Il Fiero Popolo di Vallata - A Padron

"A Padron"

Un tempo, tante famiglie del mio paese erano numerose e, spesso, ad alcune mancava l’indispensabile, cioè quel tozzo di pane, per sfamare i propri figli. Per questo, capitava, non di rado che, appena questi ultimi diventavano grandicelli, età compresa tra i dieci e i tredici anni, i genitori li mandavano "a padròn' ", presso un ricco proprietario terriero, per guadagnarsi da mangiare. Il lavoro del ragazzo, che andava "a padròn'" era, per lo più, quello di pascolare le pecore, di pulire le stalle, di andare dietro ai mietitori quando si mieteva, di aiutare nella semina, portando i sacchi di grano o di concimi da spargere. In cambio, alla fine dell'anno, la famiglia del ragazzo riceveva un po’ di grano, un po’ di lana e un po’ di formaggio, o altri generi alimentari. Il ragazzo, al mattino, si alzava presto: spesso, all’alba, cominciava la sua giornata, nell’aiutare a mungere le pecore, a pulire la stalla e poi, con un pezzo di pane e una bottiglia di acqua, menava a pascolo le pecore. Mentre le pecore pascolavano, doveva stare attento e controllare che non si allontanassero, andando a pascolare sul terreno di un altro proprietario. Prima di ritirarsi, doveva controllare che le pecore fossero tutte. Se, accidentalmente, una pecora si rompeva una zampa, il ragazzo prendeva della corteccia d’albero e la metteva intorno ad essa, legandola con uno spago o un ramoscello sottile. Tutti i giorni, d’inverno e d’estate, per forza di cose, era costretto a svolgere il proprio lavoro sotto la pioggia, al vento, al freddo e al caldo. Quando faceva freddo, si copriva "cu lu pr’zzon’ ", una specie di giaccone fatto di pelle di pecora.

Angela De Cicco

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