Vallata - brevi cenni storici -
Cap. VI
Chiesa Madre. Cuore e Cervello di Vallata.

      Il popolo vallatele, da tempo immemorabile, usa chiamare la Chiesa Parrocchiale, dedicata a S. Bartolomeo Ap., "Chiesa Madre", non solo per la sua importanza rispetto alle altre, ma anche perché, come unica chiesa parrocchiale del paese, è stata la Madre, che ha generato tutti alla vita soprannaturale della grazia.
      Dalla nostra rievocazione storica, abbiamo poi scoperto che, realmente tale chiesa è stata per Vallata una "Mamma" premurosa, impegnata ad aiutare i suoi figli nella loro maturazione religiosa e morale, sociale e culturale, e pronta ad offrire ad essi un materno rifugio, nei momenti più cruciali della loro storia.
      Pertanto, come ad ogni figlio interessa sapere notizie della mamma, così anche noi, a conclusione di questo nostro lavoro di ricerca, cerchiamo di elaborare una sintesi "biografica" di questa nostra Mamma comune.
      Durante l'opera di ricostruzione della chiesa, in seguito al terremoto del 1962, che ha richiesto l'abbattimento di buona parte di essa, è risultato evidente come la chiesa sia stata ampliata e ristrutturata in epoche diverse, a seconda delle vicissitudini telluriche e storiche, e delle esigenze demografiche.
      Una delle parti più antiche della Chiesa, se non la parte più antica, doveva essere costituita dall'attuale cripta, dove è stato ritrovato un cippo con una sola faccia scoperta (di cm. 70 x 40), riportante una iscrizione funeraria.
      Il cippo si trova inglobato nel pilastro centrale, da cui anticamente partivano varie .arcate (ridotte ora a due), e doveva formare, insieme ad altre pietre simili, la larga base del pilastro di appoggio delle arcate.


      Putroppo, anche nell'ultimo intervento di ristrutturazione, per ragione di statica non è stato possibile scavare alla base di questo pilastro, per scoprire altri particolari interessanti.
      L'iscrizione latina ha chiari elementi d'influsso romano, soprattutto per i nomi e prenomi, sicuramente latini.

      I particolari dei vari interventi di amplificazione e di ricostruzione ci confermano che la chiesa iniziale, molto probalmente, fu costruita nell'oppidum: verso il Mille, e consacrata in un 5 febbraio. giorno in cui il clero locale aveva l'ifficiatura di l^ classe, per commemorare la data di consacrazione, conservata fino ai nostri giorni.
      Dopo la distruzione del paese del 1496, in cui certo la chiesa non fu risparmiata, col sopraggiungere della peste nello stesso anno. la vita in V. sembrava finita, per cui i pochi sopravvissuti si stabilirono provvisoriamente fuori le mura del paese, sulla collina di S. Maria, in abitazioni rabberciate alla meglio, provvidero subito alla costruzione di una cappellini votiva dedicata a S. Sebastiano, che era protettore della peste. Questi, secondo la tradizione, subì il martirio a colpi di frecce, per cui i Vallatesi, che già lo avevano come loro comprotettore, in tale dolorosa circostanza gli dedicarono una cappella, per sentirlo più vicino nell'opera di ricostruzione del paese. che stavano per intraprendere.
      La devozione verso questo Santo, uno dei primi martiri dell'Era Cristiana, doveva essere molto sentita e radicata nel popolo se, in tutto l'anno, nel giorno della settimana in cui cadeva la festa (20 gennaio), i Vallatesi, (ma anche altre popolazioni meridionali) si guardavano bene dal fare certi lavori, come: seminare, vendemmiare. raccogliere frutti, tagliare alberi, ammazzare il maiale, ecc., per devozione al Santo, non immune certo dal timore che le cose trattate in quella giornata andassero a male, per non aver rispettato "Sans Sauistian! ". Tale tradizione ha sfidato i secoli ed è giunta fino a noi, radicalizzata nel suo aspetto di paura di perdere le cose.

      In seguito agli eventi di quell'infausto 1496, il "resto" vallatese, dopo aver trovato una sistemazione provvisioria per sé e per lo svolgimento delle funzioni liturgiche, si mise alacremente all'opera di ricostruzione delle case e della chiesa.
      Fu tutto un fervore di opere, se già il 2 luglio 1499, la chiesa, ampliata e ricostruita, potette essere riconsacrata: l'anno è indicato nella lapide commemorativa sistemata a fianco della porta laterale della chiesa; il giorno è precisato da una nota del Saponara in B. XXV, 31, che parla appunto del "2 luglio", come certamente avrà desunto da qualche documento.
      La celerità della ricostruzione della chiesa è dovuta pure alla munificenza del Duca di Gandja, Giovanni Borgia, che in quella circostanza dotò la chiesa anche di "fabbriceria", poi soppressa nel 1867, unitamente al patrimonio della ricettizia. Ciò spiega l'esistenza in Parrocchia di un legato per l'Ill/mo Giovanni Borgia.

      In seguito al terremoto del 31 luglio - 19 agosto 1561, del X grado della scala Mercalli, la chiesa fu nuovamente restaurata ed arricchita dall'artistico portale del 1568, preziosa e paziente opera dell'artigianato locale. In seguito al "fierissimo terremoto" del 29 novembre 1732 non ci fu bisogno di un intervento immediato, ma si intervenne dopo molti anni col restauro del 1785. Tali restauri, non essendo stati radicali, non diedero luogo ad una riconsacrazione della chiesa; ugualmente, dopo il restauro effettuato dall'Arcip. Vittorio Novia, ci fu soltanto una "riconciliazione ed inagurazione" il 12/7/ 1903. Infine, dopo il terremoto del 7/6/1910 e quello del 23/7/1930, la chiesa, pur avendo subito danni, non ebbe bisogno di riconsacrazione, essendo stata soltanto riparata.
      Dopo il terremoto del 1930 si rese però necessario l'abbattimento del campanile (per un esagerato timore dei. vicini di vederlo cadere sulle loro case!), avvenuto ad opera di una squadra di operai Bresciani (inviati dal Genio Civile) i quali, nell'abbattere pure il tetto e soffitto della chiesa, con vero spirito vandalico, stavano rovinando ciò che il terremoto aveva salvato, come il portale e l'altare maggiore.
      Ci volle tutta la fermezza dell'Arciprete, per salvare queste opere d'arte, in modo che non facessero la stessa fine subita dal pavimento della chiesa, formato da bei lastroni di marmo di Carrara ( 60 x 60). Tale pavimento, dissestato ed incrinato gravemente ad opera delle pietre fatte cadere dall'alto da questi autentici vandali, soprattutto nel. presbiterio, ha testimoniato fino ai nostri giorni come l'opera dell'uomo può essere più distruttrice dello stesso terremoto.
      Sarebbe bastato, per salvare questo ricco pavimento, farlo ricoprire di fascine di legna e di paglia, come l'accorto Arciprete fece appena in tempo per l'altare(1).

      Il pregiato altare ha una sua storia, di cui possiamo rivivere i particolari, nella sua fase decisionale ed esecutiva, con i suoi postumi giudiziari, come possiamo rilevare da due interessanti documenti, conservati nell'Archivio di Stato a Napoli, che qui riportiamo.
      Si fa fede da me qui sottoscritto Not. Francesco Sav. Magaletti della Terra di V., in Prov. di P. U., qualmente avendo perquisito il registro delle Conclusioni del Rev. Capitolo di detta Terra, da esse rilevo che il dì 15 del mese di Gennaro del corrente anno 1796 si rinnova una Conclusione Capitolare del seguente tenore:
      Dal Rev. D. Giuseppe Maria Pali, Arciprete di questa Chiesa Madre di S. Bartolomeo Ap. della predetta Terra, convocati al suono della campanella e previa affissione di avviso della convocazione del Capitolo per tre giorni alla porta della sagrestia, si sono riuniti gli infrascritti Sacerdoti capitolari, che costituiscono la parte maggiore e più sana del Capitolo, cui è stata rivolta la seguente proposta:
      Sanno molto bene le SS. VV. che sino dalli 10 del caminante Gennaro, dopo il Vespro, vi accennai la resoluzione dell'attuale Procuratore della nostra Chiesa, D. Felice Villani, toccante la formazione dell'Altare Maggiore e Balaustrata di marmo, per cui si presentò a noi da esso Procuratore il disegno per l'opera facienda; e quantunque detta opera da farsi fosse stata da più RR/di Sacerdoti approvata, che furono propensi, tuttavolta però ricercandosi in tal particolare il consenso universale delle SS. VV., ed affinché la spesa occorrenda si facesse coll'intelligenza di tutti; onde oggi volendo ridurne a fine tal'impresa, sono a pregare le SS. VV., a concorrere a tal nostro disegno, trattandosi della Gloria della Casa di Dio e del buon impegno del peculio di questa Chiesa.
      D. Gius. M. Arciprete Pali acconsentiste alla formazione dell'Altare e della Balaustrata;
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      (1) In questo atteggiamento barbarico degli operai bresciani, troviamo la spiegazione di quanto ho potuto cogliere personalmente dalla bocca di anziani, i quali ricordano che una mattina l'Arciprete, giustamente furibondo, giunse sul cantiere di lavoro con una ... pistola in mano!, per impedire che questi spudorati completassero la loro opera di vandalismo. Dobbiamo quindi alla sua fermezza la conservazione di questo ricco patrimonio artistico.






