Angela Cataldo - Vito Antonio Nufrio - La festa-fiera di San Vito a Vallata - Culto di San Vito

Culto di San Vito
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        La "Vallata sacra", in cui s'innesta il culto di San Vito, merita qualche richiamo, breve ma, possibilmente, significativo ai fini di questo lavoro.
        Di due istituzioni religiose più remote si ha notizia certa: abbazia di S. Giorgio (13 gennaio 1264) e abbazia di Santa Maria (8 maggio 1519), ambedue affidate ai benedettini verginiani (di Montevergine)27. 27.

        Certamente, con fine di rinsaldare (con la fede in Dio, nella Madonna, nel Cristo Redentore e la speranza di soccorso dei Santi "protettori") nelle tragedie, (peste, fame, guerre, terremoti) e nelle difficoltà quotidiane la propria capacità di reazione positiva, o di manifestare la propria felicità collettiva, in momenti particolarmente favorevoli, la popolazione vallatese, nel corso dei secoli, ha edificato chiese e cappelle, per esprimere tutto il proprio sentimento religioso, con la preghiera, la devozione sincera, il canto, le processioni, le feste più o meno solenni.
        Si sa che la parrocchia ha fatto parte della diocesi di Trevico, Bovino, Lacedonia, Sant'Angelo dei Lombardi e (attualmente) di Ariano Irpino 28.
        La religiosità, che permeava la vita della popolazione, soprattutto di quella parte di essa in umili condizioni, si è espressa nel culto del Cristo, della Madonna e Santi protettori: S. Giorgio, S. Andrea, S. Stefano, S. Paolo e S. Pietro, S. Leonardo, S. Vito, S. Rocco, S. Antonio (di Padova e Abate), S. Bartolomeo Apostolo, S. Sebastiano, S. Alvino, Santa Caterina, Madonna del Carmine, Annunziata, Incoronata, Madonna delle Grazie, Santa Maria, Santa Lucia.
        Molte cappelle sono scomparse; sono state restaurate, dopo il terremoto del 1980, le cappelle di San Vito, S. Rocco, Madonna del Carmine, Annunziata, Incoronata, Madonna delle Grazie (ancora in restauro) e la chiesa di S. Bartolomeo Apostolo (secondo Patrono, dopo S. Andrea; S. Vito è compatrono), in verità restaurata più volte dopo i terremoti del 1561, 1732, 1930, 1962. 29
        Va rilevato che la religiosità produsse, al fine di acquistare benemerenze, istituzioni, per altro caritative, quali le Cappellanie e le Congreghe.
        Nel 1570 le cappellanie esistenti in Vallata erano ben diciassette 30.
        Molte, in Vallata, sono le vie dedicate ai Santi protettori: S. Vito ("Grotte di San. Vito"), S. Rocco, Montevergine (Madonna di), S. Giorgio, Sant'Andrea, Maggiano (S. Maggiano, contrada rurale), Santa Lucia (contrada rurale), S. Pietro(contrada rurale), S. Paolo (Cupe di S. Paolo, via rurale), Incoronata (rione urbano), Santo Stefano (monte), Macchialvino (Macchia di S. Alvino, area boscosa), S. Antonio (rione urbano), Santa Maria. 31
        La Chiesa Madre, già nel 1595, aveva quindici sacerdoti con a capo un arciprete; la chiesa della Madonna delle Grazie era insignita di dignità primiceriale; vi erano due sodalizi laicali (dello Spirito Santo e del SS. Sacramento), ai quali era annesso un ospedale che provvedeva ai pellegrini e ai più poveri, con spirito caritatevole 32.
        La Parrocchia fu per molto tempo un vero vivaio di vocazioni: vanno ricordati Don Antonio De Cozza, nominato vescovo di Lacedonia nel 1428 33 con bolla di papa martino V, Antonio Geremia de Bufalo nominato vescovo di Temme in Ungheria nel 1661 e poi vescovo di Gallipoli 34 nel 1668, Giovan
        Battista Capuano, nominato vescovo di Belcastro il 31 dicembre 1729 35 , il Venerabile Padre Vito Michele di Netta, missionario redentorista (nato a Vallata il 26 febbraio 1787, morto a Tropea, in odore di santità, il 3 dicembre 1849), apostolo delle Calabrie 36.
