva prostrato a piè del Crocifisso per riceverne le ispirazioni.
    Il mio cuore non regge ad offrire a Vostra Eccellenza il quadro circostanziato di tutte le sue virtù , ma il suo nome basta al suo elogio. Solo non posso trasandare che virtù sue caratteristiche furono quelle doti che rigorosamente si richiedono dai grandi uomini apostolici , quali Iddio a lunghi intervalli suscita per i bisogni della sua Chiesa, e cioè — un' annegazione di spirito verso se stesso, spinta al sacrifizio — una inalterabile e cara mansuetudine riguardo agli altri , da farsi tutto a tutti — e per gli interessi del Signore uno zelo instancabile.
    « Anche in questi ultimi anni dell' età sua, noi l'abbiamo veduto raccogliere le languenti forze di un corpo logoro e consunto, e quasi precederci nella carriera di queste laboriosissime Missioni. Alle ardenti brame non è venuto mai meno il suo cuore, ma bensì la sua vita. Quale appena fu spenta, e se ne sparse il triste annunzio, che tutta questa città, in cui Egli era stanziato da anni 37, fu profondamente commossa...
    «Ieri al giorno si volle per le principali strade far defilare la processione funebre, in cui intervenne la Congregazione dei Nobili, con questa Comunità, che tutta rattrovasi in Collegio, ed all'apparire della sua spoglia universale era il pianto, ed i poverelli che la seguivano chiedevano al Cielo, perchè loro avea tolto un tanto tesoro.
    « Stamattina questo Vescovo Eccellentissimo, il Capitolo, il Seminario, tutta la nobiltà, tutte le Congregazioni, le due Comunità Religiose, ed un immenso popolo hanno reso in Chiesa nostra al suo Cadavere gli ultimi attestati di loro gratitudine.
    « Tutto il popolo era ambizioso di qualche pezzetto di sue logore vestimenti ed è stato d'uopo postare delle guardie per ovviare a qualche inconveniente. Una scelta orchestra ha accompagnato il Pontificale: assai commovente è stato l'elogio funebre... e per la pompa dell' esequie a nulla si è mancato per quanto poteva offrire una città di Provincia.
    « Abbiamo adempito questo supremo nostro dovere... ma il nostro cuore è rimasto nell'amarezza! ,Ed il nuovo soggiorno di eterna ricompensa, di cui ci dà guarentigia la santità del Defunto, ecco l'unica nostra risorsa... Pure Dio giudica le giustizie, e trova dei nei negli Angeli suoi: a tale oggetto prego Vostra Eccellenza Rev.ma di quei suffragi, che saprà dettarle il cuore , onde si abbrevi il tempo di sua espiazione, presto raggiunga i nostri Maggiori, e presto la Diocesi di V. Ecc.za bagnata dai sudori di Lui, acquisti un Protettore di più nei Cieli »...
    Fin qui la lettera, che, come vedesi, è bensì la più fedele manifestazione di un cuore addolorato, ma del pari pieno di una grande ammirazione pei pregi e virtù dell' estinto... e meglio non si poteva dire!
    Però non è il Caprioli soltanto che parla così: anzi un tale elogio potrebbe forse a taluni comparir sospetto , partendo da un suo stesso Confratello; vi sono altri che parlano della medesima maniera, e fra tutti scelgo quanto venne pubblicato in una Gazzetta di quell'epoca, che stampa-vasi in Napoli , sotto i nomi « Era Novella » « L'Omnibus ».
    Si vede che l' articolo fu scritto subito dopo la morte del Di Netta , ma venne stampato nel Marzo dell'anno seguente 1850. Ne trascrivo i punti più salienti :
    « Ci sia permesso spargere pochi fiori su di una tomba modesta sì , ma non meno onoranda di quelle, che, circondate di luce abbagliante, attirano, ma pur confondono gli sguardi dell'universale. Essa splende umile, ma pura, ma costante, come ai nocchieri la stella del polo. È la luce insomma che diffonde la virtù dell' uomo giusto, qual'era invero il P. D. Vito Michele Di Netta del SS. Redentore, di cui deploriamo la perdita!!