      D. Donato Quaglia accetta la suddetta spesa, però colla deputaz/ne di altri Deputati;
      D. Gio: Andrea Strazzella, si faccia quanto si dice nella Conclusione; D. Isidoro Cautillo si contenta che si faccia, perché è meglio che si spenda il denaro e non-resti in mano morta;
      D. Vito Cataldo si contenta;
      D. Michele Colella si contenta;
      D. Bartolomeo è di sentimento che si facessero;
      D. Gio: Pavese è di parere di non essere necessaria la sopraddetta spesa, perché l'altare esistente è migliore dell'altare faciendo; e comecché vi è l'interesse universale, e la lite pendente, tanto nel Sacro Capitolo, che nel Ill/mo Episcopo, potrebbe esservi alcuno inimico, e per ogni verso anticipatamente necessita il disposto permesso;
      D. Salvatore Cornacchia è di sentimento che non si faccia l'altare, e balaustrata, ma passa, perché tanto l'altare, quanto la balaustrata di ferro sono ottimi, e di qualunque spesa, che si farà, senza il necessario permesso dei legittimi superiori e nelle forme prescritte in altre Conclusioni Capitolari, se ne protesta contro chiunque;
      D. Nicola Cristiano dice che si faccia;
      D. Andrea Silla dice che si faccia;
      D. Pietro Michele Netti dice che si faccia;
      D. Michele Cirillo dice fiat;
      D. Gio: Battista Garruto vuole che si faccia l'altare e la balaustrata per due riflessioni: primo perché la Chiesa è casa di Dio e dev'essere pulita, e ricco l'altare su cui giornalmente si sacrifica il Figlio di Dio; in secondo, la chiesa oggi si ritrova in stato di poter fare questo, ed altra ulteriore spesa, onde il buon Sacerdote deve animare il Procuratore odierno alla perfezione del suddetto altare e balaustra di marmo;
      D. Leopoldo Crincoli dice farsi l'altare di marmo, perché cosa buona; D. Giuseppe Pelosi domanda che si faccia;
      D. Pompilio Garruto domanda che si faccia;
      D. Gio: Battista Quaglia è di sentimento che si faccia, perché il detto altare è necessario alla detta chiesa, nonostante che per la spesa di detto altare vi siano taluni maldicenti, a quali non piace il maggior decoro della suddetta nostra chiesa;
      D. Gio: Battista Gallicchio dice che si faccia;
      D. Domenico Ant. Gallicchio dice che si faccia;
      D. Giacomo Andrea Gallicchio dice che si faccia;
      D. Pasquale Tosa che si faccia;
      D. Felice Villani che si faccia;
      D. Cesare Zamarra dà il suo consenso;
      D. Vito Cataldo Pro Segretario. Che in fede del vero ne ho formata la presente se richiesto ho segnato — locus Signi
      Copia conforme all'originale che si trova presso di me
      Firma del notaio
      L'altro documento ricorda i postumi giudiziari avuti per il pagamento del detto altare al Marmista Ms. Gaspare Lamberti di Napoli:
      Nella G. C. della Vic/a comparente il Ms. Marmoraro Gaspare Lamberti, e dice che deve conseguire dalla Ven. Chiesa Parrocchiale Maggiore sotto il titolo di S. Bartolomeo della Terra di V. duc/ti 215, per resta di duc/ti 613, per prezzo e valore convenuto di un Altare e Balaustrata di marmo, lavorati e posti in opera nella detta Ven. Chiesa, a tenore dell'Istrumento stipulato a' 17 feb. 1796 per not. Gennaro Lamberti di Napoli, che si presenta ...................... 215
      Altri duc/ti 4 per prezzo e valore di liaggi di rame idorato
      posti sopra la Custodia ...................... .............................................................4
      Altri duc/ti 5 per prezzo e valore di tante grappe di ferro occorse
      per mettere in opera i detti marmi...................... ................................................5
      Ed altri duc/ti 8 per trasporto di detti marmi da Castello La Baronia sino a Vallata, che a tenore di d/o Istr/to si dovea pagare da d/a
      Chiesa...................... .......................................................................................8
      In unum deve il comparente conseguire...................... ...........................232
      E perché la suddetta ven. Chiesa non cura di pagare la detta somma nonostante più volte richiesta: perciò ricorre in essa G. C. e fa istanza astringersi la medesima Ven. Chiesa Parrocchiale S. Bartolomeo a pagare a beneficio del comparente la somma di duc/ti 232, in virtù del d/o Istr/o, e del patto esecutivo in esso apposto, una con tutti i danni, spese ed interessi. E così per ora dice, e fa istanza, protesta e riserva. E non solo in questo, ma in ogni altro modo migliore, salvis ecc. 28 Settembre 1797.

      Segue la sentenza del Giudice, che condanna la Chiesa a pagare la somma suddetta.

      I due documenti riportati, che ci hanno fatto rivivere un particolare momento di vita parrocchiale di circa due secoli addietro, dovrebbero farci apprezzare maggiormente questo vero gioiello d'arte napoletana che, pur riattato alle nuove esigenze liturgiche, ancora ci parla di tanti sacrifici e strascichi giudiziari sostenuti dai nostri antenati.
      Ho l'immenso piacere di offrire a tutti, grazie alla collaborazione di una famiglia che ha saputo conservare il prezioso cimelio, la riproduzione di una foto, che rimonta al periodo precedente al terremoto del 1930: in essa appare evidente che l'altare costruito nel 1796 fu inserito sotto la barocca ed imponente nicchia in gesso, che faceva parte dell'altare eliminato in quella circostanza, ugualmente in gesso, cui tanto erano legati D. Giovanni Pavese e D. Salvatore Cornacchia, perché amanti del Barocchismo, o per il gusto di andare contro l'orientamento comune, che preferiva una linea in marmo, più semplice e classicheggiante, molto espressiva.




      Nella nicchia troneggia la vetusta ed artistica statua di S. Bartolomeo Ap., il "critico" pescatore di Canaan, elogiato dal Maestro con l'incisiva espressione: "Ecco davvero un Istraelita in cui non c'è falsità". La statua, opera forse del Lanfranco, è veramente imponente nei gesti e nell'espressione del volto: un volto austero, segnato sì dalla crudezza del decorticamento subito, ricordato dal coltello e dalla palma del martirio stretti nella mano sinistra, ma anche un volto da cui sprigiona un virile senso di fierezza di vittoria sulla morte, intrepidamente significata da quell'indice puntato verso il Cielo, additando a ciascuno di noi la meta finale, cui tendere.
      La riscoperta di questi aspetti fondamentali, e nella vita del Protettore e nel carattere del genuino Vallatele, dovrebbe farci sentire più emuli dei nostri antenati, per continuare a testimoniare il "Vangelo, vissuto nell'oggi", plasticamente simboleggiato da quel grande libro, che il nostro glorioso Patrono stringe sotto il braccio sinistro.
      Ai fianchi della nicchia giganteggiano le due statue dei SS. Pietro e Paolo che, essendo in gesso, andarono distrutte, insieme alla nicchia, nel terremoto del 1930.
      Il campanile abbattuto in quella medesima circostanza, come si può notare da 'Una vecchia cartolina, riprodotta in copertina, era più alto e più largo dell'attuale, per cui il suono a distesa della campana grande si diffondeva più facilmente, fino a percepirsi, a detta dei vecchi, nelle lontane campagne di Ascoli, quando i nostri vi si recavano per la mietitura.
      Effettivamente nel campanile attuale, ricostruito dall'Arcip. Saponara subito dopo la guerra, come si può riscontrare dalla base del vecchio campanile tuttora esistente, il suono delle campane resta un po' compresso dalla struttura ridotta.


      La cupola del vecchio campanile, a forma piramidale, era ricoperta di maioliche di colore verdolino e s'inseriva molto bene nell'ambiente naturale.
      Dopo il terremoto del '30 fu sistemata pure la canonica al lato ovest, con tre stanze e servizi, ma non fu mai abitata da nessuno, per cui servì soltanto per l'insegnamento del catechismo o per deposito.
      Nel primo intervento di riparazione, effettuato dall'Arcip. Novia all'inizio del secolo, fu murato l'ingresso laterale della chiesa perché, essendo esposto ai venti e non essendo fornito di tamburo interno, creava difficoltà ai fedeli durante le funzioni.
      In corrispondenza di tale ingresso fu sistemato un altare, prima dedicato a S. Filomena e poi, con l'Arcip. Saponara, all'Immacolata Concezione. Tale altare quindi, con un Cappellone molto più piccolo rispetto agli altri, era sistemato tra il Cappellone del SS. Sacramento e quello del Rosario, cui seguiva, dopo la base del campanile, il Cappellone del Crocifisso, tutti con rispettivi altari.


      Dal lato opposto, il primo Cappellone, all'ingresso della chiesa, era dedicato attualmente a S. Michele, ed anticamente alla Madonna (prima M. delle Grazie e poi M. di Monserrato); il secondo Cappello-ne era dedicato attualmente a S. Antonio, ed anticamente a Santo Martino; il terzo Cappellone, anticamente a S. Isidoro e poi a S. Alfonso M. dei Liguori; il quarto Cappellone, prima a S. Anna e poi all'Addolorata; infine il quinto Cappellone, anticamente allo Spirito Santo e successivamente al Sangue Sparso. I Cappelloni erano forniti di rispettive fosse.
      C'erano poi alla navata centrale della Chiesa una fossa comune, una fossa delle Vergini e dei Bambini ed una fossa riservata ai Sacerdoti; come pure i tumuli dei Mirabella, degli Hippolito e dei de Donata. Infine c'era un'altra fossa comune nel Soccorpo della chiesa "in infima sepoltura Subcorporis Ecclesiae" dove si trovava pure un "sepoltura separata" per i fratelli delle Congreghe.