        In questi ultimi anni si è acceso, nei fedeli di Vallata, il desiderio di veder il "venerabile servo di Dio" agli onori degli altari e ciò ha ravvivato in tutti il sentimento religioso, da porre a fondamento della vita quotidiana.
        Testimonianze di fede e di amore per Gesù Cristo sono anche due croci, una, in pietra, che rappresenta Gesù crocifisso su un lato e la Madonna a mani giunte sull'altare (dicembre 1726) sita presso la piazza principale, e l'altro, all'inizio della strada per Treviso, formato da una base in pietra e da una croce di ferro, con la scritta "Missione dei PP. Passionisti," 10-24 aprile 1947.
        In Piazza Tiglio, nel 1960 è stato eretto un monumento all'Immacolata; nel centro storico, recentemente, è stata eretta una statua in onore di San Padre Pio.
        Altra statua di San Pio è collocata nella villa comunale.
        Si festeggiano, in tono minore, nell'arco dell'anno, l'Incoronata, la Madonna del Carmine, la Madonna delle Grazie, S. Antonio di Padova, l'Annunziata; in tono solenne si festeggiano S. Vito (protettore e compatrono), S. Rocco, il Natale e la Pasqua.
        Quella di S. Vito, tuttavia è la festa più avvertita, sul piano religioso e folclorico; nella tradizione legata alla fiera, ha rappresentato anche un'occasione di scambi commerciali e una fonte di reddito per vari operatori dell'economia locale.
        Per completare questo sintetico quadro delle espressioni di culto religioso in Vallata, dal Medioevo ad oggi, va ricordato che, per secoli, i vallatesi (oggi i più anziani e quelli di età matura, un tempo forse i giovani, anche per motivi di evasione), secondo quanto si raccoglie dalla tradizione orale, per i loro pellegrinaggi hanno preferito il Santuario di Montevergine, di Pompei, di S. Gerardo in Materdomini (in Campania) e il Santuario di S. Michele e dell'Incoronata (in Puglia).
        Tracce dei frequenti rapporti dei contadini di Vallata con l'ambiente rurale pugliese (Tavoliere), durante la mietitura del grano e nei frequenti pellegrinaggi, permangono nel dialetto e in molti proverbi vallatesi 37.

        Il culto mariano dei vallatesi, fuori del proprio paese, si manifesta in modo particolare nel pellegrinaggio, l'ultimo sabato di maggio, ormai di lontana tradizione, al Santuario della Madonna della Mattinella, in frazione della vicina Andretta.
        La leggenda vuole che anticamente la statua della Madonna stesse a Vallata e che di qui sia stata trafugata in Andretta. Come segno di riconciliazione, le due comunità si incontrano, con le rappresentanze ufficiali dei rispettivi Comuni. Molte le persone che, ancora oggi, di buon mattino, seguendo un percorso rurale, raggiungono a piedi il Santuario, per penitenza e per invocare grazia.
        La sera che precede il pellegrinaggio, fino a qualche decennio fa, un devoto, con il suono di una campanella, faceva il giro del paese annunciando: "Fratelli e sorelle, chi vuol andare alla Madonna della Mattinella?" 38.
        Unica nel suo genere, infine, è la rappresentazione scenica della Passione di Gesù, che si tiene ogni. anno nel giorno del Venerdì Santo.
        E' una commossa rievocazione della Passione fatta con i cosiddetti "Misteri" (tele raffiguranti Gesù nei vari momenti della Passione e i vari personaggi intervenuti nella stessa, quali Tiberio, Pilato, Erode, Giuda, ecc). I "Misteri" sono portati da ragazzi o da adulti incappucciati.
        La processione è animata da squadroni di soldati in divisa romana.
        Il passo di tutti è cadenzato da un suono caratteristico di tromba e tamburo, che contribuisce a creare un' atmosfera di riflessione commossa sul grande mistero della vita e del messaggio di Gesù.
