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Mammarella
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        Ancor prima della seconda guerra mondiale, nell'ambiente familiare, specialmente rurale, la condizione della donna era di assoluta sottomissione all'uomo, anche se portava, com'era consuetudine, una dote che i genitori davano per regalo di nozze.
        Una volta sposa, le piovevano addosso grosse responsabilità: la cura della casa, allevare i figli ad iniziare dall'allattamento al seno, lavare la biancheria di casa nei pubblici lavatoi, il più delle volte raggiungibili a fatica con la cesta sistemata in testa con la spara (pezzo di stoffa arrotolato e posto sulla testa per sorreggere meglio i carichi), curare il mangiare per la famiglia o da portare, pure in testa dentro una cesta, sul posto di lavoro in campagna.
        Più difficile era la convivenza con nonni, suoceri e cognati: una vita patriarcale, in cui l'ultima parola era sentenziata dal suocero.
        A "mammarella", madre dello sposo, il compito di dispensare consigli e comportamenti, specialmente in occasione di nozze.
        Marietta Di Marco, tornata in paese dopo circa cinquant'anni passati col marito, Franco La Salvia, negli USA, si divertiva a raccontare scenette facete di vita quotidiana: fra queste, una capitata ad un giovane sposino nella prima notte di nozze.
        Una "mammarella" prese il figliolo in disparte e, all'orecchio gli sussurrò: "Uagliò, quann' abbrazz' la sposa i' vatt' li cupierch' e tu t' n' vai a lu suon’”
        (Ragazzo, quando abbracci la sposa io batto i coperchi e tu segui il suono)
        Solo un divisorio precario divideva le stanze e, al segnale convenuto del colpetto di tosse, ebbe inizio il concerto dei coperchi con un ritmo andante all'inizio e nel prosieguo piuttosto allegro.... ma nel finale, piuttosto mosso, si udì la voce affannata dello sposino:
        "Mammarè, chiù svelta cu li cupierch'!”
        ("Mammarè" più svelta con i coperchi!)

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