      Con l'ultimo intervento, dopo il terremoto del '62, sono stati abbattuti il lato est della chiesa con rispettivi cappelloni, perché in totale disfacimento, il soffitto a botte della navata centrale ed il tetto al completo, perché dissestato, per cui la chiesa ha subito una profonda ristrutturazione.
      Sono stati annullatti alcuni particolari dello stile gotico (prevalere delle dimensioni verticali sulle orizzontali, arcate, soffitto a botte, ecc.), mentre sono risultati evidenziati maggiormente i caratteri dello stile romanico, con le tre navate (di cui una interrotta dalla base del campanile) a soffitto piano, sulla linea dello stile basilicale, con pilastri quadrati più snelli, rispetto ai preesistenti, e soprattutto con la creazione di un grandioso Rosone, per eliminare sulla facciata lo sconcio di fue finestre asimmetriche preesistenti. Con l'eliminazione pure di un corpo avanzato (che costituiva il vecchio Battistero) ad est del portale, si è ricavata una facciata monocuspidata, spaziosa e simmetrica da un lato e dall'altro, in modo da evidenziare maggiormente la grandiosità del Portale, finemente lavorato da scalpellini locali, che in Vallata hanno avuto sempre una buona tradizione, fino ai nostri giorni.


      Il maestoso Rosone, col diametro di tre metri di luce netta (e di metri quattro col rivestimento esterno in pietra di Tivoli), illumina sufficientemente la navata centrale, creando un ambiente austero e solenne, in cui regna una mistica penombra, appena iridata dai tenui raggi multicolori spioventi e dal rosone e dalle vetrate laterali, in una gamma di sfumature meravigliose, a seconda della posizione del sole nelle varie ore della giornata. La migliore visione del rosone si ha verso il tramonto del sole, da alcuni punti particolari della chiesa, da cui si può osservare un fantasmagorico gioco di colori. Un'altra visione, dai colori dolci e sfumati, si può avere alle prime ombre della sera o alle prime luci dell'alba, oppure durante la notte, dall'esterno, allorché le vetrate sono illuminate all'interno.
      Tutte le vetrate sono state artisticamente lavorate a Firenze, su bozzetti del valente Architetto Luciano Vinardi di Roma, e risolte con vetro "Dalles" (proveniente dalla Germania), lavorato a spacco, nella migliore gamma di colori al selenio e oro, legate con resina in un telaio di ferro con armatura interna. I singoli pezzi di questi mosaici in cristallo sono stati scalpellati e molati (ed è questa la caratteristica della lavorazione in Italia), per il raggiungimento migliore degli effetti, onde dare alle figure movimento e prospettiva.
      Tornando al discorso della nuova linea assunta dalla chiesa, dobbiamo dire che non è stato possibile snellire maggiormente ed equidi-stanziare i pilastri di cui sopra, sia perché sono portanti della struttura interna, sia perché si è avuto un punto d'obbligo nella base del campanile che, per ragioni di statica, non si è potuto toccare.
      Della vecchia struttura della chiesa si è conservata la cupola del presbiterio, a forma di poligono sferico in rete metallica, (sulla quale è stato creato ugualmente il soffitto), con le cornici restaurate nella forma originaria, e con le arcate poggianti sui quattro pilastri del presbiterio.
      In conformità alle nuove esigenze liturgiche, il livello del presbiterio è stato portato a tre gradini soltanto dal pavimento della chiesa, mentre in precedenza i gradini, più alti degli attuali, erano sei (più i tre dell'altare), che distaccavano completamente il celebrante dai fedeli.


      Nel presbiterio troneggia il maestoso altare rivolto al popolo, la cui base è stata ricavata da alcuni pezzi del vecchio altare, cui è stata sovrapposta una nuova, spaziosa mensa di celebrazione con la superficie di m. 2, 45 x 0,95 e lo spessore di cm. 8.
      E' stato valorizzato il pezzo più importante del vecchio altare: un pregiato sarcofago in marmo multicolore, finemente lavorato, in cui è inserito un artistico medaglione, raffigurante il decorticamento di S. Bartolomeo, opera del '700, ma con chiari elementi di arte del '500.
      E' un vero gioiello di arte napoletana: pur nella freddezza del marmo, sono espressi molto bene la serenità nel volto del Santo che, legato al tronco di un albero, comincia a subire il martirio, e il sogghigno truce e beffardo sul volto del carnefice che, con la destra sollevata tiene il coltello e con la sinistra comincia a strappare la pelle da un braccio del Martire, puntando il ginocchio destro sullo stesso, ed esprimendo nella muscolosità dello sforzo tutta la sua rabbia diabolica. Da notare nei due personaggi i particolari anatomici delle parti scoperte del corpo.
      Tutto il resto del vecchio altare, con il bellissimo tabernacolo, è stato sistemato, in posizione dominante sotto l'arcata posteriore del presbiterio, chiusa da un tramezzo, che ha staccato il presbiterio dell'abside, eliminando così l'antica visione in profondità della chiesa, e recuperando una moderna dimensione, comunitaria ed assembleare, intorno alla Mensa di celebrazione.
      Coi marmi della balaustra, sono stati ricavati un funzionale Ambone, per l'annunzio della Parola, uno slanciato Leggio fisso per le letture, e le spalliere di tre sedie anch'esse fisse per i Ministri, dalle quali si ha una visione dominante della chiesa in tutta la sua estensione, facilitando molto l'annunzio della Parola nelle grandi occasioni, quando la chiesa è gremita in tutte le sue parti.

      Il delicato lavoro di smantellamento, di paziente restauro e riattamento di tutti questi elementi del presbiterio, è stato magistralmente realizzato dal Geom. Michele D'Angola di S. Andrea di C., mentre il montaggio è stato eseguito dall'abile nostro muratore Gerardo Cicchetti, ai quali vada il nostro sentito grazie, per averci aiutati a valorizzare un pregevole patrimonio artistico, tanto caro al nostro cuore.
      Completa l'arredamento del presbiterio l'artistico coro in noce del '700 che occupava anticamente il semicerchio dell'Abside: diviso in due parti e restaurato con perizia e pazienza certosina dall'ultrasettantenne restauratore Antonio Simpatico di Nusco, è stato sistemato sotto le arcate laterali, in modo che ancora oggi, in cui mancano i Sacerdoti, possa avere la sua funzionalità per Schola Cantorum, ministri, chierichetti, lettori, ecc. - Dallo stesso sono stati finemente restaurati tre confessionili della stessa epoca, un tavolino per credenza, due magnifici inginocchiatoi, ed è in corso di restauro un pregiato stipo del '500, da utilizzare per paramenti e arredi sacri, e da sistemare nella nuova sagrestia, ricavata dalla spazio dell'abside.


      Il lampadario centrale e le tre lampade sistemate sull'arcata anteriore, dal terremoto del '30 non erano stati più utilizzati, ridotti ad un rottame dal terremoto ed anneriti dall'usura del tempo; fortunatamente erano stati conservati in un angolo del "tesoro" della chiesa, insieme ad una serie di candelieri con croce in argento ed alcuni calici e vasi sacri, tutto in pessime condizioni. Nel luglio del 1978 S. E. Mons. Mojaisky autorizzava il sottoscritto a vendere alcuni laccetti d'oro, da cui si ricavò la somma di circa due milioni, per sopperire parzialmente alle spese di restauro dei surricordati arredi che, restaurati, sono conservati altrove, onde impedire che mani sacrileghe possano farne man bassa, come fu fatto in chiesa per alcuni arredi sacri, prima d'iniziare i lavori di ricostruzione. L'entità di quel furto sacrilego può rivelarsi dalla denuncia fatta dal sottoscritto, all'epoca, alla caserma dei Carabinieri: feci del tutto per avere sul posto i rilievi della scientifica, ma purtroppo senza risultati.


      Sui pilastri posteriori del presbiterio, sono sistemati due ovali in tela, raffiguranti S. Francesco Borgia (figlio di Giovanni Borgia Enriquez, feudatario di V.) e S. Felice Martire, probabilmente del Lanfranco; sulla parete di fronte alla finestra è sistemato un quadro del Rosario, di autore ignoto; sulla parete frontale, al di sopra del tabernacolo, verrà sistemato il pregevolissimo quadro del Lanfranco, in corso di restauro presso la Sovrintendenza ai Beni Artistici e Storici della Campania in Napoli, che rappresenta il martirio di S. Bartolomeo, dono del Card. Orsini, poi Papa Benedetto XIII, alla Parrocchia di Vallata, per la spesa di mille ducati. Sul tamburo dell'ingresso secondario è stato sistemato un quadro raffigurante la Pentecoste, opera forse del Ronca ('700) della Scuola napoletana, mentre un quadro raffigurante S. Agostino, opera forse di un Villani di Vallata, è stato sistemato alla base del campanile.
      Notiamo che quanto si trova attualmente nel presbiterio (fra altare, coro, inginocchiatoi, arredi, ecc.), fu realizzato in un periodo non certo florido per V., verso la fine del '700, per una spesa complessiva di oltre 10 mila ducati. Ora, sapendo che tutto il paese è stato venduto dai vari Signori, dai 25.000 ai 35.000 ducati, comprendiamo che, quanto si trova nel presbiterio corrisponde ad un terzo del valore del paese; possiamo quindi immaginare i sacrifici fatti dai nostri antenati, per trasmetterci questa loro testimonianza di fede.


