- Profili architettonici nella storia dei manufatti edilizi a Vallata. - Tesi di laurea di Moriello Antonella

Dalle vie della transumanza alla viabilità romana in Irpinia.

    Le strade, in ogni tempo ed in ogni luogo, si sono sempre rivelate di fondamentale importanza per il progresso e lo sviluppo di una civiltà. Non a caso la storia, la cultura e l’economia di un popolo sono fatte di un continuo avvicendarsi di contatti umani.
    L’Irpinia dal punto di vista geografico è il naturale collegamento tra il Tirreno e l’Adriatico lungo l’asse trasversale est-ovest, e tra le regioni centro-meridionali lungo la direttrice longitudinale nord-sud1. Per questa sua particolare caratteristica, soprattutto nell’antichità, divenne un nodo stradale nel quale confluivano e dal quale si diramavano importanti vie di comunicazione. Il territorio irpino, aspro ed impervio, in età arcaica era per gran parte ricoperto da una fitta e ricca vegetazione; tali caratteristiche geomorfologiche hanno creato un forte impedimento allo sviluppo di una pur modesta rete viaria. E’ molto probabile, quindi, la quasi totale assenza di strade di collegamento tra i pochi villaggi esistenti. Fu solo grazie all’affermarsi della pastorizia transumante nell’economia dei popoli dell’Italia centro-meridionale che si andarono disegnando sul terreno le prime vie di comunicazione: i tratturi. In ambiente collinare e montano gli itinerari seguivano molto probabilmente le linee di cresta; si otteneva così un facile orientamento per l’ampia visuale, si evitava di superare fiumi, fossi e depressioni. Ove era possibile i tracciati si snodavano comodamente lungo il fondo delle valli, parallelamente ai corsi d’acqua; il vantaggio era quello di percorrere la via più agevole, di avere abbondanza di pascoli e di acqua per gli animali. L’asse principale che collegava i territori sanniti del nord e le pianure orientali della Daunia, era il tracciato che sarà noto in epoca medievale e moderna come il tratturo Pescasseroli-Candela, il quale, provenendo da Saepinum, passava tangente all’ansa del Tammaro, piegava verso est ed entrava in Irpinia, dove attraversava Casalbore per raggiungere l’importante centro di Aequum Tuticum.Qui si volgeva verso sud, e, attraversato tre volte il fiume Cervaro ed una volta il Calaggio, piegava nuovamente verso est, e raggiungeva finalmente Candela.
    L’esame dei tratturi permette di affermare che per molti tratti le strade romane riprendevano proprio le antiche vie della transumanza: il tratturo L’Aquila-Foggia coincide per un tratto con la via Claudia Nuova, così come la via Herculea sembra ricalcare le tracce del tratturo Pescasseroli-Candela.
    L’Irpinia, nonostante la sua natura aspra e montuosa, era attraversata da tre strade di grande comunicazione. La via Appia da Roma e per Capuae arrivava a Benevento dove si divideva in due rami: il primo proseguiva verso sud-est per Aeclanum, Aquilonia (Lacedonia), Venusia (Venosa), e da qui a Taranto e Brindisi; il secondo ramo, la via Appia-Traiana, puntava verso la piana pugliese attraverso Aequum Tuticum e poi terminava a Brindisi dopo aver costeggiato l’Adriatico. La terza strada, proveniente dall’Abruzzo, si snodava lungo la dorsale appenninica e attraversando Aequum Tuticum e Venosa giungeva in Calabria.
    I recenti ritrovamenti archeologici in località Fioccaglia di Flumeri2 e nella zona di Carife inducono una rilettura del territorio che spingono ad ipotizzare un percorso della via Appia attraverso la valle dell’Ufita, secondo cui, uscendo da Aeclanum, la via antica, continuando a ricalcare la strada statale 90 delle Puglie, si dirigeva verso l’attuale Grottaminarda. Successivamente raggiungeva Fioccaglia, località molto vicina alle Doganelle (fraz. di Flumeri), importante snodo delle vie transumanti. Da questo punto in avanti la via proseguiva costeggiando il fiume Ufita e ricalcando un tratturo tuttora in parte riconoscibile. L’esistenza di questo tracciato troverebbe conferma nella presenza dei resti di un ponte romano sull’Ufita. Gli storici sono concordi nell’affermare che attraverso tale ponte doveva passare un diverticolo della via antica che saliva verso il luogo della Mefite3. Questa teoria trova conferma nel fatto che poco oltre, nell’attuale territorio di Carife, esisteva un tratturo già frequentato in epoca preromana lungo il quale sono state rinvenute tombe sannitiche. Secondo la gente del posto attraverso tale via si conducevano le greggi alla valle d’Ansanto per beneficiare dell’azione disinfettante delle acque sulfuree4.
    Poco oltre questi luoghi la strada doveva lasciare il fondovalle dell’Ufita per cominciare la salita verso Lacedonia, raggiungendo la cresta a Bisaccia Nuova passando per Sferracavallo (fraz. di Vallata) e per Oscata. Qui si congiungeva con il primo tratto della regina viarum, il quale, proveniente anch’esso da Aeclanum, passava per Fontanarosa, Gesualdo, Frigento, e ricalcando approssimativamente l’attuale statale 303 del Formicoso passava a poche centinaia di metri dalla mefite (Rocca San Felice).
    Tra Bisaccia e Lacedonia sulla via Appia doveva innestarsi la via Herculea, la quale sembra anch’essa ricalcare il tratturo Pescasseroli-Candela. E’ ipotizzabile un percorso che da Aequum Tuticum, dirigendo verso la valle Cervaro e sfiorando Monteleone di Puglia e Anzano, raggiungeva il territorio di Scampitella per poi salire verso Bisaccia.

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1 Cfr.Flammia P., “La viabilità romana in Irpinia”, in Vicum, n.4, anno XXIII, dicembre 2005
2 Nel 1986 durante i lavori per la realizzazione del metanodotto, sono stati rinvenuti i resti di un importante centro urbano di epoca romana dell’estensione di circa 12 ettari.
3 Cfr. SANTOLI V. M., La Mefite nella Valle d’Ansanto, Rocca San Felice 1991
4 Nell’antichità i filosofi e poeti, tra i quali Plinio il Vecchio, Seneca, , si sono soffermati sugli aspetti mitici di questa località: Dante qui vi pose le porte dell’Inferno, mentre Virgilio la cita nel VII canto della sua Eneide.

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