Emilio Paglia - LAMPAMI E TRE - Ela

Ela
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        Trevico, nel periodo fra le due guerre mondiali, è stato un paesino di emigranti nel campo artigianale e, in quello della dittatura fascista, un luogo di confinati politici.
        In zona montagnosa la terra è avara di coltivazioni produttive peggiorate da sempre dal sistema affittuario di pochi proprietari terrieri e tante famiglie contadine che si disputavano il terreno coltivabile sottostando alle condizioni del signore del terreno che imponeva il tantum per ogni ettaro o "tomolo" di terra.
        Il contadino, pane di grano non poteva permetterselo per sfamare la famiglia. L'artigianato era in esubero di forze lavorative e l'unica strada da percorrere era l'avventura da tentare nelle terre americane che richiedevano lavoranti con mestieri qualificati.
        Nella mia famiglia due fratelli hanno potuto realizzare le loro aspirazioni negli USA con un lavoro di oreficeria per uno e sartoria per l'altro. Era il tempo della famosa canzone " ... Part 'n e bast'mient' p' terr' assai luntan'……" (partono i bastimenti per terre assai lontane).
        Ogni regola ha la sua eccezione: un "immigrato" giunse a Trevico, in tal periodo, proveniente da Ascoli Piceno:
Romeo Valentini, vedovo con due figlie, Ela e Nina. Egli fu invitato dal maggiore dell'esercito Pasquale Calabrese, per costruire una cappella cimiteriale in granito che solo un operaio specializzato poteva realizzare.
        Una delle figlie, Ela, era esperta nel campo della sartoria e presto mise in opera la sua abilità lavorativa. In paese si era soliti farsi confezionare vestiti ed altra biancheria da sarte di scarso mestiere e, chi poteva permetterselo, si procurava in città capi di buona fattura.
        Neppure in altri paesi della Baronia esistevano sartorie attrezzate con lavoranti, perciò ci si accontentava di quel che il povero artigianato del posto poteva offrire. Ela dette uno scossone all'artigianato femminile: nella sua abitazione attrezzò una sartoria in cui oltre alla sorella Nina accoglieva giovani ragazze che desideravano apprendere l'arte del cucire. Le commissioni di lavoro, però, erano poco richieste anche perché c'era l'abitudine che l'artigiano andava in casa dove era periodicamente chiamato per le necessità di cucito di tutta la famiglia.
        Ela dovette sottostare a queste regole che non potevano essere cambiate da un giorno all'altro.
        Puntualmente, previo lavoro richiesto, Ela si recava con un paio di "discepole" nelle case come da intesa orale per il tempo approssimativo e il costo del lavoro a giornate con vitto e alloggio.
        E non era una cosa facile in mancanza di mezzi idonei di trasporto perché la sartoria si doveva spostare in casa dei richiedenti: per primo, la macchina da cucire, smontata fra braccio e mobile con pedaliera, poi tutta l'attrezzatura richiesta per l'esecuzione dei lavori. Se la richiesta era in paese, il tutto si trasportava a braccia, invece in posti di campagna, l'asino sdebitava la maggior parte del peso e in paesi vicini si provvedeva con mezzi di fortuna come carretti ed altro.
        Per Ela esisteva, per primo, il lavoro. Bella di presenza e di gentilezza espansiva da essere accolta con amore nelle famiglie specialmente nei paesi della Baronia ove prestava la sua opera per settimane con trattamento soddisfacente anche di pagamento in contanti cosa che avveniva in Trevico ma non negli ambienti rurali ove c'era il "disobbligo" principalmente in derrate alimentari.
        Altra prerogativa a vantaggio di Ela: parlava un buon italiano appreso negli anni trascorsi in Ascoli Piceno e questo per le "discepole" rappresentava un ulteriore motivo d'insegnamento.

Trevico, 8 settembre 1924 – Incoronazione della Madonna della Libera

        Il lavoro che per Ela era motivo di orgoglio essendo anche creatrice di modelli, veniva portato avanti con spirito allegro cantando qualche canzone in voga o qualche "aria" romantica. Poteva farlo perché aveva una voce invidiabile per dolcezza e tonalità espressiva.
        In occasione dell'incoronazione della Madonna della Libera — l'8 settembre 1924 — che avvenne in modo solenne in presenza di tre vescovi concelebranti, Ela cantò l'inno composto dal N.H. Michele Cuoco, la cui moglie, N.D. Giulia Ferrara, fece dono della corona d'oro tempestata di pietre preziose. La santa messa, svoltasi sulla piazza antistante la chiesa per contenere la popolazione, fu celebrata dall'ex generale d'armata Fusco, di Trevico, che aveva preso i voti monastici dopo la prima guerra mondiale.
        Ela, a 94 anni, vive in condizioni di accettabile salute con mente lucida e spirito sereno, grazie alla Provvidenza cui si è sempre rifugiata fiduciosa.

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