Emilio Paglia - LAMPAMI E TRE - Pantaleone

Pantaleone
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        Ancor oggi non so quando è scomparso dalla scena né da dove e come fosse capitato a Vallata.
        Con un po' di fantasia fisso l'immagine sul suo viso sempre aperto al sorriso, sulla sua ammirata eleganza, sul suo modo d'agire inusuale in un paese.
        Il suo portamento ben si addiceva alla professionalità d'un pasticciere. Pantaleone non aveva un'azienda attrezzata: una botteguccia col necessario esposto in generi di confetteria e liquori, fra cui il rosolio e l'anisetta che personalmente preparava come torte e dolci su ordinazione.
        Egli era unico nella Baronia, a cavallo degli anni '30-'40, ad esercitare tal mestiere. Pantaleone compariva in sala e attirava l'attenzione facendosi ammirare nel portamento elegante: capelli tirati con brillantina, camicia da cerimonia con papillon, frac e scarpe di pelle lucida. Sempre con fare cerimonioso distribuiva dolciumi e liquori durante l'intrattenimento.
        In tempi in cui la povertà era diffusa, peggiorata dal periodo bellico con la tessera annonaria, per i ragazzini una caramella era una ghiottoneria, per cui, quando arrivava Pantaleone, chiamato nelle case in occasioni di lieti eventi, per loro, abituati allo stretto necessario, era una grande festa. Il razionamento dello zucchero impediva alle massaie, anche in case abbienti, di preparare ciambelle o torte e Pantaleone offriva occasione di dimenticare tali ristrettezze.
        Doveva procurarsi la materia prima del suo mestiere: lo zucchero, scomparso dalla libera vendita e anch'egli si arrangiava coi sotterfugi che offriva il contrabbando per trovarsi agli appuntamenti convenuti, principalmente di matrimoni.
        Nelle masserie questi venivano celebrati nella mattinata con tanto di corteo che giungeva in chiesa e tutti a piedi per vie mulattiere ad eccezione della sposa su cavalcatura per non sciupare il bianco vestito lungo.
        A fine cerimonia, ritorno alla masseria con la stessa "carrozza 'r lu scarpar'" al banchetto preparato da esperte in appetitosi piatti tradizionali e genuini in barba alle tessere del razionamento.
        In paese, tranne pochi casi di banchetti familiari, le feste di nozze venivano celebrate nel pomeriggio con ricevimento nella casa dello sposo. Ed ecco il protagonista della festa, Pantaleone, ben organizzato fra guantiere (vassoi) capaci, bicchierini, dolci allineati nelle apposite cassettone e confetti.
        Prima attenzione: sistemare i bambini vicino ai parenti e quelli che d'abitudine si presentavano senza invito in separata sede.
        Gli invitati erano ricevuti nelle stanze disponibili e, quando lo spazio lasciava a desiderare, venivano aggiunte altre file di sedie, lasciando appena il passaggio per l'aiutante di Pantaleone che reggeva la pesante guantiera di dolci e lui, il "mastro di festa", con l'apposita pinza ad infilare una dopo l'altra le paste che venivano ricevute in un fazzolettino tenuto disteso nel palmo della mano.
        Seguivano poi, ad intervalli, fra passate di rosolio ed anisetta, altre portate di dolci più piccoli e con vari colori di naspro.
        Infine la sposa, coadiuvata dallo sposo che reggeva una zuppiera di vetro, distribuiva con un cucchiaio d'argento, fornito dal pasticciere, i confetti nuziali.
        Nel protrarsi della festa venivano offerti taralli fatti in casa e paste secche con bicchieri di vino mentre due suonatori di chitarra e mandolino allietavano le danze, aperte dagli sposi, con valzer, mazurche e polche.
        Pantaleone per noi ragazzi del tempo, fu il "Napoleone" delle imprese di pasticceria.


Vallesaccarda m. 650(AV) - Chiesa Madre

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