        Alcuni gruppi di cantori cantano, con cadenze popolari caratteristiche, versetti sacri del poeta Metastasio (Pietro Trapassi, 1698-1782).
        Il canto si apre con un doloroso interrogativo sulla condanna emessa da Pilato "Se il mio Signor diletto / a morte hai condannato / spiegami almen, Pilato, qual fu il suo fallir?" e si chiude con un motivo di irrisione alla morte vinta dalla Resurrezione "Alla spietata morte / allor dirò con gioia / dov'è la tua vittoria? / Dov'è, dimmi dov'è? 39.
        Numerosi fanciulli reggono rametti di ulivo.
        La statua del Cristo morto, portata da robusti giovani, è seguita dalla statua dell'Addolorata. Tra le due statue vi sono, in processione, bambine biancovestite, alcune delle quali portano, su vassoi, tre chiodi e un cuore trafitto da spada, per ricordare che le sofferenze di Gesù sono concentrate nel cuore di Maria, Regina Corredentrice dell'umanità 40. Chiudono la processione le Autorità, la banda, il popolo.
        La rappresentazione del Venerdì Santo richiama molti spettatori ed ha, per la comunità locale, una valenza religiosa pari soltanto a quella relativa al culto e alla festa di San Vito del 14 e 15 giugno.
        Per la sua forma particolarmente suggestiva e toccante, la rappresentazione del Venerdì Santo è stata anche oggetto di riprese televisive.
        Intanto, come già più volte ho rilevato, la festa più attesa e sentita dei vallatesi è quella in onore di San Vito, il cui culto è certamente molto antico.
        Patrono di un gran numero di paesi d'Europa, di piccoli villaggi e di grandi città, di intere regioni come la Sicilia, la Sassonia, la Boemia, San Vito è certamente uno dei santi più venerati della tradizione medioevale.
        Quasi non vi è paese in Italia e in Germania che non abbia almeno una cappella a lui dedicata, e qualche sua reliquia custodita e venerata in qualche chiesa o convento (nella Chiesa Madre di Vallata si conserva una reliquia di San Vito).
        Con i suoi trentaquattro patronati, San Vito, martire cristiano del tempo di Diocleziano (III-IV sec. d. C.), è stato il Santo più popolare in Europa dal Medioevo all' età della Controriforma.
        In Italia molti Comuni portano il nome di San Vito 41.
        Intorno a Vallata, nel raggio di pochi chilometri quadrati, si registrano ben sei contrade "San Vito" appartenenti ad altrettanti Comuni 42.
        L' Associazione nazionale San Vito Italia, riunita a San Vito Lo Capo (TP), in Sicilia, ha proclamato il 2004 anno centenario della morte di San Vito (17° centenario della morte, fatta risalire al 304 d.C.). E ciò, a testimonianza. del particolare culto, in Italia, per San Vito.
        Nel santuario di San Vito al Sele, prima sepoltura del Santo martire e culla del culto del Santo, una lapide marmorea riporta il 1904 come anno del 16° centenario della morte del Santo.
        Di San Vito non si conosce il luogo e la data di nascita, anche se una "Passio" di nessun valore storico lo fa nascere a Mazzara del Vallo, in Sicilia da padre pagano e lo vuole incarcerato già a sette anni perché cristiano. L'unica notizia attendibile del Santo si trova nel "Martirologio Geronimiano" da cui risulta che Vito visse in Lucania 43.
        Anche se non è possibile indicare con certezza luogo di nascita e martirio (e data di nascita e martirio) di San Vito, è indubitabile che il suo culto è uno dei più antichi e importanti della tradizione cristiana. Almeno in tre regioni lo troviamo radicato e diffuso nel Medioevo: Italia Meridionale e Sicilia, Appennino Orientale e Prealpi venete, Europa centro orientale (in particolare Germania settentrionale e Boemia).
        In Italia il culto si è diffuso dal V al X secolo; in Francia e in Sassonia dal IX secolo, in Boemia in epoca di poco posteriore. Famoso è il monastero di San Vito a Corvey (Germania), che dal IX secolo ha irradiato il culto del Santo nel mondo tedesco.
