SCRITTI VARI - Tommaso Mario Pavese - NOVELLE - Amore vince.

NOVELLE

Amore vince*

        Nel giardino olezzante di fresche rose, la brezza del mattino faceva tintinnire le foglie degli alberi carichi di fiori bianchi e vermigli, ed un tenue profumo inebbriava soavemente. Qualche garrulo uccello trillava la sua gaia aerea canzone: era l'allodola bella che, balzando come freccia su dagli steli del grano, s' immergeva nel cielo di zaffiro, allontanandosi fino a diventare un punto nero, appena visibile, ma emanante i più sonori e lieti gorgheggi. La natura si era rinnovata tutta, al bacio giocondo della primavera : il sole come un mite e grande occhio umano, ma lampeggiante, brillava nel cielo sereno ; e, tra i rami e le foglie, formava i più mirabili riflessi luminosi.
        Elvira girava pel giardino : e a quel tiepido soffio del zeffiro, al profumo dolce ed inebriante delle erbette primaverili si sentiva il cuore inondato di gioia. Era rosea e bella : la gioventù piena ed esuberante le faceva sentire tutta la bellezza della sua esistenza nutrita di sogni ridenti e di ebbrezze.
        Mai aveva goduto la vita come allora ; l' amore dava alla sua anima gaiezza , al suo viso un verginale rossore divino ; negli occhi, che avevano la glauca e maliatrice trasparenza del mare, le errano desiderii , lampi e fremiti arcani. Coglieva le tenere rose , sulle quali il sole faceva risplendere come perle le gocciolino di rugiada; e se ne adornava lieta il seno, in cui le poppe curve si disegnavano nette e distinte , quasi desiose di vincere la pressione del busto, per balzarne fuori tumide e frementi. Sembrava davvero una Venere, quando s'aggirava pel prato, ed il sole le inondava il bel corpo proteso e la chioma bionda, che faceva un gradito contrasto col niveo candore delle vesti.

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* Da Il Corriere del New Jersey, Newark, N. I., 18 ottobre 1913.

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        Errò circa un' ora nel giardino, osservando i fiorì e le piante ; poi si sentì stanca, e si mise a sedere sul margine d' una vasca , in cui l' acqua cadeva canterellando e brillando al sole.
        Evidentemente aspettava qualcuno. S'era alzata presto quella mattina per deludere la vigilanza della marchesa sua madre, la quale non voleva sentirla affatto parlare del suo amore per Giulio, perchè questi era un borghese, mentre ella era una nobile delle più illustri famiglie. Non erano, dunque, che vecchi e vieti pregiudizi, follie di nobiltà, che facevano pensare così alla marchesa. Perchè Giulio era del resto un ottimo giovane, bello , vigoroso, intelligente, che faceva nutrire le più belle speranze per il suo avvenire.
        Ed essi si amavano entrambi fino alla follia : si avevano molte volte scambiate le più roventi parole amorose, e l’entusiasmo e l’ebrezza dei loro cuori li aveva spinti talora anche a baci ed a tenere carezze. Si sentivano attratti entrambi dalla forza di amore, come da una potenza arcana ed irresistibile, come da un fato onnipotente che violentemente li dominasse. Perciò ogni proibizione di amarsi riusciva inutile.
        Giulio aveva sempre sentito per Elvira una grande simpatia, un amore intenso e profondo. Ella dapprima non voleva saperne affatto di lui; poi, a poco a poco un sentimento di stima, di simpatia cominciò a farsi strada nel suo cuore; e questo molteplice sentimento crebbe oltre modo, tutto ad un tratto, quando Giulio, con sublime slancio di abnegazione e di coraggio, salvò un fratellino di lei dal morire annegato.
        Finalmente Giulio venne. Al vederla resa tanto più stupendamente bella dalla vivida luce del sole, dal luogo, dall'ora e dalla dolce stagione, sentì un sussulto frenetico al cuore, e non potè fare a meno di dirle, con L’ardore più sincero, così : " L' amore che sento per te, germoglia e s'accende in ogni fibra del mio cuore, in ogni goccia del mio sangue. Tu mi sei necessaria e cara come la luce, come l'aria, come la mia stessa vita; ogni mio sogno, ogni mia ebbrezza di amore vive e palpita per te sola. O tutta mia, ti adoro, ti bramo; vorrei attaccarmi a te, come l'edera all'olmo, come l'acqua alla sorgente, come la luce al sole, come l' aria alle cose. Vorrei vivere nei tuoi pensieri, nei tuoi occhi, nel tuo sangue, nel tuo cuore, vorrei cospargere di rose il cammino della tua vita, vedendo sempre te giocondamente sorridermi, come la face più splendida del mio ideale,,
        Ed ella rispondeva dolcemente: “Tenero amico mio, l'amore che senti per me, ti è, ad usura, ricambiato; tutti i palpiti ed i fremiti del tuo cuore per me, come per incanto, si comunicano anche al cuor mio, che batte ed ama all'unisono col tuo. Tu hai tutti i miei pensieri e tutto il mio affetto; il mio amore per te è così forte che, in certi momenti, mi sembra di aver la febbre e di delirare, tanto è l'ardore della mia anima. Ti amo e ti amerò sempre; finchè il sangue mi circolerà nelle vene ed il cuore mi batterà nel petto, tutti i miei sentimenti più forti e più soavi sono e saranno per te solo…. „

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        Così l' affetto dei due amanti cresceva, s' ingigantiva ogni giorno più, malgrado il risentimento della vedova marchesa. Infine i giovani, non potendo più a lungo resistere alla foga ed all' impeto prorompente dei loro cuori, decisero di domandare ai capi delle rispettive famiglie il permesso dì sposarsi. Essendole stato ripetutamente rifiutato il permesso di maritarsi a Giulio, Elvira pensò come supplire alla mancanza di quel consenso che non le fu voluto accordare a niun patto.
        Fu sventato un tentativo dì fuga, dopo del quale Elvira venne sottoposta ad una rigorosa vigilanza , e la marchesa impedì a Giulio di più frequentare la casa sua.
        Così i due, lontani e divisi, si struggevano continuamente in una febbre di passione, allettata ed alimentata dal ricordo incessante dei soavi piaceri e delle ebbrezze passate.
        Intanto la marchesa doveva necessariamente partire, per visitare un fratello morente. Partì, difatti, raccomandando alla cameriera e ad un servo che facessero ad Elvira la più assidua vigilanza che mai.
        Fu vano. Il giorno dopo Giulia ed Elvira, avidi di carezze e di baci, pieni di fremiti e d'estasi, passeggiavano insieme, liberi, sotto il limpido cielo stellato di Venezia.

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