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Pasqualin’ r’ Unnella
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        La montagna trevicana, nella parte alta in cui è situato il paese, è formata di nuda roccia.
        Chi costruiva case, specialmente nella parte orientale, doveva impiegare valide braccia e perizia per smantellare la roccia a picconate, in mancanza di mezzi meccanici.
        Pasqualin' r' Unnella era il più adatto a questo pesante lavoro. Dov'era chiamato a giornate lavorative, godeva di un super vitto richiesto proprio per le calorie da recuperare.
        Un brutto giorno, per lui, fu la chiamata alle armi, arruolato nel corpo degli alpini, impiegato poi sul fronte russo.
        Dei centomila male armati e peggio equipaggiati solo un piccolo numero riuscì a rivedere la Patria dopo un'interminabile marcia, in ritirata, nel gelo invernale delle sconfinate terre russe.
        Pasqualin' rivide il suo paese e riassaporò il calore della sua famiglia, ma la salute, invidiata, l'aveva irrimediabilmente minata la guerra.
        Egli, però, non perdette del tutto il buonumore che lo accompagnò negli anni di vita purtroppo abbreviata.
        In occasione di una sfornata di castagne, in tempo autunnale, trovandosi a quella scena, anch'egli disse la sua all'indirizzo di "Rusina la furnara".
        Ella curava la cottura delle castagne a 'n zert' (collane) che venivano appese a delle pertiche situate nel forno per l'occasione, subito dopo la sfornata del pane.
        Rusina penetrava dalla larga bocca del forno alimentato da sotto con frascame e ginestre secche, stringendo la lunga veste fra le gambe onde evitare la forte calura che saliva dalle pietre focaie, ma, nel tragitto, il più sbrigativo possibile, si scioglieva restando così senza protezione in assenza di biancheria intima non usa a quei tempi per gran parte di donne.
        E qui le battute scherzose si sprecavano. Anche Pasqualin' gliene gridò una:
        "Rusì attenta alla "baffiera"!"

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