Il Fiero Popolo di Vallata - Lu spaccapret e lu scalp'llin

"Lu Spaccapret e lu Scalp'llin"’

Le poche strade provinciali e comunali, che c‘erano in un paese, fino agli anni Cinquanta erano in terra battuta e, per evitare la formazione di fango, di pozzanghere, ma anche di polvere, venivano tutte imbrecciate. Ai lati di queste strade, si depositavano mucchi di pietre spaccate, di varia grandezza che servivano per ricoprire le strade e per chiudere i fossi. Lo spaccapietre aveva il compito di rompere le pietre: era seduto su un cuscino di stracci, con le gambe divaricate e con un apposito martello spaccava le pietre, riducendole alle dimensioni prestabilite. Il lavoro era pagato "a giornata, o "a cottimo", e le pietre spaccate erano misurate in metri cubi. Lo spaccapietre, per guadagnare di più, doveva lavorare dalla mattina alla sera, curvo sotto il sole. Lo "scalpelIino" era quello che lavorava le grosse pietre, qualche volta, il marmo, per fare portali. scalinate, contenitori per l’olio, "r’ pil’ ", contenitori per dare da mangiare ai maiali"li havitt' ", o per abbeverare le galline. Inoltre, lavorava pietre da squadrare, per angoli di muri, per balconi, per ringhiere, per pavimentazioni, per tombe e lapidi. Il lavoro veniva effettuato su ordinazione ed era pattuito e pagato, di volta in volta, da committenti privati. Era molto faticoso svolgere questo mestiere, perché veniva praticato all’aperto e, pertanto, soggetto alle varie condizioni atmosferiche. Gli arnesi del mestiere erano: scalpelli di diverse misure e forme, martelli di varie grandezze per rompere, spaccare le pietre e rendere i lavori a buccia d’arancio.

"Lu scalp ‘llin' "
Filastrocca

Pòver’ scalp‘llin’ tic, tic,
sémp’ pòv’ro e màje ricc’!
Cu’ lu puntìll’ e lu scalpìll’
fra lu risc’tòne e r’ d’tèll’
stozza, alliscia e martella!
Vàtt’ e vàtt’ e nun s‘arrènn’,
càccia vàsil’e lavagn’
pi’tre cìcc' e ròij’ castagn’!
‘Stu scalp‘llìn’ addritt’addrìtt’
sèmp’pov‘r e maij’ ricc’!

Gerardo Crincoli

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