SCRITTI VARI - Tommaso Mario Pavese - Panorami e primavera d'Irpinia.

Panorami e primavera d'Irpinia.

        L'elevatezza de' monti irpini rpini permette di scorgere ampi e lontani panorami, non solo della nostra regione, ma anche del resto della Campania , della Basilicata e degli Abruzzi. Da Frigento (911 metri sul livello del mare), da Treviso (1090 metri), da Montevergine (1270 m.), tacendo di altri paesi a minore altezza , si scorgono , infatti , nei giorni splendidi e serenamente luminosi, Vasti , bellissimi paesaggi.
        Quei monti sembrano dominare un'enorme conca verde, frastagliata, lontano, intorno intorno e, più dappresso, qua e là da colline e da altri monti; intarsiata d'alberi e d'azzurro ; protetta blandamente dalla lucida coppa scintillante del cielo. So, anche per averli visti, del mare incantevole di Venezia e di Napoli—festante sirena infuocata pur dal fremito del bollente Vesuvio —, e de' loro tramonti d'oro; della smagliante riviera ligure, piena di bellezza e di luce; delle graziose città della marina adriatica, leggiadre ninfe a specchio delle chiare acque mormoranti sommesse, come onde di laghi: luoghi splendidamente deliziosi, verso i quali i più eletti artisti compiono persino oltraggio , i pittori a ritrarre, i poeti a descrivere.
        Ma da noi è una vista ben nuova, quasi a tutti sconosciuta, e diversa. Non placide brezze di mare e tenui mormorii di onde; non barche e gondole erranti sul golfo o sulla laguna, cariche di amori, ebbre di poesia; ma folate bizzarre ed improvvise di vento, che vengono da' campi verdi, da' villaggi sparsi, appollaiati, distesi or qua or là, nel cavo della superficie immensa; susurri di fronde, voli e cinguettii d'uccelli, amori furtivi e possenti di villani e di signori. Tocchi argentini e sonori di campane e battute di orologio si rendono presenti: spesso si vede' agitare e svolgere la vita per le strade dei paesi sottostanti.
        L'albe, il sorgere del sole ed i tramonti hanno qui anch'essi un incanto meraviglioso. I zeffiri blandi rinnovano il sangue , il cielo diventa talora iridescente. A gli orli del suo immensurato sfondo grigio, a partire dall'estrema catena de' monti, si cominciano a staccare come dei bioccoli di lana verdi e, più su, gialli, e più lontano ancora rosei, divisi tra loro, intersecati intanto dal compatto grigiore del resto del cielo, qua e là soffuso dal pennacchio, di qualche bianca e tenue nuvoletta.
        Le foglie tremano al vento. Regna una pace immensa : non rumori assordanti di industriose città, non fischi di vaporiera : il mezzo di trasporto più veloce, unico, è qui l'automobile.
        Rompono il silenzio soltanto un raro abbaiare di cani, il belare degli armenti, qualche muggito di bovi , i canti di agricoltori e di villanelle , i trilli degli uccelli tra le siepi e per l'aria. Così a Frigento, così a Trevico.

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        Ricordo un paesaggio verdazzurro , fasciato di nebbia leggiera come sottile velo d'argento.
        Viaggiavo — due anni son per trascorrere — con un mio cugino, da Zungoli alla vicina Villanova del Battista. Scendeva calmo e queto il tramonto roseo dell'ottobre; e d'intorno si sentiva solo l'alito della brezza tra le foglie di qualche albero rado, e per l'esteso piano. In fondo, abbastanza lontano, tre catene quasi ascendenti, ondulate, di colline e di monti, fendevano il candore perlaceo del cielo, vegliante come un placido dio propettore. E non vidi mai nella natura nulla più soave di quel cielo; non sentii mai alito più benigno di quella brezza. L'automobile di una gentile e capricciosa fanciulla aveva preceduto un carrozzino dove andavo. Un amico cacciatore ci venne incontro, recando, pel becco, una starna uccisa. E tramonto scendeva colmo d'un insolito mistero. Strisce violette, rosse, verdi, aranciate, gialle, frammiste da tratti brevi di altro oro, orlavano l'estremità inferiore del cielo, poco sopra i monti. Oltre quelle strisce, nuvole grige picchiettate di rosso, ed ampie curve azzurre, come di mare che si specchiasse nel cielo.
        Veniva dal cielo, veniva dal piano e dalla verde conca che s'imbruniva, o veniva dall'anima tutto quel mistero ?
        La curva de' monti d'Appennino, ondeggiante e frastagliata intorno intorno, par che segni la linea di confine fra la terra ed il cielo. Il paesaggio sembra composto di un'enorme sfera, dalla cui calotta superiore il sole domina sul creato per l'azzurro immenso; mentre nell'inferiore, nella concava valle, per i pendii sinuosi e scoscesi delle campagne, si distendono grandi tappeti d'erba, ora smeraldini, ora di un verde più intenso; interrotti solo da varie zone di terra cupamente rosseggiante, e da numerosi alberi sparsi qua e là, e ricoperti di fiori in tante gradazioni di giallo, di bianco e di vermiglio, spesso alternate anche col verde.
        Oh, come lieti ridono questi campi, che qua si abbassano, là si elevano; interrotti da collinette aguzze, da poggi , da argentei ruscelli mormoranti, sempre leggiadri e deliziosamente pittoreschi, assai più delle enormi monotone lande in pianura, percorrendo le quali l'occhio e la mente ricordano invano che

