Il Fiero Popolo di Vallata - La Condizione di Vedovanza

La Condizione di Vedovanza

Alla donna ancora giovane, a cui moriva il marito, era riservata una "sorte amara", una "condanna sociale", che comportava per la sfortunata, la rigorosa pratica di comportamenti pubblici e privati. Per prima cosa, il "Lutto", l'obbligo di vestire di nero, per due anni. La vedova era tenuta ad osservare una "liturgia ipocrita": portare i capelli annodati sulla nuca e coperti da un fazzoletto nero; recarsi al Cimitero, una volta a settimana, con le donne del parentado, per emettere disperati pianti, sulla tomba del congiunto; non uscire di casa, se non accompagnata da madri e cognate; camminare per strada, con la testa bassa evitando il saluto alle persone. In casa, a prima sera, doveva evitare di accendere il solito lume a petrolio, ma accontentarsi del lieve chiarore, che emanava la misera lucerna ad olio. Quando la poveretta conviveva in casa, con i genitori del defunto marito, era costantemente sorvegliata, nei movimenti e nelle azioni, dalla suocera. Nel caso in cui la giovane aveva da accudire un bimbo o una bimba, le toccava subire la continua ingerenza dei nonni, nella valutazione delle possibili scelte. Una diversa e più umana condizione di vivibilità poteva derivare a quella vedova, che assumeva l'ostinata determinazione di tornare a vivere, nella casa dei suoi legittimi genitori. Per le donne vedove, appartenenti a ceti sociali elevati e benestanti, a volte, poteva accadere che si riposassero ed iniziassero una nuova vita familiare.

Carmen Cicchetti e Francesca Vella

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