        E' probabile che i mercanti della Lucania siano stati i primi diffusori del culto in tutta l'Italia meridionale, lungo le zone costiere; da queste, poi, il culto sarebbe penetrato nelle aree interne, sorretto da monasteri e cenobi benedettini, durante la dominazione longobarda.
        Presso Eboli (oggi in Campania, non in Lucania) esiste ancora oggi una chiesetta dedicata a San Vito al Sele, molto antica, con statua "bizantina" del Santo, menzionata in un documento del 1042 44.
        In una chiesa rupestre presso il fiume Tusciano, non lontano da Salerno e da Eboli, si trova il più antico affresco di San Vito (X-XI secolo) 45.
        Nella stessa zona del Sele si trova una cappella rurale di San Vito a Mon tecorvino Pugliano, dove fino a tempi molto recenti si usava celebrare un banchetto agreste, con offerte di polli, oche, grano, olio santo e con la benedizione del pane dato ai cani 46; l'offerta dei polli (galli) e dei pani. la ritroviamo nella tradizione vallatele della festa di San Vito.
        Il culto di San Vito è attestato in Campania per tutta l'area politica e culturale bizantina; si diffonde rapidamente anche in Basilicata e Puglia.
        Sembra risalire al 983-992 la fondazione di un'abbazia benedettina dedicata a San Vito, in Polignano a Mare 47.
        Al tempo dei longobardi, sulle vie di comunicazione tra il Tirreno e l'Adriatico, il culto di san Vito si affermò in vari centri situati lungo la dorsale valliva del Sele-Calore e quindi nella zona ofantina e vulturense, fino a raggiungere Canosa, la Daunia e la pianura pugliese.
        In molti piccoli centri dell' Appennino interno si trovano cenobi e abbazie, più o meno antiche, di monaci benedettini, e chiese rurali dedicate al santo martire; Ospedaletto, Santo Stefano del Sole, Montefusco, Vallata, Aquilonia (Irpinia), Celle di San Vito (in Puglia), moltissime contrade rurali del Vallo di Diano, del Cilento, della Lucania.
        I longobardi, probabilmente, insieme al culto per San Michele Arcangelo (protettore della nazione longobarda) diffusero anche, in Italia meridionale, il culto di San Vito. E tra il VII e il IX secolo, sempre ad opera dei longobardi, il culto di San Vito sembra essere sorto a Roma (con Papa Leone III) e a Pavia (con re Astolfo).
        Sulla base delle precedenti osservazioni, è possibile, in qualche modo, avanzare l'ipotesi che in Vallata, paese di origine longobarda, il culto di San Vito, forse già esistente in età bizantina, si sia affermato intorno all'anno Mille e si sia consolidato con la penetrazione dei benedettini verginiani.
        Si registra, infatti, la presenza in Vallata, di un'abbazia benedettina già nel 1264 (13 gennaio 1264-abbazia di San Giorgio dei benedettini verginiani) 48.
        La figura e il culto originario di San Vito fanno parte, più che della storia, della devozione popolare, esplosa e diffusasi enormemente soprattutto nel Medioevo, in virtù degli attributi taumaturgici riconosciuti al Santo (uno dei quattordici Santi Ausiliatori), da invocare per essere protetti dall'epilessia, dalla rabbia, dalla corea o "ballo di San Vito", dal colera, dall'avvelenamento per morso di serpenti, dalle malattie agli occhi, dalla sterilità, dai crampi, dell'incontinenza urinaria, da incidenti nell'attraversamento di guadi, contro i tuoni e i lampi, negli incendi, per la difesa della castità, per la semina e il raccolto. San Vito è patrono di molte confraternite e corporazioni (farmacisti, osti, fabbricanti di pentole, fabbri, birrai, attori, ballerini, sordomuti, soldati).
        A ben vedere si tratta di una devozione che ha radici profonde nella convinzione popolare, così forte soprattutto nel Medioevo, e fino ad oggi in parte ancor viva, che i Santi possano dispensare grazie proteggendo da malanni e sventure.
