Emilio Paglia - LAMPAMI E TRE - Ronn’ Aurelio

Ronn’ Aurelio
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        È viva nella mia memoria la spiccata personalità di ronn' Aurelio Ferrara. Questi, da giovane, era impiegato all'anagrafe, ma l'importanza della sua figura incuteva una soggezione particolare. Era presente al lavoro, fin troppo tranquillo, ma le "scartoffie" come le chiamava lui, non costituivano suo interesse, per cui le istruiva a tempo perso: tant'è che anche la registrazione anagrafica della mia nascita avvenne con tre giorni di ritardo.
        Ronn' Aurelio era il personaggio più illustre del paese per la sua ricercata eleganza quasi ottocentesca da galantuomo: sempre vestito di scuro, colletto alto e rigido con papillon, scarpe sempre lucide e protette da ghette.
        Di persona fisicamente eretta, anche in età avanzata non usò mai il bastone. Il sigaro toscano era sempre sulla sua bocca anche spento. Andava bene il dirimpettaio della sua abitazione Francisch' lu furnar', altro accanito fumatore di pipa corta, con tutti i mozziconi di sigari che ronn'Aurelio gli metteva da parte.
        Con altri ragazzini, da incoscienti, non mettemmo in conto il male che poteva derivare da uno scherzo maldestro che architettammo ai suoi danni al rientro giornaliero a casa a chiusura dell'Ufficio.

Trevico: foto invernale del tiglio secolare (foto Italo Mustone)


        C'era neve sul selciato e noi, in discesa, davanti al tiglio secolare, preparammo uno scivolo formando una lastra di ghiaccio che coprimmo con neve fresca alcuni minuti prima della chiusura del Municipio.
        Eccolo ronn'Aurelio, diritto come un fuso, sigaro in bocca e mani dietro la schiena che si appressava al tiglio mentre noi eravamo nascosti, ma a vista per goderci la scena.
        Finalmente lo spettacolo atteso: ronn' Aurelio giù col dorso sul ghiaccio e noi spariti. Fu soccorso senza gravi conseguenze. Da giovane ronn' Aurelio aveva trascorso il periodo degli studi a Napoli, ospite del fratello Nicola che era primario e chirurgo nell'Ospedale degli Incurabili: il comune di Trevico gli ha dedicato la piazza antistante la chiesa madre.
        Da Napoli ronn'Aurelio aveva riportato molto del linguaggio popolare e l'usava specialmente nelle espressioni rilevanti o colorite. Dal fratello maggiore ereditò beni che gli permisero di condurre vita galante per un lungo periodo. Il suo ritrovo napoletano era il gran caffè "Caflisch" frequentato da gente importante e ricca.
        Qui, ronn' Aurelio ostentava galanteria per la prodigalità delle mance ai camerieri dai quali, a volte, si faceva accendere il sigaro con biglietti da cinque lire in tempi in cui si contavano i centesimi.
        Rientrato a Trevico e sposato con donna Richetta, nobildonna di casato, continuò con le galanterie e ricevimenti nell'accogliente e spaziosissimo salone-veranda del palazzo ed egli allietava le feste esibendosi in romanze e canzonette napoletane.
        Nel periodo che precedette la seconda guerra mondiale, Trevico fu paese di confino politico e vi capitò un capitano medico accompagnato per lungo periodo dalla sua bellissima figlia.
        Noi studenti di scuola superiore o universitaria convincemmo ronn' Aurelio a fare omaggio di una serenata alla signorina Civa. Ci recammo, così, sotto la finestra dell'allora "Albergo del trionfo" ove avevano trovato alloggio decente e qui ronn' Aurelio intonò una bella romanza. Fummo poi ricevuti in albergo e ronn' Aurelio mostrò tutta la sua galanteria compreso il baciamano alla signorina non usa a tale omaggio.
        Nelle belle giornate ronn' Aurelio era spesso seduto sul gradino d'ingresso della sua abitazione di via Roma, a poca distanza da Port'Alba, con la sedia girata di spalliera per appoggiare il braccio e girare e rigirare il suo sigaro sempre a portata di bocca, e qui ricevere il saluto rispettoso dei passanti.
        Quando il figlio, ronn' Antonio, in età di godere come erede universale dei beni lasciati dallo zio Nicola (secondo un'antica consuetudine che lasciava tutti i beni al primogenito maschio), si sposò con una insegnante di Napoli, costei, non usa alla vita di paese, convinse il marito a trasferirsi a Napoli. E qui aveva bisogno di una casa agiata e ronn' Antonio, d'accordo col padre, cominciò a disfarsi di molta proprietà terriera in zona di Vallesaccarda ma principalmente vendette la parte del palazzo, lato sud, senza interpellare il cognato notaio Vittorio Montieri che l'avrebbe comprato anche perché la proprietà restava in famiglia. Il sotterfugio o meglio, inganno, come fu interpretato, causò la rottura degli stretti rapporti familiari, e, una delle volte che il genero col suo largo mantello a ruota, proprio da notaio, passò davanti al portone tirando dritto, senza saluto, ronn' Aurelio si alzò di scatto dalla sedia e, togliendosi il sigaro di bocca con largo gesto delle braccia gli gridò dietro:
        "O vì lò! Mo' passa Napolion'! Ma numm'caco cazz!"
        (Vedetelo! Adesso passa Napoleone! Ma............)

Trevico: Port'Alba - sec. XVI - a lato Palazzo di Ferrara

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