      Non potevamo pertanto tradire le attese di coloro che ci hanno preceduti, in questa esperienza esistenziale di fede, che ha fatto della Chiesa Madre il "cervello" della loro vita religiosa e sociale, e del Presbiterio il "Cuore" propulsore della loro attività. In continuità storica, abbiamo cercato di apprezzare e valorizzare la loro testimonianza di fede, per affidarla alle future generazioni, arricchita di nuovi valori, che sollecitino la "Chiesa che è in Vallata" a mettere Cristo al "centro" della propria vita e della propria storia.
      In tale prospettiva, anche la travagliata storià di Vallata, come quella di tutta l'umanità, deve diventare Storia della Salvezza.
      Questa storia della salvezza è rievocata, sinteticamente, dalle stupende vetrate della chiesa, con due episodi del Vecchio Testamento ed altri del Nuovo Testamento, suggeriti dal sottoscritto alla fantasia dell'architetto, perché questa sintesi biblica, proprio nell'era del messaggio per immagine, faccia giungere a tutti la "Parola di vita".
      A questo punto, mi permetto offrire alla cortesia del lettore alcuni spunti di riflessione sul significato delle singole vetrate, perché ognuno sappia poi coglierne un messaggio personalizzato, visitando la chiesa, ed osservando con calma questi veri gioielli di arte e di fede.
      Per chi entra in chiesa dalla porta principale, la 1 ^ vetrata a sinistra rappresenta il DILUVIO, in cui appare evidente un impressionante scroscio d'acqua, che cade violentemente sulla terra, portandovi distruzione e morte, espresse queste molto bene dalla confusione degli elementi e dal prevalere dei colori viola e marrone, mentre in alto "rosseggia" l'ira di Dio, che manda il castigo sulla terra. Quindi l'acqua della morte (richiamata pure dal rito del Battesimo), cui è contrapposta l'acqua della vita nella vetrata di fronte (1^ lato ovest), che rapprensenta il BATTESIMO DI GESU' NEL GIORDANO. (Per questo motivo di contrapposizione o di parallelismo, come noteremo anche per le altre vetrate, si è preferito dare quest'ordine alle stesse).
      In questa vetrata, che serve anche da sfondo al Battistero, è evidente il gesto solenne di S. Giovanni Battista, che versa l'acqua sulla testa di Gesù, umilmente chinato davanti a lui come un comune peccatore, mentre le acque del Giordano, appena accennate nel riquadro in basso, sembrano alimentare l'acqua vera che scaturisce nel Battistero, da cui viene a noi la Vita.
      IL BATTISTERO, che è un vero gioiello di arte e di teologia, realizzato in una forma veramente originale ed in piena conformità alla riforma liturgica, lo dobbiamo alla fervida fantasia ed all'acume artistico di colui che l'ha concepito, il valente Francescano P. Andrea Martini, ormai di fama internazionale, oriundo della nostra Irpinia, cui siamo profondamente grati. Ne ha permesso poi la realizzazione la commovente generosità del carissimo Frank Antonio bell'Osso, cui vada il nostro memore e grato ricordo.



      L'idea è partita dall'utilizzazione della vecchia vasca del fonte battesimale in pietra locale, lasciata slabbrata com'era, a causa dei danni subiti durante l'opera di abbattimento del muro della chiesa, inserita in una roccia creata con pietra di Tivoli, alla cui base sorge una vasca sottostante, cui si accede salendo un gradino. In questa vasca inferiore, come si faceva nei primi tempi del cristianesimo, si potrà amministrare il Battesimo per "immersione", molto più espressivo, da un punto di vista teologico, in quanto l'immersione del bambino nell'acqua esprime meglio la morte al peccato, e l'emersione esprime meglio la risurrezioné con Cristo alla vita nuova.
      La vasca superiore è sormontata da una croce in bronzo, alla cui base è fissata una colomba, che sembra volteggiare in questo trionfo della vita, trionfo puntualizzato anche da due meravigliosi cervi, ugualmente in bronzo, in atteggiamento di bere, uno dalla vasca superiore e l'altro alla vasca inferiore.
      La cappella del Battistero è rivestita con listelli increspati in marmo "cipollino delle Alpi" dal colore verdolino, di bellissimo effetto, ed è pavimentata con "lavagna di Bagnoregio". Su una delle pareti laterali è stata praticata un'apertura, in cui depositare l'occorrente per l'amministrazione del Battesimo, chiusa da un vetro trasparente, sormontato da una candela e da una croce in bronzo.
      Da notare che, siccome la finestra sulla parete frontale non era ben centrata, l'artista, evitando una visione centralizzata e quasi statica del monumento, ha dato a tutto l'insieme un sorprendente movimento, evidenziato molto bene dall'irregolarità della roccia, dalla posizione dei cervi e soprattutto, dall'aver ridotto bruscamente a metà la larghezza del gradino di accesso alla vasca inferiore, per cui la migliore visione di questo capolavoro si ha, entrando in chiesa dalla porta laterale del tamburo. Abbiamo quindi un esempio pratico di come la vera arte, non solo non si arresta di fronte alle difficoltà tecniche, ma è da queste sollecitato a dare di più.
      L'effetto che si riceve, da questa armoniosa sintesi tra antico e nuovo, è quanto mai suggestivo e pregno di significato teologico, con un incisivo richiamo alla Sorgente della Vita Soprannaturale.
      L'acqua, che scende dalla vasca superiore a quella inferiore, richiama il movimento della vita, la cui sorgente è la Croce di Cristo; i cervi sono il simbolo di tutti noi che, come cervi assetati, ci dissetiamo a Cristo, il quale fa giungere a noi la Vita, mediante l'azione dello Spirito, che ci aiuta a vivere il Mistero Pasquale di Cristo nei suoi due poli: Morte e Risurrezione.
      La II^ vetrata del lato est ricorda la CREAZIONE: il triangolo in alto richiama la Trinità; il rosso nel mezzo vuol ricordare che Dio crea per amore; all'ultimo riquadro in basso un pezzo di mare e di terra; alcuni elementi della natura in figure geometriche nella parte centrale della vetrata, dove spicca un cristallo in rosso, dalla cui venatura è abbozzato il volto di un uomo. Tutta la vetrata è pervasa da fasci multicolori di luce in figure geometriche, che richiamano la perfezione del Creatore.
      La vetrata è sistemata di fropte alla base del campanile che, col suono festoso delle sue campane, invita ciascuno di noi ad unire la nostra voce al canto di lode, che tutto l'universo fa giungere al suo Creatore: è il triondo della vita!
      La III^ vetrata della NATIVITA' rappresenta l'abbraccio della Madonna con Gesù Bambino, al centro di fasci di luce che piovono dall'alto, e che dal Bambino si diffondono in ogni direzione; il color viola dell'aureola, sia alla Madonna che al Bambino, è un chiaro riferimento alla povertà del Natale. Da notare poi che l'architetto, per meglio puntualizzare la piena adesione della Madonna al Disegno divino realizzato da Cristo, ha dato un corpo unico a Mamma e Figlio, del quale si distinguono solo alcuni particolari, come la testina ed un braccino. La vetrata ricorda quindi la nascita di Cristo, richiamando l'attenzione sull'inizio della Redenzione, come la vetrata di fronte (II^ lato ovest), che rievoca la PENTECOSTE, e quindi la nascita della Chiesa, puntualizza l'inizio dell'azione santificatrice dello Spirito Santo, nel tempo dello Spirito. I simboli biblici della Colomba (sotto la cui forma lo Spirito Santo apparve nel Battesimo di Gesù) e del Fuoco (sotto la cui forma si manifestò agli Apostoli nel giorno della Pentecoste in cui "... apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro" Atti 2, 3), sono raffigurati ambedue nella vetrata, quasi a sintetizzarne il messaggio: ormai la Terra è riconciliata con il Cielo nella Nuova Alleanza (la colomba è simbolo di pace), sotto l'azione purificatrice e santificatrice del fuoco dello Spirito, per cui sono iniziati i Tempi Nuovi dello Spirito.
      In questo Tempo dello Spirito è inserita la MISSIONE degli Apostoli e della Chiesa rievocata dalla IV" vetrata ad est, col simbolo di una rete che tira dei pesci, avvolta in un meraviglioso gioco di luci, con riferimento all'espressione rivolta da Gesù ai pescatori, che formeranno il gruppo apostolico: "d'ora in poi sarete pescatori di uomini".

