Studi Sociali e Giuridici - Tommaso Mario Pavese

1. — Definizione del socialismo

        Schäffle definì il socialismo: la sostituzione del capitale collettivo al privato e l’ordinamento più sociale del lavoro. Altri, col Malon, lo definirono: la giustizia economica e la trasformazione sociale, nonchè la rigenerazione mentale, il rinnovamento intero della umanità in un ordine di civiltà superiore.
        Ad ogni modo, è certo che il malcontento del maggior numero degli uomini per le loro misere condizioni economiche e morali, più che di leggi di natura, è effetto di viziose istituzioni sociali, le quali fanno sussiste re gli uni di fronte alle altre, tanti bisogni insoddisfatti e tante ricchezze superflue, tanti ozi felici e tante disperate fatiche, la coltura da una parte, e la ignoranza più completa dall’ altra: ed in ogni nazione, fanno sussistere ancora due classi di cittadini, delle quali l’una — numericamente assai inferiore — è superba, diffida e teme; l’altra invidia, freme, minaccia, ed a frenare le sue continue ribellioni ora latenti, ora violente, cui partecipano moltitudini intere, occorre usare, oltre al terrore delle leggi, la forza delle armi.
        A sì grave cumulo di’ mali v’è o non v’è qualche rimedio, o un complesso di rimedi, perchè regni fra le classi sociali pace e felicità maggiore, e l’uomo non sia ancora e continuamente homini lupus? Un beninteso socialismo deve attendere appunto a trovare tali rimedi che indubbiamente esistono, senza eccedere in ribellioni che turbino l’ordine pubblico, e senza gittar esca all’invidia che divampa tra ricco e povero; deve quindi essere evoluzione e non rivoluzione, incitamento alla fratellanza, non al disordine, all’ odio ed al sangue.
        A parer mio, il socialismo attuabile è: giustizia distributiva verso tutti, proporzionata alla difficoltà, all’asprezza, alla durata ed al risultato del lavoro materiale o mentale compiuto; è istruzione ed educazione morale e civile più completa in ogni classe sociale, istruzione di mente ed educazione di cuori; è riconoscimento da parte del legislatore di quelli che sono i bisogni, i giusti e legittimi desideri dei vinti della società presente: è insomma raggio di civiltà migliore che faccia molto attenuare i rancori di una classe ingiustamente oppressa verso l’altra, perchè tutti gli , uomini concordemente concorrano al raggiungimento di un maggiore e più diffuso stato di felicità. — Non abolizione della proprietà, dunque, perchè la proprietà è stata ed è, pur troppo, tuttavia la sola più efficace spinta al lavoro materiale ed al miglioramento intellettuale: non sostituzione arbitraria della preponderanza operaia alla preponderanza borghese ed aristocratica; ma prevalenza di chi più merita a chi meno merita, di chi più e meglio produce a chi meno o peggio produce. E ciò sempre senza rivolgimenti tumultuosi, ma mediante una provvida, efficace, illuminata legislazione sociale, e mediante un’opportuna educazione morale e civile, che faccia essere ciascuno contento del grado che colle proprie oneste attitudini e riuscito a conquistare. — Gli spinti fautori del socialismo abbandonino quindi sogni e chimere, il cui avvento è forse desiderabile, ma la cui realizzazione è ancora, certo, troppo lontana; abbandonino tali astruserie, perchè essi così inconsciamente si oppongono al sollecito miglioramento e progresso delle condizioni umane; e svolgano invece concordemente la loro opera verso ciò che può dare pronti, sicuri, e sopratutto durevoli e buoni risultati pratici.

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