        E' una devozione che si esprime come esperienza religiosa primitiva, spontanea, bonaria, associandosi anche ad un istintivo bisogno di meditazione e ad una entusiastica manifestazione di festa e di gioia collettiva. A tal proposito, riferendosi al Medioevo, bene osserva Huizinga:" Nel culto de Santi si cristallizzava tutto un tesoro di idee e sentimenti più comuni ed ingenui" 49.
        Sull'origine certa del culto di San Vito in Vallata non esiste documentazione adeguata. Don Gerardo De Paola ha scritto, in proposito: "La devozione a San Vito, in tutto il Meridione trova la sua spiegazione nel fatto che, sotto la persecuzione di Diocleziano, pare sia passato nelle nostre zone, mentre si dirigeva a Roma, suscitando ovunque entusiasmo e fervore religioso; perciò anche Vallata gli dedicò una cappella nell'omonimo casale, formato per lo più da grotte ("Grotte di San Vito") 50.
        Con certezza si sa, invece, che una fiera di San Vito (legata al culto e alla festa in onore del Santo) si teneva dal 14 al 21 giugno autorizzata il 22 marzo 1537 da Carlo d'Aragona.
        Il Sindaco Domenico Netta, a metà del secolo scorso, comunicava il prefetto di Avellino: "Vallata 24 febbraio 1864. Amministrazione comunale di Vallata n. 87. Oggetto: fiere che si celebrano in Vallata. In adempimento alla pregevole circolare a stampa del Regio Prefetto del 10 decorrente, 6 Div. N. 725, mi onoro rassegnare V.S. che in questa Comunità si celebrano due fiere, una sotto il nome di San Vito nei giorni 14 e 15 giugno di ogni anno, l'epoca che ne autorizza le celebrazioni è del 22 marzo 1537 emanato da Carlo d'Aragona, la seconda nel 26 agosto di ogni anno dal 18 febbraio 1854, emanato da Ferdinando II di triste rimembranza" 51.
        "La popolarità" di San Vito in Vallata è testimoniata anche dalla notevole diffusione del nome "Vito", nelle famiglie di tutti gli strati sociali, ma in prevalenza di quelli medio-bassi, accompagnato, spesso, dai nomi "Antonio" (Vito Antonio e Vitantonio), Nicola, Giuseppe, Rocco, Angelo, Michele (al femminile, si trova Vita Maria).
        Negli ultimi decenni, tuttavia, si è registrata una diminuzione del nome "Vito", soprattutto se unito agli altri suddetti nomi 52.
        Due documenti risalenti il primo al 1926 e il secondo al 1927, sono preziose testimonianze della festa di San Vito in Vallata, celebrata secondo un'antica tradizione, che, con alcune modificazioni, si è conservata fino ad oggi. Si tratta, in verità, di due manifesti, testualmente riportati in "Scritti vari" di T.M. Pavese, scrittore e poeta di Vallata (Vallata 1884-1954).
        Nel primo si legge:
        "Gran festa e fiera in onore di San Vito Martire.
        Secondo la sua lodevole consuetudine, e col fervoroso incremento che quest'anno dà la Federazione Cattolica locale, Vallata si accinge ancora una volta a celebrare solennemente la festa del suo antico Patrono San Vito, su una collinetta fuori dell'abitato, tutta tappezzata di verde, sorrisa pure del verde delle campagne circostanti, e dall'ampio panorama dell'Adriatico dei vari paesi, che si vedono occhieggiare qua e là d'intorno, sui resecati culmini dei monti dell'Appennino digradanti in cerchio. Allieterà il pubblico il Concerto Musicale di Rapolla (Potenza), composto di cinquantotto esecutori, diretto dal prof. Aurelio Canelli, allievo dei maestri Caravaglios e G.B. Pinna che, sull'orchestra con illuminazione a gas acetilene della ditta Angelo Capodilupo di San Sossio Baronia, eseguirà musica scelta.
