EROI GLORIA D'ITALI - Tommaso Mario Pavese - A Monte Santo.

4.- A Monte Santo.

        In un altro mio discorso, or son due anni, parlai di Gorizia e del Sabotino, splendidamente conquistati dalle armi nostre. Espugnata Gorizia, un'altra fulgida giornata di battaglia, o combattenti, la rievocheremo noi ?
        O Monte Santo, truce bastione che ti adergi sul verde fiume sonante, narra la tua forza e la gloria nostra. Com' aquila che domina coll'uncinato artiglio l' alta roccia, così il Santo, baldo e ferreo, sopra la círcostante pianura goriziana: d' intorno la cinta de' monti minori, col Sabotino già consacrato e conquistato dal valore italiano.
        Era l'alba del 12 maggio 1917: più glorioso maggio in terra non fiorì. Rombi come di tuono, ma del tuono più possenti, segnano l' inizio dell' azione. O musica fragorosa e tremenda su dal Sabotino e da S. Marco e da S. Floriano, cui, con non minore virulenza e gagliardia, si risponde su dal Santo, su dalla Selletta di Dol, su dal S. Gabriele e da S. Caterina: la sottostante pianura ne rintrona, le case si frantumano, ed il terreno de' monti e del piano rimbalza sotto i piedi. La parola è or dunque al cannone che, con maggior vivacità del solito, saluta oggi la rossa aurora di maggio. La pendice irta di forre, di alberetti e di cespugli, il brullo terreno franato d' insenature e di aguzze sporgenze rocciose, i muri semidiruti del Convento sul Santo sono l'odierno obiettivo della nostra artiglieria: è lì che la fanteria dovrà sferrare tra poco l' assalto. Con le mitragliatrici in spalla, coi moschetti o con i fucili, le giberne e le tasche da pane, curvi per un sentiero che debbono in gran parte trovarsi e formarsi tra i sassi, incespicando fra i cespugli ed i virgulti, vittime designate delle mitragliatrici e de' cannoni nemici, che li scoprono, li feriscono, li decimano, i baldi fanti nostri procedono, ciò non ostante, nel pericoloso cammino, sparsi come il terreno e P accorgimento di guerra permettono e consigliano.
        Il 12 maggio e ne' giorni seguenti, varie volte si svolge l'attacco su l'arduo roccione. Ci sono aspri reticolati, che lacerano le carni, da passare, varie linee di trincee da raggiungere e da conquistare, nemici e mitragliatrici insidiosamente nascosti fra esse, da vincere; e ciò, stando notte e giorno allo scoperto, mentre anche la pioggia talvolta inzuppa ed infradicia il terreno, il corpo, il vestito.
        I nemici, intanto, ci sparano dalle feritoie, il cannone ci assorda e ci miete, gli areoplani ci lanciano sopra bombe ed altri esplosivi, ì pungenti reticolati ci inciampano i passi e ci stracciano abiti e carni, la vista dei compagni feriti e morti ci intorpidisce e ci commuove, i gas ci asfissiano, ci accecano e ci attossicano, la sete da tempo inappagata ci brucia le fauci, il rancio spesso manca da giorni, il suolo minato ci scoppia sotto i piedi; che importa ? eppur si va, si va, si va: la voce dei dovere può far vincere ogni ostacolo, e la musica di guerra talvolta inebbria, accende i sensi, e non fa vedere i pericoli, avendo un'attrattiva meravigliosa.
        Così, nel maggio del 1917, andarono all' assalto i fanti del 230° Reggimento Fanteria: svoltasi l'offensiva, che durò circa una settimana, di oltre tremila, ne tornammo seicento; ma vincemmo il nemico, ne conquistammo la rocca più forte e più temuta, che i rinforzi successivamente giunti non potettero neppur conservare in nostro dominio, tale era la difficoltà della. posizione, attorniata e difesa a sua volta da altri baluardi nemici. Vincemmo pertanto una delle più aspre battaglie, che una relazione del Comando supremo lodò e ricordò ad onore e vanto della nostra fanteria. Comandava il reggimento il colonnello Barbieri, e fu ferito al petto il maggiore del mio battaglione Michele Fortunato: era al coniando della Divisione il generale A. Locurcio ed al comando della seconda armata, in molteplici battaglie vittoriosa, il generale Luigi Capello, per coraggio e per ingegno valente.

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