Emilio Paglia - LAMPAMI E TRE - Lu pullitr’(il puledro)

Lu pullitr’
(il puledro).
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        Era così meglio conosciuto, per soprannome, Euplio La Ferrara, tornato da turista al suo paese natio, Trevico, dagli USA dopo circa 50 anni.
        Era partito, sprovveduto di mestiere ed analfabeta, in cerca di fortuna: dopo alterne esperienze si orientò ad esercitare il mestiere dell'arrotino, in proprio, servendo negozi alimentari e macellerie in loco. Con sudore e risparmi, finalmente in pensione, potè permettersi il primo viaggio per rivedere le sue radici italiane. Al paese gli rimaneva in proprietà la vecchia casetta ereditata che egli fece restaurare facendone poi dono alla Congrega dell'Addolorata (è visibile, su targa in marmo, l'iscrizione della donazione).
        Fu ospitato in casa da mio padre come parente anche se alla lontana, e qui espresse il desiderio d'essere accompagnato da qualcuno di famiglia per un lungo giro nelle città italiane: io ero in vacanza estiva e fui ben disponibile a fargli da guida.
        Eravamo nel 1950, dopo l'ultima sofferta guerra, e il dollaro aveva un'alta quotazione per cui sceglievo alberghi e ristoranti di super lusso e le giornate trascorrevano in visite a pinacoteche, gallerie d'arte ed altre occupazioni culturali principalmente di mio interesse.
        Zi Ep'lucc' ascoltava con orecchio distratto le guide e per disinteresse e perché non afferrava bene la lingua italiana, dal momento che gli era rimasto il ricordo del solo dialetto.
        Nel prosieguo del giro toccammo Brescia e casa di mio fratello Angelo che ci accolse bene e, nella giornata seguente, facemmo una gita a Gardone Riviera per visitare il Vittoriale.
        All'ora di pranzo finimmo logicamente al Grand Hotel. Prima però che prendessimo posto nella lussuosa sala del ristorante, in disparte, mio fratello, che era accompagnato dalla moglie Ida, mi sussurrò all'orecchio:
        "Fratiè s' nun paga lu Pullitr', paghi tu!"
        (Fratello se non paga il "pullitr" paghi tu!)
        Il lauto e prelibato pranzo fu servito da quattro camerieri che si alternavano nelle specifiche mansioni, ma io, sopraffatto dal pensiero del conto, non riuscii a gustare bene il tutto.
        E venne il momento del conto che il maître presentò piegato in un piatto proprio a mio fratello, che, sconcertato e quasi in atto di mettere mano al portafoglio, mi lanciò un'occhiataccia.
        Con improvviso guizzo scattai in piedi nella pantomima di toglierlo dall'imbarazzo e con una mano sul petto di mio fratello, lo rimproverai, mentre con l'altra afferravo il piatto per cambiarlo di posto:
        "Questa scortesia non devi permettertela! Vorresti offendere zi Ep'lucc'?"
        E il conto venne saldato in dollari con lauta mancia!

Casa donata da Euplio La Ferrara
alla Congrega dell'Addolorata

(foto Italo Mustone)

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