        Il giorno 14 corrente, vigilia della festa, alle ore 16.00, dopo la rituale benedizione dei "panellini" che si mangiano per devozione, perché il Santo protegga dalla rabbia, e che le giovinette portano nei canestri per le vie del paese, avrà luogo l'inaugurazione della fiera, con l'intervento dei componenti dell'Amministrazione comunale, dei sodalizi locali e del resto della cittadinanza.
        Sarà dato un premio di lire cinquanta all'acquirente di animali che conchiuderà in fiera il contratto di maggior valore, superiore a lire cinquecento.
        Nel giorno 15, poi, ricorrenza della festa del glorioso Martire, alle prime ore del mattino, saranno fatti esplodere parecchi mortai e, verso le nove, sarà celebrata una prima messa nella cappella di San Vito, e si procederà alla consueta benedizione degli animali.
        Alle ore dieci sarà celebrata un'ancora più solenne messa cantata nella Chiesa Madre, dove il noto oratore P. Paolino di Casacalenda dei Cappuccini di Montefusco dirà il panegirico a gloria del Santo.
        Seguirà una bella processione, affollata di cittadini e forestieri, ed il Santo sarà portato trionfalmente in giro, accompagnato da tutte le nostre Associazioni, che intervengono in forma ufficiale.
        Durante il percorso, saranno sparati vari fuochi di batteria, mortaretti e colpi in aria. Si celebreranno i rituali vesperi e, alle ore 16.00, vi saranno due corse a premio, una podistica, l'altra nei sacchi. Alle ore 17.00 sarà sorteggiato il palio con diversi utili oggetti.
        Sarà poi svolto uno scelto e vasto programma musicale dal sullodato Concerto, ed, infine, fuochi pirotecnici di valore ed a premio tra i vari concorrenti chiuderanno questa festa in onore del glorioso e leggiadro Martire giovinetto che, tra gli strazi della tortura, a sfida dell'eresia, innalza — come sublime poema lanciato nell'eternità del tempo, attraverso l'immensità dello spazio — il suo canto di osanna a Dio, che non si perde, ma aleggia, vibra, si espande per l'infinito" 53.
        Nel secondo si legge: "Commemorazione di San Vito Martire. Nuovo anno, nuovi propositi. Questa Federazione Uomini Cattolici è venuta nel fermo divisamento di celebrare l'annuale ricorrenza del suo Patrono senza superflua pompa esteriore, ma prevalentemente con carattere di stretta religiosità, anche per uniformarsi alle disposizioni emanate in proposito dalla Sacra Congregazione dei Riti, dalla Curia e dalla Prefettura. Per svolgere, più che mai, un tal programma, essa ha invitato a questo fine il dott. Padre Simpliciano Giordano O.F.M. a tenere, nei giorni 12,14 e 16 giugno un triduo di preparazione eucaristica, oltre i panegirici in onore di S. Antonio e Vito, che avranno luogo il 13 e 15 di detto mese. In tal giorno vi sarà la solita fiera. Né mancherà la rituale benedizione dei piccoli pani, la processione e quanto altro potrà concorrere a ribadire la fede.
        Allieterà il pubblico il Concerto musicale di Anzano degli Irpini, diretto dal maestro Carrozzi. Ma questa Federazione sente di non poter celebrare la ricorrenza con le abituali inutili pompe e con altre dannose spese, pure per obbedire ad un suo imperioso e più urgente dovere. Infatti, l'antica cappella del Patrono suo e degli avi suoi ha avuto bisogno di importanti restauri, perché quasi collabente... La nuova Commissione... invita tutti i cittadini, qui o altrove residenti, a concorrere con i lori generosi contributi all' attuazione di questi benefici propositi che, per essere diretti alla conservazione ed all'incremento della religione, non possono non far meritare le benedizioni e le ricompense divine" 54.
        Nei due manifesti è descritta, con rilievi essenziali, la festa collegata alla fiera. Non è indicato, però, il particolare dei "tre giri" propiziatori intorno alla cappella, in quanto ritenuti, forse, coessenziali al rito della benedizione dei piccoli pani.
        Al centro della festa e della fiera, sempre, c'è stata e c'è tuttora, la piccola cappella plurisecolare dedicata a San Vito sulla collina omonima.