      La vetrata del presbiterio rappresenta la CROCIFISSIONE, con riferimento al Sacrificio che si attualizza sull'altare nella S. Messa. L'idea espressa nella vetrata è quanto mai originale: Gesù Crocifisso, con le braccia in alto e le gambe alquanto protese in avanti, è ripiegato su se stesso, con la testa chinata, come per dare un bacio a ciascuno di noi. Tutto il quadro è soffuso di una mesta dolcezza, evidenziata molto bene dal prevalere del viola, appena spezzato da un archetto di color rosso vivo, che ricopre la fronte di Colui che rivela maestosità anche nella morte: quell'accenno di rosso nella prevalenza di un viola marcato è un richiamo fugacemente incisivo al grande Mistero dello "Amore Crocifisso". Da notare che le ferite delle mani e il lividore sulla gamba destra non sono dati da pittura, ma dalla venatura di cristalli adatti a dare quell'idea, ed è qui la bellezza delle vetrate, che sono degli autentici capolavori di mosaici in cristallo.
      Questa vetrata è in parallelismo con quella sistemata nel piccolo corridoio di accesso alla scalinata della Cripta, dov'è raffigurata la RISURREZIONE: l'idea è data dalla tomba aperta, dalla quale si sprigiona la luce della Pasqua. Le due vetrate quindi ci trasmettono il Mistero Pasquale, nei suoi due poli di Morte e Risurrezione, con la sua forza provocatrice ad attualizzzare lo stesso Mistero in noi: morire giornalmente alla parte peggiore di noi e risorgere, insieme a Cristo, ad una vita nuova, in attesa che anche questa nostra Pasqua sia definitiva nella Casa del Padre.
      In questo nostro cammino di Liberazione e di Risurrezione anche noi, come gli Ebrei nel deserto, abbiamo un nutrimento speciale, lasciatoci da Cristo, che "dà la vita eterna": il Pane e il Vino della Eucaristia, simboleggiati nell'Ostia e nel Calice, insieme ad una spiga di grano e ad un grappolo d'uva, mirabilmente raffigurati nella vetrata del SS. SACRAMENTO, a fianco dell'altare della cripta. Ma abbiamo pure un mezzo di sicura riuscita, la CORONA DEL ROSARIO, riprodotta sull'altra vetrata della cripta, per ottenere dal Signore, ad intercessione della Mamma Celeste, nostra Corredentrice, tutte le grazie necessarie per far sì che il nostro pellegrinaggio terreno, nel deserto della vita, abbia la sua felice conclusione nella Pasqua Eterna.
      Oltre che da questo significato teologico, la scelta dei due soggetti delle vetrate della cripta, mi è stata suggerita da una motivazione storico-tradizionale, in quanto, tale soccorpo della chiesa, denominato nel recente passato "Congrega", prima che fosse ridotto soltanto a deposito dei Misteri di Venerdì Santo, era utilizzato come luogo di celebrazione della Messa, detta anche "Messa congrega", cui partecipavano soprattutto i fratelli della Congrega del Rosario e del SS. Sacramento, che avevano come stemma la SS. Vergine del Rosario e l'ostensorio del SS. Sacramento, e che prima della loro Messa cantavano Mattutino e Lodi.
      Tale aggancio alla tradizione non poteva essere trascurato nella nostra opera di valorizzazione di questo ambiente, da cui si è ricavata una suggestiva cripta, rivestita al rustico di mattoni ordinari, pavimentata di un cotto speciale fatto pervenire da Impruneta (FI), arricchita da un'arcata a sesto obbliquo in mattoni, e da altre due arcate a tutto sesto della vecchia struttura, da un archetto di passaggio da un'ala all'altra, e da due archetti che, ricavati da due piccole finestre preesistenti in muri mastodontici, immettono su due balconetti alla romana, che fanno spaziare lo sguardo in un vasto orizzonte.
      La scalinata di accesso, dove in un angolo fa bella mostra di sé il pezzo archeologico più antico di Vallata, ricavata da un vecchio stanzino senza luce e da una difficile opera di scavo, ha permesso un più facile accesso alla cripta con scalini dello stesso materiale del pavimento, mentre l'antica scalinata., dall'altro versante, era molto ripida e difficoltosa.


      La sistemazione della cripta con altare e tabernacolo, di tutto H complesso del Battistero, del rivestimento in pietra del Rosone, la dobbiamo alla paziente opera del muratore Vito Nufrio, che ha diretto tutti i lavori di ricostruzione della chiesa: a lui ed a tutti gli operai che hanno dato il loro contributo di lavoro e di sacrificio per tale ricostruzione, giunga da queste pagine l'espressione della nostra gratitudine.
      Nella cripta sono stati conservati ed evidenziati i pochi elementi di antichità giunti a noi: l'iscrizione funeraria di cui si è parlato; una pietra con lo stemma forse di un Vescovo (purtroppo scalpellinato chissà da quali mani vandaliche nel passato!); delle pietre utilizzate per portalampada a muro; una piccola croce in pietra con un teschio e la scritta: "memento mori": ed infine una lapide in cui si ricorda che il Vescovo Ercole Rangone permetteva l'ampliamento e la pitturazione di questo ambiente, del cui soffitto in tavole è giunto a noi solo una tavoletta (perché utilizzata successivamente come cornice del coro). Ci è giunto però, anche se in pessime condizioni, uno stipo, con pitture del '500 in corso di restauro.


      Riportiamo l'iscrizione della lapide:
                                                         D.                                                          M.
      Anno 1627 Ill/mus Ac Rev/mus D/s Hercules De Rangonibus, Mutinen. Bisaciar et S. Angeli Dei gratia Ep^ us, hanc inferiorem Ecc/ae partem renovadam tam et amplificadam picturis etiam decorari iussit.
      In questo ambiente, una delle parti più antiche della chiesa, è stata sistemata una grande lapide, dono dell'Appuntato di P. S. Giovan Battista Zamarra di Eduardo, in cui sono riportati i nomi dei Vescovi e degli Arcipreti di V., di cui siamo riusciti a trovare notizia, sia all'Archivio Parrocchiale che all'Archivio Vaticano, come abbiamo ricordato.


      Riportiamo il testo.
           Parrocchia "S. Bartolomeo Ap."       Vallata
      A ricordo degli Ecc/mi Vescovi e dei MM. RR. Arcipreti
      De Cozza D. Antonio    Vescovo di Lacedonia  1428
      Del Bufalo Fr. Antonio Geremia    Vescovo di Temno  1661
      Vescovo di Gallipoli  1668
      Capuano D. Giovan Battista    Vescovo di Belcastro  1729
       
      De Cozza  D. Antonio dal ........  al 1428
      De Antonello De Meo   "  Angelo   "  ........   "  1496
      De Antonello   "  Matteo   " 1496   " ........
      Di Donato   "  Gian Giacomo   " 1593   " 1631
      De Hippolito   "  Tullio   " 1631   " 1659
      Caruso   "  Bartolomeo   " 1660   " 1675
      Velia   "  Bartolomeo   " 1676   " 1703
      Del Bufalo   "  Gaetano   " 1703   " 1745
      Novia   "  Bartolomeo   " 1745   " 1751
      Zamarra   " Donato   " 1751   " 1779
      Cataldo   " Ciriaco   " 1779   " 1784
      Pali   " Giuseppe M.   " 1785   " 1808
      Villani   "  Felice   " 1808   " 1829
      Colella   " Carmine (Vic. Cur.)   " 1830   " 1842
      Netta   " Vincenzo   " 1842   " 1854
      Cataldo   " Ciriaco   " 1854   " 1873
      Netti   " Michelangelo   " 1873   " 1874
      Colella   " Onorio (Vic. Cur.)   " 1875   " 1895
      Novia   " Vittorio   " 1895   " 1943
      Saponara   " Arturo   " 1943   " 1963
      De Paola   " A. Gerardo   " 1963  

A cura di Giovan Battista Zamarra
Ricerca espletata dall'Arciprete De Paola
in occasione
della III consacrazione della Chiesa
23 Dicembre 1978

      La mensa dell'ALTARE DELLA CRIPTA, costituita da un solo pezzo (col piano di celebrazione di m. 1,60 x 0,83 e lo spessore di cm. 12), di un bel brecciato di S. Andrea di C., lasciato al rustico ai bordi, è stata piazzata su pezzi del vecchio altare del Crocifisso, in brecciato vallatele, simile a quello della mensa, per cui ne risulta un'armoniosa sintesi. Come si può notare, l'altare è stato sistemato in diagonale con lo spigolo in cui si trova il tronetto del tabernacolo: scelta voluta decisamente dal sottoscritto, anche contro il parere dei tecnici, per avere una partecipazione assembleare alla S. Messa, da ambedue le ali della spaziosa cripta. La sistemazione è risultata abbastanza funzionale!
      Il TABERNACOLO in bronzo, pregiata opera del summenzionato P. Martini, è stato poggiato su tronchi di cilindro in pietra, ed inserito tra le quattro colonne che sostengono una cupoletta: ne risulta un bel tronetto, in cui esporre il Santissimo, durante le Quarantore ed in altre circostanze solenni, in un ambiente molto suggestivo, che invita al raccoglimento ed alla preghiera.