    « Nasceva egli in Vallata... e nella sua età di anni quindici, spinto da quel suo zelo operoso che non intiepidì per trascorrere di tempo, abbandonava per sempre le lusinghe del secolo, tanto possenti in quella stagione, fuggendo le dolcezze della famiglia, per vestire l'abito che il De Liguori legava ai suoi figliuoli.
    « Questa istituzione, veramente cosmopolita, ossia cattolica, avendo a suo scopo il miglioramento morale e religioso della società, mirando specialmente a sollevare le classi insieme dall'abiezione e dall'abrutimento , in cui sono spinte dall' ignoranza e dall'irreligione, si affaceva mirabilmente al genio cristiano del giovane di Vallata; e perciò egli abbracciava con fervore il novello suo stato, e sosteneva poscia con lustro l'augusto carattere di Missionario.
    « Spingendo — l'esattezza nell' osservanza delle austere regole claustrali fino alla scrupolosità, l'abnegazione di sè fino al sacrifizio, la carità fraterna fino all'eroismo — si acquistò meritamente il nome di santo Apostolo delle Calabrie, ove egli esercitò per 37 anni il suo nobile ministero.
    « Benchè fosse stato successivamente quando Visitatore , quando Prefetto degli studi, quando Maestro dei Novizi , finalmente Rettore per non meno di sei trienni, pure i suoi giorni trascorsero sempre calmi ed uguali, non distinguendosi l'uno dall' altro , che pei successi da lui ottenuti nella vigna del Signore.
    « E veramente questi dir si potrebbero meravigliosi, anzi umanamente inesplicabili, se non si ponesse mente com'egli all'instancabile zelo apostolico univa una rara affabilità di modi, talchè anche ai più induriti nel vizio, sapeva rendere piacevole, come lo era per lui, l'esercizio della virtù.
    « La mansuetudine poi, la semplicità, il candore della sua anima, bellamente si dipingevano sul suo ingenuo volto, e lo circondavano di quella aureola , che rende i giusti rispettabili tanto che vengono pur rispettati dagli uomini più pravi...
    Un uomo così santo lasciava in Tropea il suo frale , logoro forse più dalla sua ardente carità che dal crudeli malori, che per lunga pezza lo travagliarono, dei quali invero l' infaticabile apostolo pareva di non addarsi.
    « Presentiva egli non pertanto che si appressava la sua ora estrema, anzi la predisse; e poi si preparava cristianamente al gran passaggio, con ammiranda rassegnazione, e, direi, anche con giubilo...
    « La fama che di sè lasciò l'illustre defunto, ci viene dimostrata dalla mestizia e dal lutto che ispirano col loro riverente silenzio quelle modeste mura che l'albergarono per sì lungo tempo, e che sembrano tuttavia protette dalla grande ombra del trapassato, come da un Angelo con le sue ali... Ci viene dimostrata dalle lagrime, dai singulti, dal duolo profondo, filiale, dei suoi degni Fratelli, già adusati a riguardar Lui come lor duce nelle laboriosissime loro Missioni, e negli intervalli di riposo, come tenero lor genitore... Ci viene dimostrata da quel correre spontaneo, insolito, di tutti i notabili della città, di tutto il Clero regolare e secolare, con alla testa il Venerando Vescovo del luogo, a tributare alla spoglia immemore quegli onori, che fuggiva quando non era ancor orba del suo spiro... Ci viene dimostrata finalmente da quel certo fremito appalesatosi nella bassa gente, che impazientemente cercava impossessarsi di qualche reliquia delle povere vestimenti, che ne coprivano la salma, esposta alla venerazione del pubblico, talchè per evitare possibili inconvenienti, la si dovè circondare di guardie....
    « Un tanto uomo non è più fra noi !... Egli è già fra gli immortali !... »
    Tali parole si scrivevano su delle gazzette pubbliche. E si noti, in un tempo in cui un tale uso non era generalizzato come al presente , nè vi poteva essere il sospetto che ciò fosse fatto per un turpe servilismo o vile interesse , come purtroppo avviene ai dì nostri! No, era l'espressione spontanea che prorompeva dai petti davanti agli sprazzi luminosi, lasciati dietro di sè dal Di Netta. Sprazzi che pur tuttavia tramandano bellamente vivissima luce !