“ per troppo variar Natura è bella „ !

        Gli uccelletti, risorti anch'essi dal rigore del verno, fin dalla prim'alba e nelle silenziose e stellate notti, inneggiano e tripudiano con una dolcezza infinita. E passeri e cardellini , vispi e festanti, con mille giri, con mille volteggi, s'inseguono giù dà gli alberi, su per l'aria e per le floride siepi. E mentre i colombi fendono, trepidi o baldanzosi, lo spazio; e da lontano s'ode il cuculo ritmicamente ripetere cuccù; e risonano lenti i rintocchi de' campani delle mandre pascolanti : e vanno lieti per l'aria canti scherzosi e madrigali di contadini e di villanelle, cardellini ed usignuoli compongono intanto, mirabili artisti !, le più soavi melodie.
        I cardellini, a coppie od a frotte, scherzando ed amoreggiando , volitano di qua e di là , fremono, palpitano, folleggiano, raramente interrompendosi, per comporre un trillo soave, breve, argentino, talvolta lieve come un sospiro. L'usignuolo invece, nascosto tra le foglie , canta più a lungo , e così dolcemente, che anche gli altri uccelli, se non sono distratti da amori o da amorose risse, tacciono ed ascoltano con riverenza il maestro; il quale—quasi sempre dal culmine degli alberi—è quello che più domina l'ambiente, con canti che si ripercuotono di lontano.
        E che canti !
        Son note garrule, liquide, come di flauto, trilli e fischi armonici, sommessi e squillanti, che esprimono malinconico amore, vano desio, dolorante attesa; sono gorgheggi ampi, soavi, timidi, flebili, nitidi, appassionati e dolci, agili e prolungati, che or sminuiscono, or crescono; ora sembrano gioire ed elevarsi come un inno di vittoria e di melodico giubilo, ora sembrano implorare, interrogare, piangere, come in un'elegia.
        Canti sempre vari e sempre belli , modulati come su uno strumento polifonico , tripudianti , frementi , palpitanti , in un crescendo talora meraviglioso. Suoni che — nelle limpide notti lunari o, di giorno, quando l'aria è più calma e più cheta — s' inseguono senza posa , per lunghi intervalli di tempo, interrotti solo da brevissime pause ; scoppi di trilli melodiosi con suono di perle saltellanti su cristalli, pigolii, chioccolii, gorgogli come d'acqua tra' sassi ; cinguettii di passeretta, stridi, forti schiamazzi e gemiti par che chiamino, celiino, ridano, invochino.
        Nè stancano a sentirli. È la natura , che così si mostra nelle sue maggiori perfezioni, nelle sue maggiori leggiadrie, in questi luoghi in cui essa regna, ride , gioisce eterna , solo raramente interrotta da un qualche raggio di umana arte bella.

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Da Il Corriere del New-jersey, Newark, N. J., 4 ottobre 1913, dal Bollettino Bimestrale, Milano, Gennaio – Febbraio 1923, dal Don Basilio, Avellino, 28 Gennaio 1922 e 28 Febbraio 1923, e da Il Moccolo, Benevento, 26 Novembre 1923.

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