      Colonnine e cupolette, grazie al paziente lavoro di cesello del Geom. D'Angola, sono stati utilizzati dall'antico altare maggiore della chiesa dei Morti, abbattuta prima della mia venuta in Parrocchia, senza dimostrare un minimo di buona volontà, per salvare quanto di artistico o solo di antico ci poteva essere in quella chiesa, ad eccezione di alcuni elementi degli artistici altari, salvati in extremis dall'intervento del carissimo Sac. Del Sordi.
      Due elementi dell'artistico portale in pietra di detta chiesa, e non i principali purtroppo, con alcune persone di buona volontà, riuscimmo a ripescarli tra il materiale di rifiuto nel burrone del vicino orto di Gallicchio, e sono adesso utilizzati nella cripta, come basi per statuine o per portafiori.
      Quanti di questi gesti vandalici, senza nessun rispetto per il sudore dei nostri antenati, sono stati perpetrati in tutto il paese, con la connivenza dei tecnici "del pennino" che, quanto meno, avrebbero dovuto richiamare l'attenzione delle persone interessate sul valore artistico e culturale, oltre che umano ed economico, di numerosi poi-tali finiti nelle fondamenta di tante case "a cassettoni" in cemento armato!
      Ma lasciamo alla storia il giudizio di queste aberranti degradazioni, ambientali e culturali, per concludere il nostro discorso sul significato che la chiesa materiale, anche solo su un piano prettamente umano e culturale, può avere per ogni autentico vallatele che, conservando un minimo di "memoria" del passato, riveli sensibilità e responsabilità nel presente, per la costruzione di un futuro migliore.
      E' quanto ha cercato di fare la parte più sensibile della "comunità cristiana" con la ricostruzione della chiesa, dimostrando una carica di commovente entusiasmo, espressione di fede viva, semplice e profonda. Con la sua costante generosità, ha permesso non solo la valorizzazione di quanto le generazioni passate avevano trasmesso, ma anche l'arricchimento di esso con nuovi valori di fede, di arte e di cultura.
      Possiamo trovare una sintesi meravigliosa di questa nostra opera di cultura e di fede, in continuità storica, in quel grandioso "occhio" aperto sulla facciata della chiesa, il Rosone dedicato alla SS. Vergine Assunta in Cielo. Per questa Mamma Celeste, Vallata ha sempre avuto una filiale devozione, attestata dalle numerose cappelle a Lei dedicate, sotto i vari titoli, dal secolare Pellegrinaggio alla Mattinella (2), così profondamente radicato nell'anima popolare, e confermata attualmente, nelle vetrate della chiesa, da ben quattro riferimenti a questa Corredentrice del genere umano: Natale, Pentecoste (nel Cenacolo era presente anche la Madonna con gli Apostoli), Rosario, Assunta. A questi possiamo aggiungere anche un riferimento implicito, che si può cogliere nella vetrata della Crocifissione, dove il Figlio era crocifisso nel corpo e la Mamma nel cuore, per attuare lo stesso piano di salvezza.
      Nella realizzazione del Rosone, l'Architetto Vinardi ha reso meravigliosamente quanto cercavo di suggerirgli, superando ogni attesa.
      L'Assunta non è la solita immagine della Madonna con lo sguardo rivolto al cielo, ma verso la terra; con la testa chinata amorevolmente a guardare, dalla sua posizione dominante, il paese sottostante; con le braccia conserte, per stringere fortemente in un materno amplesso ciascuno di noi, e col manto ampiamente allargato, per offrire un senso di protezione a tutta Vallata, quella vicina e quella sparsa nel mondo intero. La corona in testa indica che è Regina del popolo che l'ha voluta tale, e di tutta l'umanità, mentre i quattro archetti in vivido rosso, che richiamano i quattro punti cardinali, indicano chiaramente la sua proclamazione a Regina del Cosmo. La prevalenza del color celeste sul manto della Madonna, richiama la meta a cui tutti dobbiamo tendere, con la speranza di unirci per sempre a questa Mamma Celeste, nella Casa del Padre.
________________________________
      (2) Secondo l'antichissima tradizione popolare, la statua della Mattinella, che si venera nell'omonimo Santuario di Andretta, vi si sarebbe miracolosamente trasferita da Vallata, facendo una breve sosta a circa metà strada, alla cosiddetta "Pietra benedetta", dove la Madonna si sarebbe seduta, per riprendersi dalla stanchezza del viaggio.
      La tradizione vuole pure che i vallatesi, venuti a riprendere la statua, abbiano trovato resistenza da parte degli andrettesi, cui avrebbero ceduto soltanto di fronte alla volontà espressa dalla Madonna di volere in quel punto un Santuario e di essere sistemata con la faccia rivolta verso Vallata. Ogni anno nell'ultimo sabato di maggio un foltissimo pellegrinaggio, guidato dal Parroco e dal Sindaco, parte di buon mattino da Vallata, fa una breve pausa di preghiera alla Pietra benedetta, e giunge ad Andretta, dove attendono Parroco e Sindaco con una rappresentanza del paese. All'arrivo della processione vallatele a Mattinella, il Parroco di Andretta cede la sua stola a quello di Vallata, e i Sindaci si scambiano le fasce, per ricordare nel tempo la pace avvenuta anticamente fra i due popoli.


      E' questa la conclusione logica del nostro discorso rievocativo "per flash" di circa un millennio di storia vallatele, inserita in una sintesi biblico-teologica della storia della salvezza, puntualizzata dalle vetrate, che hanno pedagogicamente sostituito gli ormai inutili altari laterali: solo i due altari dedicati al Cuore di Gesù ed all'Immacolata, in corso di restauro, saranno sistemati in fondo alle navate laterali.
      Il restauro quindi della chiesa, centro propulsore di vita nella storia del paese, che ha visto impegnati quasi tutti in una commovente gara di generosità, sia in loco che all'estero, ha avuto questo significato, ed intende conservare questa funzione culturale e religiosa per le generazioni future.
      Giunga perciò, anche da queste pagine, un commosso e sentito grazie a tutti, e particolarmente a quelli che si sono resi benemeriti. Oltre ai menzionati, citiamo:
      Società Vallatele di Newark N. J.                             Vetrata Assunta
      Lorenzo Cicchetti restauro Confessionali
      Alfonso Di Donato restauro            "
      Domenico Crincoli e fam. restauro  "
      Giuseppe e Antonietta Zamarra
      Portoni chiesa e                                                        Vetrata Risurrezione
      Clemente, Pasquale e Fausta Stanco                         Vetrata Pentecoste
      Gerardo e Giglia Schiavina.                                       Vetrata Battesimo G.
      Angelina Crincoli e Figli                                             Vetrata Diluvio
      Nunzio De Paola e Figli                                             Vetrata Creazione
      Edward e Caterina De Paola                                     Vetrata Natale
      Gerardo e Gerardina Malgieri                                    Vetrata Missione Ap.
      Rosa Arminio e Figli                                                  Vetrata Crocifissione
      Michele e Nice Cannone                                           Vetrata Rosario
      Fam. Patetta - De Paola                                            Vetrata SS. Sacr.

      Le Commissioni della SS. 'Vergine Incoronata e del Carmine hanno offerto rispettivamente L. 420.000 e L. 280.000, utilizzate per contributo ripulitura Arredi Sacri, cui hanno contribuito anche Riccardo ed Anna Pelosi, con la somma di L. 250.000.
      Riportiamo pure, per dovere di gratitudine, l'elenco di coloro che ci hanno procurato i comodi banchi in rovere, con l'intenzione di suffragare i propri cari defunti, per i quali pregheremo anche noi. Pietro Crincoli di Alfonso: 4 banchi; Luisa Crincoli, ved. Ruggero: 2 banchi; fam. Tullio: 3 banchi; Dott. Vito Gallicchio: 2 banchi. I sotto elencati hanno offerto un banco:
      Maria Salvatore ved. Rosata; Donato e Francesca Schiavina; Ing. Alfonso Pavese; D. Maria Rosa ved. Branca; Gen. Guido Rosa e fam.; Avv. Vincezo Pali; Ins. Anna M. Turni in Pavese; Dott. Oreste e Giulia Galdenzi; Rosaria Strazzella in Corvino; Michelina Bove ved. Stanco; fam. Nicola Pavese; Nicola e Maria Cannone; Grazia De Longis; famm. De Biasi, Bufalo, Tanga; Nenetta Crincoli; Fratelli Tarchini; D. Igea Compierchio ved. Gerundo; Ins. Gerardo e Giuseppina Scanniello; Giuseppa Di Santo in Zamarra; Antonio e Angelina Stanco; Ins. Lucia De Pasquale; fam. Corvino; Rocco e Maria Di Luna; Sac. Francesco Del Sordi; Paolo Del Sordi e fam.; D. Dora Pelosi ved. Gallicchio; Dott. Francesco De Paola di Edoardo; Dott. Alfonso De Paola fu Federico; Edoardo e Caterina De Paola; Rosaria Forgione; Nerina Batta ved. Zamarra; M. Antonia Casarella ved. Di Meo; Margherita Netta; ved. Michelina De Stefano; Matilde Sauro; Francescantonio e Mariangela Di Luna; Ins. Giuliana Malgieri; Antonia Palmisano di Michele; Pasquale e Gerarda Ferrucci; Generoso, Gianni e Filomena Cicchetti; Rocco e Nunziatina Mazza; Tetella e Antonio Garruto; Berenice Costantinopoli; Gerardo Strazzella fu Rocco; fam. Casciano; sorelle Netta fu Luigi; Nicola e Gerardina Sapia; Michele e Paola Sapia; Vito e Maria Sapia; Vito Sapia per def. Michelina; Giovanni Cerullo e fam.; Salvatore e Maria Pavese; Rina Zamarra ved. Tanga; Ins. Augusto Cataldo.
      A questi offerenti, a quelli che esplicitamente hanno chiesto l'anonimato, particolarmente a quelli che, pur in condizioni di disagio economico, hanno saputo dare il loro validissimo aiuto, a tutti indistintamente gli offerenti vicini e lontani, ai muratori e manovali che hanno dato il loro contributo di sacrificio, al Direttore dei lavori, Ing. Vincenzo Aliperta, unitamente all'Ing. Saponara, che in varie circostanze ha offerto gratuitamente la sua collaborazione, a tutti quelli che, in un modo o nell'altro, mi hanno sostenuto in questa dura impresa, giunga l'espressione della mia più viva e profonda gratitudine, convalidata da un particolare ricordo nel S. Sacrificio. Il Signore compensi tanta generosità!
      Concludiamo finalmente questa nostra rassegna, con una telegrafica relazione sui lavori eseguiti, per gustarne insieme le varie fasi di realizzazione che, prolungata nel tempo a causa di innumerevoli difficoltà, ci ha fatto vivere più intensamente i vari momenti della crescita di questa creatura.
      Diciamo anzitutto che è stato necessario un radicale intervento di abbattimento, perché la chiesa era in condizioni di completo disfacimento, ovviamente, non solo per i danni sismici, ma anche per l'usura del tempo: l'armatura in legno del tetto dissestata, e marcita in vari punti, muri pericolanti e pregni di acqua, alcuni cappelloni ridotti ad uno sfasciume impressionante, fino al punto che, prima della mia presa di possesso, dovetti provvedere a far rimuovere da essi parecchio materiale di rifiuto, caduto da muri e volte.
      Riparato alla meglio il tetto e dato una sistemazione provvisoria al tutto, anche per salvare la decenza, iniziò l'impatto con la famigerata burocrazia italiana: furono anni di lunga e penosa attesa, di viaggi continui con la mia prima... Cinquecentina!, a istruire pratiche, a pregare, a sollecitare, a protestare... prima che il progetto dell'Ing. Aliperta fosse approvato. Finalmente, dopo tante peripezie burocratiche (un calvario che mi aveva letteralmente sfiancato!), nell'agosto 1969 si potette dare inizio ai lavori, con una prima raccolta all'estero e in paese.