    Diciamo tuttavia, perchè infatti dopo cinquant'anni, dacchè si scrivevano e si pubblicavano del Di Netta simili encomi , e propriamente nell' aprile del 1896, un altro illustre testimone oculare, il Rev.mo Decano D. Giuseppe Barone finiva di scrivere una lunga sua relazione biografica del Servo di Dio con queste parole, che pure riporto:
    « È un mezzo secolo che ci allontana dalla morte di un uomo così eccelso in ogni genere di virtù, eppure egli si nomina ancora, e si venera come se fosse vivo... Sospira ogni Calabrese vederlo , se Dio vuole, sugli altari ; ma in special modo lo anela Tropea, da lui sempre prediletta: lo aneliamo noi suoi figli spirituali, e speriamo nella bontà del Signore che questo giorno non sia lontano... ».
    Basta poi scorrere le pagine del Processo informativo, costruito or sono pochi anni, per accorgersi del linguaggio omogeneo di tutti quei testimoni, che furono interrogati. Le loro deposizioni e testimonianze sono — un elogio continuo per le virtù del Servo di Dio — un gemito per averlo perduto — un sospiro per vederlo tosto decorato degli onori dell'altare.
    Cosa del resto che può constatarsi anche al presente da chi capitasse in quei luoghi, illustrati dalla presenza del Venerabile Servo di Dio. Perchè se ne parla colà come se egli fosse morto solo ieri.
    Un'altra cosa fa uopo notarsi , la grande premura che si suscitò in tutti per averne presso di sè l'immagine: nella sola Tropea il sig. Basile D. Vincenzo, artista pittore, eseguì parecchi ritratti di lui, e chi se l'ebbe, se lo conservava come cosa degna di grande venerazione.
    Non può dirsi poi quale fortuna si era di possedere qualche oggetto appartenuto all' amato Padre, e con quale amore, e con che stima lo si conservava: come pezze della veste tagliate sul cadavere, coralli della sua corona, qualche berret- tino , ecc. D. Francesco Di Tocco prese la disciplina rosseggiante di sangue, un cilizio, un berrettino da notte e il bastone. Altri si ebbero chi un pezzo di sottana, chi la berretta con che venne sepolto, chi uno dei coscialetti...
    Ma è appena credibile come tali oggetti si tenevano cari, con quanto amore si custodivano, e, posso aggiungere anche, con quale tenacia si tenevano gelosamente nascosti , fino a non mostrarli talvolta per paura che non rimanessero involati o andassero perduti.
    Ma se tanta era la premura per oggetti solo appartenuti al Servo Dio, o che erano stati in contatto di lui, che - doveva essere per il sacro corpo? E perciò dopo qualche anno solo dalla beata morte, o poco di più, tanto i Padri residenti nel Collegio di Tropea, quanto la cittadinanza tutta , fecero istanza al Re per averlo , e tumularlo in luogo più sicuro e di deposito. Stimavano essi tutti quale tesoro quelle sacre spoglie, e non potevano rassegnarsi a tenerle fuori della città, e direi, fuori la propria casa.
    Le suppliche furono esaudite , e la salma con non meno pompa di quella che fu alla morte, e con una folla immensa di popolo , come si trattasse della processione di un Santo, fu trasportata dalla Chiesa del Carmine, in quella dei Padri Liguorini nell'interno di Tropea. Qui le ossa furono composte in una cassetta, appositamente costruita, e poscia, praticato un vuoto nel pilastro maggiore del presbiterio , a sinistra di chi guarda l'altare, furono ivi depositate, apponendovi una lastra di marmo con la seguente iscrizione latina, dettata dal Reverendissimo Canonico D. Giuseppe Toraldo :
    In tal modo il Venerabile Servo di Dio continua ad essere presente in quella stessa Chiesa dove visse e lavorò per tanti anni...
    E quella tomba tanto modesta, senza corone e senza marmi, è meta di continui pellegrinaggi. I buoni Tropeani specialmente a lui amano ricorrere in tutte le loro avversità, come ad un amico loro, come ad un padre : ivi vanno a piangere , e ad invocarne il patrocinio... E sebbene i figli della presente età non lo avessero conosciuto , pure hanno imparato dai padri loro a riverirlo e ad amarlo , e vanno essi altresì ad esperimentarne l' aiuto. E di grazie e di prodigi se ne contano senza numero.
    Noi vogliamo parlarne, e questo faremo per comune edificazione nel Capitolo seguente.

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