        Non è documentata una data certa della originaria edificazione della cappella; lo stile architettonico è semplice e lineare, con facciata quadrangolare, ingresso rettangolare sormontato da arco che si chiude stretto in alto, due finestre rettangolari alle facciate laterali, un piccolo cerchio in pietra, in alto, nella facciata del tetto a due discese, il campanile laterale di forma cubica con piccola piramide, sul terrazzo, sormontato da un crocifisso.
        Con il restauro iniziato nei primi anni '90, si è scoperto che il tipo di costruzione, nella forma e nel materiale utilizzato (pietre e calce impastate con arena) ci riporta ad un periodo che oscilla tra il XIII e il XV secolo.
        Si è già detto che la fiera, che presuppone l'esistenza della cappella, risale al 1537. Evidentemente la cappella è di edificazione anteriore a questa data.
        Nel campanile sono situati i simboli di San Vito e cioè i cani ed i galletti (questi ultimi ancora oggi sono cresciuti durante l'arco dell'anno per essere donati al Santo il 15 giugno).


Vallata - Chiesa di S. Vito Martire: altare monumentale

        La statua, in una nicchia dell'altare monumentale, anche se non di grande dimensioni, con colonne in marmo che si chiudono a semiarco per far emergere la figura di un Angelo, rappresenta il Santo con calzari "romani", veste verde con stelle d'oro, mantello rosso, corona sulla testa giovanile, collana con medaglione al collo, due cani al guinzaglio accovacciati, alla mano sinistra, un crocifisso alla mano destra. E' uno dei tanti modi di rappresentare il Santo.
        Si sa che l'iconografia varia da regione a regione: i. simboli sono, di volta in volta, croce, palma, e cani; croce, libro e cani; corona, palma e leone; croce e libro.
        In Germania è rappresentato come un giovinetto emergente da una caldaia di olio bollente; nei paesi nordici è rappresentato anche come un gallo, probabilmente come omaggio alla Gallia. In Sicilia è rappresentato come un giovinetto in toga praetexta (allusione, appunto, alla giovane età) con due cani al guinzaglio simbolo del male da vincere. In Lucania è rappresentato come un giovane in abito di centurione romano (combattente per la fede) e con un cane; in Sardegna allo stesso modo, ma con un leone ai piedi (allusione alle torture subite).

       
        In Italia centrale è rappresentato come un nobile patrizio in toga virilis (allusione alla sua nobile origine) e anche in vesti monacali (allusione alla sua consacrazione a Dio) 55.
        La statua resta sempre in cappella, per timore, da tempo immemorabile diffusosi nella popolazione, che il Santo le si rivolti contro, provocando, come vuole la leggenda, tempesta di pietre; pertanto, in processione, è portata una statua a mezzo busto, che si trova, con quella di S. Bartolomeo e S. Antonio, nella Chiesa Madre.

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27) Regesto dell'Archivio di Montevergine, vol VII, cit. voce Montevergine.
       CFR. anche L.A. TRANFAGLIA, Montevergine e la Congregazione verginiana, Ed. del Santuario di Montevergine, 1960, pag. 71.
28) F. ROCCIA, '"Lacedonia sacra. Storia della diocesi, in Vicum" Anno XII, n. 3, sett-dic 2004, pp 99-111.
29) DON GERARDO DE PAOLA, op. cit. pagg. 277-281.
       DONARTURO SAPONARA, "Vestigia di Roma in Vallata e nel suo territorio", tip. Pergola, Avellino, 1975 pagg. 1-2
30) Archivio del Comune di Vallata, Sez. toponomastica, Archivio Vaticano.
       Ralationes ad limina-S. Angeli Lombardorum –1 ° cart., coll. 47.
31) Archivio del Comune di Vallata, sez. uff. tecnico, Toponomastica.
32) Archivio Vaticano, "Relations ad limina ", S. Angeli lombardorum, I° cart., coll. 47.
33) F. UGHELLI, " Italia Sacra"; Venezia 1717-22, XIII, pag. 839.
34) E UGHELLI, op. cit., vol XVI, pag. 109.