      Dopo due anni di intenso lavoro, il rustico della chiesa era completato, e si era provveduto all'elettrificazione delle campane ed alla sistemazione dell'orologio (di cui il Comune ha offerto solo il congegno con l'impegno di manutenzione, senza corrispondere alla Parrocchia le spese sostenute per la messa in opera: solo nel 1975, dopo tanti solleciti, l'Amministrazione Comunale si decise a dare il contributo di un milione). Nel settembre 1971 si era provveduto anche alla copertura della chiesa con un nuovo ritrovato (uscito in Italia, dopo la Francia, proprio in quegli anni), già esperimentato al Nord, ma non ancora conosciuto nel Sud, il "Pamir". Vallata quindi ha avuto l'onore di questa primizia nel Meridione, tanto che il padrone della fabbrica a Milano, anch'egli meridionale, contento della conoscenza personale fatta con me in quell'occasione, praticò un prezzo di favore sulla fornitura.
      Il 1972, mentre i lavori proseguivano, fu l'anno della programmazione delle vetrate, ma fu anche l'anno della caduta in testa, si fa per dire, di una tegola, nel momento meno opportuno: nella festa di Tutti i Santi, mentre le campane suonavano a distesa per la Messa delle 11,30, ad un certo punto l'orecchio del sottoscritto notò che qualcosa non andava nella campana grande; bloccai la suoneria, corsi sul campanile e scoprii l'inizio di una fessura nella campana. Non volevo quasi credere a me stesso, anche perché alla Messa precedente la campana aveva suonato bene, per cui durante la Messa conservai per me la dolorosa scoperta. Dopo la Messa, risalii sul campanile per assicurarmi meglio, e notai che l'incrinatura aveva proseguito il suo cammino, a causa del suono a martello di mezzogiorno. Alla Messa Vespertina celebrata, come al solito, al Cimitero in quella giornata, comunicai la dolorosa notizia ai numerosi presenti, sul volto dei quali colsi subito, lo ricordo come se fosse ieri, l'espressione di una sofferenza interiore, e per la cosa in se stessa e per il fastidio che avrebbe procurato a me, in un momento non certo facile.
      Tale reazione della gente trova la sua spiegazione nel fatto che, nell'anno precedente, avevo avuto un'altra grossa difficoltà, a causa di un fulmine che aveva messo fuori uso il congegno della suoneria elettrica delle campane. Ma siccome la sincerità di un rapporto ha la sua verifica, proprio nel momento della prova, un gruppo di giovani, di propria iniziativa, iniziò subito in paese una sottoscrizione per la rifusione della campana, che già in dicembre era ad Agnone (Isernia), presso la famosa Pontificia Fonderia di campane della Ditta Mannelli, la più antica del mondo, fondata nell'anno Mille.
      Ripensando ora alla celerità del fatto, ho avuto conferma di quella che è la caratteristica fondamentale del carattere vallatele: una fermezza ostinata e puntigliosa nei momenti più duri.
      I tecnici della fonderia, rompendo la campana sul posto, per controllarne il peso, (risuona ancora ai miei orecchi l'eco di quei lugubri colpi!) rilevarono che, nella precedente rifusione, avvenuta sul posto circa 150 anni prima, la forma aveva subito un leggero cedimento da una parte, per cui la campana non aveva uniformità di spessore in tutta la sua circonferenza, e questo fatto, insieme certamente all'usura del tempo, ne aveva potuto causare la rottura.
      Al peso la campana risultò di Kg. 1.474 e nella rifusione si aggiunse del nuovo bronzo, per compensare il calo di fusione e conservare il peso dei 15 quintali.
      Per la fine di dicembre 1972 tutto era pronto per la colata che, a causa delle feste, fu rinviata al 10 gennaio 1973: vi assistetti personalmente, insieme ad un altro di Vallata, e, con viva e profonda emozione, recitando le Litanie dei Santi, benedissi la massa del metallo incandescente che fluiva nella forma. L'8 febbraio il campanone giungeva a Vallata, destando in tutti grande gioia, ed il 10 era già sistemato sul ceppo del campanile, in attesa che giungesse l'elettrotecnico, per il collegamento elettrico. La Pasqua del 1973 fu allietata dal suono armonioso della nuova campana, con la nota in perfetto "Re bemolle".
      Sulla campana sono state riportate le stesse decorazioni ed iscrizioni della vecchia campana:
      In alto: "Sanctus Deus, Sanctus fortis, Sanctus immortalis".
      Più in basso: "Christus vincit, Christus regnai, Christus imperat" con le immagini dell'Immacolata, di S. Bartolomeo Ap., di S. Vito M. e di S. Michele Arc. Sopra l'immagine di S. Bartolomeo campeggia un bello stemma di Vallata. E' stata sostituita soltanto la frase che ricorda l'anno di rifusione: "Rifusa a Devozione del Popolo di Vallata A. D. 1972" (3).
      Anche le altre campane riportano la data di rifusione:
      La campana mezzana dedicata al Ven. Vito Michele di Netta        1924
      La campana piccola, per la cui rifusione
      si spesero 60 ducati                                                                      1792
      La campana piccolissima                                                               1780
      Nel 1973 furono sistemati cripta, rosone e vetrate; nel 1974 ufficio parrocchiale e sala attigua, scalinata di accesso alle sale superiori e intonaco delle stesse, altare della cripata e battistero; nel 1976 intonaco e pavimento della chiesa; nel 1977 si provvide alla sistemazione dei tamburi interni della chiesa ed all'acquisto dei 65 banchi.

      Il 1978 fu tutto un fervore di opere: montaggio dell'altare maggiore e sistemazione della linea elettrica, ad opera del validissimo collaboratore G. Cicchetti; restauro del coro, di tre confessionili, dei due inginocchiatoi e del tavolino-credenza; rinnovamento degli arredi sacri; sistemazione dei due portoni esterni; ripulitura generale in cui anche i giovani diedero il loro entusiastico contributo, e finalmente, dopo aver trascorsa buona parte della notte, con il Cicchetti, a dare gli ultimi ritocchi, inaugurazione nella festa dell'Immacolata 1978.
      La popolazione si accalcò nelle varie Messe, senza poter nascondere la sua profonda commozione, fino alle lacrime, ed io stesso, a cui quasi ogni angolo della chiesa ricordava dei particolari di quei lunghi anni, dovetti farmi violenza, come in pochi altri momenti della mia vita, per non lasciarmi vincere dall'emozione.
      E' stata quella una delle più ricordevoli giornate della mia vita sacerdotale, in cui ho gustato tutta l'ebbrezza della mia consacrazione al Signore, nel servizio del suo popolo.
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      (3) La colombina della nuova campana risultò non ben centrata, per cui si rese necessaria l'applicazione di una controasola, che permette un funzionamento perfetto.