35) Archivio Vaticano. "Atti di cerimonia di consacrazione", 31 dicembre 1729.
36) Opuscolo a cura del Comune di Vallata, "Padre rito Michele di Netta". tip. Cautillo, Vallesaccarda, 2001, pagg 1-16.
37) Cfr. M. TROTTA, "Società e cultura contadina nei proverbi di Monte S. Angelo", Foggia, 1982 G. TANCREDI, "Folclore garganico "
       Tip. Armillotto Marino, Manfredonia, 1938, cap XIV-Feste religiose pagg. 175-189. E. PAGLIA, "Mietitori della Baronia" in Vicum, anno II, n. 1, marzo 1984, Tip. Irpina, Lioni, 1984, pagg 88-89.
38) T.M. PAVESE, "Scritti vari", cit. pag. 226-27.
39) Cfr. DON GERARDO DE PAOLA, 'Tino e Mistero", tip. Materdomini, 1994, pagg. 261--263.
40) Cfr. DON GERARDO DE PAOLA, cit. pag. 267.
       Cfr. anche T.M. Pavese, op. cit., pagg. 229-31.
41) San Vito(CA), San Vito al Tagliamento, San Vito al Torre (UD). San vita Chetino (CH), San Vito dei Normanni (BR), San vito di Cadore (BL), San vito di Magagna (UD), San vito di Leguzzano (VI), San Vito lo Capo (TP), San Vito Romano (RM), San tinto sullo Ionio (CZ).
42) Contrade "San Vito" nei seguenti Comuni: Ariano Irpino, Caposele, Flumeri, Sant'Angelo dei Lombardi, Torella dei Lombardi, Trevico.
       La cappella di San Vito in contrada rurale di Flumeri forse risale al 1500 ed è di poco posteriore, forse, a quella di Vallata, rispetto alla quale è, tuttavia, più "rustica" e più piccola.
43) D. IANNECI, "Il libro di San Vito, Storie leggenda e culto di un santo medioevale", Ed. Ofanto, Salerno, 2000, pagg. 9-33.
       Cfr. ENCICLOPEDIA CATTOLICA, Sansoni, Firenze, 1954 agg.
       GRANDE DIZIONARIO SANTI ILLUSTRATO, Piemme, Casale Monferrato, 1990
       IL GRANDE LIBRO DEI SANTI. Dizionario enciclopedico, San Paolo, Milano, 1999
44) G. TARANTINO (a cura di), Eboli. "Alla scoperta della città antica" , Eboli, 1989,pag 72
       CFR. anche G. CRISCI-A. COMPAGNA. "Salerno Sacra", Salerno, 1962, pag. 236 sg.
44) G. CRISCI-A. COMPAGNA, op. cit., pag. 246
46) G. PARAGGIO. "Antichi luoghi del culto, chiesette, cappelle e conventi del Salernitano", Ed. Agire, Eboli, 1993, pag. 223.
47) V DE DONATO. "San Vito Martire protettore di Polignano a Mare", a cura di V Benedetti, Levante editori, Bari, 1993, pag. 27.
48) G. MONGELLI, Archivio di Montevergine, Regesto, vol. VII, "Montevergine, "chiese e monasteri " pag. 80
49) H. HUIZANGA. "l' AUTUNNO DEL Medioevo", Sansoni, Firenze, 1978, pag. 228.
50) DON GERARDO DE PAOLA, "Vallata, rassegna storico-civile-religiosa", cit. pag. 70.
51) Prefettura di Avellino, Archivio, Affari generali, vol. 46, fascio 2671268, tab. Istituzione, al 1864, di fiere.
       CFR. S. MELINO. "Fiere a Calitri e nel circondario"; in "Vicum " anno VII, n. 4, dic. 1990, pag. 134.
52) Dati anagrafici del Comune di Vallata.
54) Manifesto del giugno 1927, in T.M. PAVESE, op. cit., pagg. 142-143.
55) Cfr. DI GIROLAMO CRISPINO. "San Vito Martire, ed. "Il pozzo di Giacobbe", Trapani, 2000, pagg. 5-55

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