      Perché anche alle generazioni future possa giungere l'eco di quei momenti emozionanti della storia di Vallata, in cui vita e fede si sono integrate in armoniosa sintesi, riportiamo anche l'appello rivolto la domenica successiva alla famiglia parrocchiale, per una preparazione spirituale alla consacrazione della chiesa (in cui veniva ricordato anche il mio 25° di Sacerdozio), e la lettera di ringraziamento inviata agli emigrati.
      Carissimi,
      dopo un decennio di attesa, in cui c'è stata una commovente gara di generosità da parte di tutti i Vallatesi vicini e lontani, per la ricostruzione materiale della chiesa, possiamo ringraziare il Signore, datore di ogni bene, per il dono che ci ha fatto, di vedere finalmente realizzato un nostro comune desiderio.
      Come i sacrifici di questi anni ci hanno accomunati nella fede, di cui la chiesa materiale sarà, per noi e per le generazioni future, un "segno", così ora l'impegno cosciente e responsabile di ciascuno deve sollecitare tutti ad approfondire quei vincoli di fede e di carità, che realizzano l'autentica comunità cristiana, "Chiesa Viva di Cristo".
      In questo spirito ci prepariamo alla consacrazione della chiesa, che ci offre l'occasione di coscientizzarci maggiormente sul ruolo che ogni battezzato ha nella comunità ecclesiale, grande famiglia del "Popolo di Dio", per un comune impegno di evangelizzazione e promozione umana.
      Cercheremo pertanto di approfondire insieme gli insegnamenti ricordatici dal Concilio Vaticano II, con la Costituzione Dogmatica sulla Chiesa "Lumen Gentium", secondo il seguente Programma:
      Lunedì       18 dicembre ore 16,30 Relatore D. Franco Di Netta
                                                                         "Mistero della chiesa"
      Materdì     19        "         "       "          "       D. Gerardo De Paola
                                                                         "Il popolo di Dio"
      Mercoledì  20       "         "       "          "       S. E. l'Arcivescovo
                                                                         Mojaisky-Perrelli
                                                                         "Ministero del Papa e
                                                                          del Vescovo";
      Giovedì     21       "         "       "          "        D. Sabino Scolamiero
                                                                         "Ministero Sacerdotale
                                                                         e Diaconale"
      Venerdì     22       "         "       "          "       D. Antonio Tenore
                                                                        "Ruolo dei Laici nella
                                                                        Chiesa";
      Venerdì     22       "         "     18 Celebrazione Comunitaria Penitenziale con la partecipazione di vari Sacerdoti, che saranno a disposizione per le confessioni.
      Nel corso della celebrazione, D. Michele Falco porgerà un pensiero religioso sul tema: "Universale Vocazione alla santità nella Chiesa".
      Tutti sono vivamente pregati a partecipare a questi incontri biblico-liturgici ed alla funzione di
     

Consacrazione della Chiesa

      presieduta da S. E. l'Arcivescovo Mons. Gastone Moiaisky-Perrelli, che avverrà il 23 dicembre c.a., alle ore 14,30.
      Auguri a tutti di ogni bene, in fraterna unione di preghiera

      Vallata, 15 dicembre 1978

Il Clero locale

      Lettera inviata ai Vallatesi emigrati.

Natale 1978

Parrocchia "S. Bartolomeo Ap." Vallata

Carissimi,
      il Natale 1978 passerà alla storia di Vallata come il Natale della riconsacrazione della Chiesa Parrocchiale: un sogno da tanti anni vagheggiato ed oggi finalmente realizzato grazie alla generosità dei Vallatesi, quelli residenti in paese e quelli sparsi nel mondo intero.
      Penso di interpretare il sentimento comune, dicendo che noi tutti residenti in paese vi vorremmo presenti alla funzione di consacrazione, per partecipare insieme all'esplosione di gioia, che già abbiamo pregustato nel tornare in chiesa per la festa dell'Immacolata, e che non siamo riusciti a contenere senza l'emozione delle lacrime; per molti ciò sarà impossibile, per cui ci ripromettiamo di organizzare, nella prossima stagione estiva, una festa esterna, cui tutti possono partecipare.
      Comunque, pur così lontani, vi consideriamo presenti in mezzo a noi anche attualmente, perché siamo certi che in Cristo possiamo sempre incontrarci.
      La nostra preghiera salirà fiduciosa al Signore anche per voi, affinché benedica il vostro lavoro, i vostri sacrifici e le vostre famiglie. Anche voi sentiteci vicini nella fede che, particolarmente in questa circostanza, ci accomuna.
      Il cuore di tutta Vallata, dovunque si trovi, batta all'unisono in questo tripudio di comune esultanza!
      Il sorriso affabile di tutti voi, in occasione delle vostre gradite visite a Vallata e dei miei due indimenticabili viaggi in America e Canada, è sempre impresso nel mio cuore sacerdotale, per cui vi porto nel cuore, con un vivo e costante ricordo al Signore, perché provveda Lui a compensarvi di tanta generosità per la realizzazione di quest'opera, che considero il più bel regalo del mio 25° di Sacerdozio.
      Dev'essere anche per voi motivo di profonda soddisfazione l'aver collaborato per la conservazione e la valorizzazione di un ricco patrimonio artistico, tramandatoci dal passato, che noi affidiamo alle generazioni future, arricchito di veri gioielli d'arte, illuminata dalla fede.
      Il nostro comune impegno, come cittadini vallatesi e come membri della "Chiesa che è in Vallata", agganciandosi, nella continuità della fede, a questo patrimonio artistico e culturale (cui dovrebbero essere interessati anche i non credenti), ci sollecita alla promozione umana e cristiana nel presente, e ci proietta nel futuro, per tramandare ad altre generazioni quegli stessi valori, che costituiscono la nostra vera ed autentica ricchezza. E' questa la cultura autentica che, come cittadini responsabili e come cristiani convinti, intendiamo offrire alla società in cui viviamo.
      La costruzione materiale della chiesa ha per noi questo significato.
      Vi giungano pertanto le espressioni della mia più viva riconoscenza, per la generosa collaborazione offertami in questi anni, che continuerà, ne sono certo, anche per l'avvenire. Auguri di ogni bene per il Natale e Capodanno.
      Tanti bacioni ai vostri piccoli ed a voi un cordialissimo abbraccio ed un arrivederci presto

Aff/mo in X
(Sac. G. De Paola)


      Questo "Arrivederci presto" fu realizzato subito dopo le feste patronali del '79, cui parteciparono molti emigrati, con il mio terzo meraviglioso viaggio in America e Canada, per ringraziare tutti della generosa e fattiva collaborazione, e per rinsaldare maggiormente quei vincoli di profonda simpatia reciproca e di sincero affetto, che hanno sempre caratterizzato il nostro fraterno rapporto.
      Le indimenticabili feste organizzate ovunque dai "vulcanici" Vallatesi, sempre "bellicosamente gentili" (22 settembre a Newark; 30 settembre a Montreal; 4 ottobre a Toronto), oltre alle continue feste intime di gruppi familiari, sempre protratte fino alle ore piccole, hanno lasciato un ricordo indelebile nel mio cuore sacerdotale di "Padre della grande famiglia vallatele sparsa nel mondo": a tutti il mio vivo e sentito grazie, con un costante memento al Signore!
      Ma torniamo al discorso della riconsacrazione della chiesa, "Cer- vello e Cuore di Vallata".
      Dopo una settimana di intensa preparazione spirituale, secondo il programma di cui sopra, la mattina del 23 dicembre, durante la S. Messa, benedissi tutti i nuovi paramenti acquistati, consacrai i vasi sacri rinnovati, e peparsi l'acqua lustrale con quanto occorreva per la consacrazione.
      Nel primo pomeriggio, all'ora stabilita, S. E. l'Arcivescovo fu accolto festosamente in chiesa, gremita di gente, e diede inizio alla solenne funzione di consacrazione della chiesa e dell'altare rivolto al popolo, assistito da una ventina di Sacerdoti, venuti per l'occasione.
      La locale Schola Cantorum, con canti molto espressivi, ravvivò melodiosamente la funzione, seguita dal popolo con devoto raccoglimento in tutte le sue parti, e conclusa con la concelebrazione di tutti i Sacerdoti presenti.
      A conclusione furono letti il Decreto Vescovile di Consacrazione della nuova chiesa e il Telegramma di S. Santità, che inviava a tutti l'Apostolica Benedizione, accolta da uno scrosciante applauso.
      Riportiamo i testi:
                                    "Nos Gasto Mojaisky - Perrelli
      Dei et Apostolicae Sedis gratia Archiepiscopus administrator apostolicus Archidioecesis compsanae et dioecesium S. Angeli Lombardo-rum, Bisacien et Nuscanae.
      Hodierna die solemniter consecravinus ecclesiam paroecialem oppidi "Vallata" deo dicatam in honorem B. Bartolomei.
      Similiter consecravimus altare maius in honorem eiusdem beati Apostoli.
      Concessimus indulgentiam partialem lucrandam condicionibus a jure statutis. Dies anniversaria celebretur quotannis de more. Datura in oppido "Vallata" die XXIII mensis decembris A.D. 1978

Archiepiscopus
+ Gasto Mojaisky-Perrelli


      Vaticano 15/12/1978
      Nel ricorrente venticinquesimo anniversario ordinazione Sacerdotale Parroco Chiesa dedicata at San Bartolomeo in Vallata et occasione inaugurazione nonché consacrazione medesimo Sacro Tempio Sua Santità esprime Pastore felicitazioni et paterni auguri lunga et serena testimonianza suo ministero auspica che ricostrutto edificio culto sia sempre fervoroso centro animatore vita liturgica casa preghiera et santificazione popolo di Dio mentre di cuore imparte Clero et fedeli implorata benedizione apostolica propiziatrice doni et aiuti celesti.

Cardinale Villot


      La nostra rassegna non poteva avere conclusione più felice che con la propiziatrice Benedizione di S.S. Papa Giovanni Paolo II, che tanto entusiasmo sta suscitando nel mondo intero, aprendolo alla speranza di

"Cieli nuovi e terra nuova".

      Nutriamo pertanto la fiduciosa speranza che la rievocazione del passato, ravvivata dal nostro comune impegno nel presente, sia un lieto e promettente auspicio di promozione umana e religiosa, sociale e culturale di questa nostra cara Vallata, bellicosamente gentile.

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