Studi Sociali e Giuridici - Tommaso Mario Pavese

4. — Critica delle teorie anarchiche

         Io non mi addentrerò in una critica particolareggiata di queste teorie, perchè alcune affermazioni e confusioni anarchiche brillantemente si possono confutare da tutti, e non meritano quindi onor di critica scritta.
         Da tutte le teorie anarchiche, dunque, si vuole abolire il diritto e lo Stato che lo fa valere. Ma con quali ragioni?! Se si avesse piena facoltà di agire senza la coercizione di alcuna norma di azione che si imponesse a tutti indistintamente, si sostituirebbe l’arbitrio e la forza più brutale alla ragione ed alla giustizia. L’uomo non può essere arbitro di stabilire egli i diritti che gli competono, secondo le condizioni empiriche che volta per volta gli si presentano, perchè non darebbe torto a sè stesso che in casi eccezionalissimi; e la sua decisione non sarebbe mai creduta precisa e sincera, perchè egli evidentemente deciderebbe secondo un sentimento subiettivo d’ interesse e secondo dl suo egoismo. E così lo Stirner, che fa la più esagerata apoteosi dell’egoismo, e vuole ciò nondimeno che solo l’individuo che è in controversia giudichi egli stesso se ha torto o ragione, con tali contradizioni confuta brillantemente sè stesso, perchè egoismo e diritto sono termini inconciliabili per il noto aforismo nemo iudex in causa propria. Al contrario, anche ammesso (ciò che non è e forse non sarà mai) che l’uomo possa avere solo sentimenti sociali ed altruistici, sempre sarebbe necessario il diritto con le sue sanzioni ed uno Stato che le faccia valere, se non altro perchè essi intervengano quando l’individuo eventualmente violi i doveri sociali ed altruistici.
         Nei tempi preistorici e nelle epoche immediatamente successive, prevalsero la forza brutale e l’egoismo, che erano le sole leggi: coll’abolizione dello Stato e del diritto e coll’attuazione di alcuni principii anarchici, evidentemente noi faremmo un infelicissimo ritorno a quelle epoche. Troppo sangue, troppe guerre, troppi sacrifizi di sublimi virtù, di eroismi e di nobili ingegni costò fa relativa civiltà cui siamo giunti, perchè noi dovessimo così, senza raccapriccio e senza grande dolore, tornare all’orrenda barbarie antica. Vi sono utopie che, se non altro, possono dar segno di nobili cuori e di eque intelligenze; tale è, per esempio, il socialismo; nel quale anzi quella corrente di pensiero che va sotto il nome di sansimonismo, come ho innanzi dimostrato, racchiuderebbe la migliore conquista della morale, se le sue teorie fossero con precisione praticamente attuabili nel distribuire le ricchezze. Ma altre utopie dimostrano invece solo anormalità della mente o perversità del cuore, e tale è l’anarchia.
         In un ordinamento senza Stato, la qualità e la quantità del lavoro dovrebbe necessariamente regolarsi secondo gl’intendimenti dei singoli soci. Ed allora sarebbe inevitabile un enorme e continuo conflitto sociale, perchè le idee anarchiche certo non potranno mai determinare una trasformazione del carattere e delle tendenze umane, tale da non far sempre senza dubbio preferire le terre più fertili, le officine e le case più comode e più sane, le professioni e le industrie più agevoli e meno pericolose. Così si fuggirebbero le condizioni e professioni più disagiate, e non sarebbe garantita alla società da alcun potere legale, ma solo la una coercizione violenta o dalla libera adesione, l’esecuzione di ogni specie di lavoro ad essa necessario.
         L’ anarchia deve respingersi, principalmente, perchè l’umanità non potrà mai fare completamente a meno dello Stato, delle sue leggi, del suo potere punitivo e coercitivo, che servono a regolarne l’indirizzo ed i rapporti sociali, a comporre i litigi, a frenarne le cattive tendenze. Solo è desiderabile però che lo Stato e le leggi lascino in certi casi una più ampia libertà di esplicazione alle lecite ed innocue attività individuali, e che invece di tutelare con grandissima preferenza gl’interessi di un enorme minoranza numerica di ricchi e di potenti, tutelino paternamente gl’interessi di tutti i cittadini. L’abolizione di certi ingiusti ed esosi privilegi, ed una distribuzione più razionale delle ricchezze, invece di condurre, come farebbe l’anarchia, a vele gonfie, alla barbarie più retrograda e brutale, condurrebbero al progresso generale e ad un maggiore affratellamento degli uomini; che diventerebbero cosi più intelligenti e più buoni, e quindi più liberi, perchè meno bisognosi di un’ assidua vigilanza da parte dello Stato.
         Ma l’anarchia non e immorale, illogica e ingiusta solo per le sue teorie: essa e anche più dannosa, incivile e barbara nella sua applicazione pratica. Che vi siano delle teorie sbagliate, passi pure; ma che queste teorie si vogliano imporre colla forza, con la rivoltella, col pugnale o con le bombe, colpendo spesso più i sudditi che i sovrani, è opera da forsennati, da cannibali, non da persone serie ed illuminate. Le teorie anarchiche non sono così seducenti, da potersi accettare come dogmi di fede, senza discuterle; anzi, tutt’altro: perciò esse non vanno imposte con la forza, coll’ipse dixit.
         Se gli anarchici sono convinti che la ragione è da parte loro, perchè non cercano di convincere anche noi, ma solo con la ragione? Se siamo in errore noi, vogliamo essere illuminati; altrimenti cerchiamo d’illuminar loro per farli ravvedere. Ebbene, nè gli anarchici, nè i governi (ed accenno anche al governo ora finalmente solo spirituale, la Chiesa) fecero in proposito saggia opera di educazione e di prevenzione. Già ho accennato in qual modo assurdo e barbaro gli anarchici cercano d’ imporsi, senza persuadere.
         Essi stessi (a meno che non siano addirittura dementi) forse si accorgono che la ragione non li assiste, e cercano perciò di supplirvi colla violenza. Ed i governi che fecero in proposito? In tutt’altre faccende affaccendati, i governatori dello spirito, i preti, non predicano quasi mai contro le uccisioni e contro gli altri delitti previsti dai comuni codici penali. Essi fanno tutt’altra propaganda, hanno tutt’altra missione da compiere: astenetevi dalle carni; adorate le braccia al sen conserte, il Signore Dio vostro!
         I governatori dei popoli, i legislatori, alla forza brutale degli anarchici opposero la forza non sempre sufficientemente persuasiva delle leggi penali.
         L’opera dei legislatori fu, quindi, anch’essa incompleta ed erronea. Saggia opera di governo è il prevenire, non il reprimere; così come miglior medico è chi sa prevenire e quindi evitare i mali, anzichè chi sa curarli. Che importa alla società che un pazzo qualsiasi sia imprigionato (e spesso neanche questo può ottenersi), dopo che egli ha già avuto agio di uccidere un buon sovrano e fors’anco degl’ incolpevoli sudditi?
         Altrove è il rimedio: si educhi il popolo, si diffonda la buona stampa e l’istruzione sana, si dia il giusto a chi spetta. Evitiamo noi per prima di metterci in condizioni antigiuridiche ed immorali; così si impediranno le reazioni, con i conseguenti possibili delitti. E la chiesa predichi non l’inutile astinenza dalle carni e tante altre insignificanti quisquilie, ma l’astinenza dal delitto. La repressione dei reati non è dovere solo dello Stato: prima di essere eseguiti, i delitti sono concepiti negli animi; e qui appunto la Chiesa deve esercitare tutta la sua influenza, per impedire tutti i possibili fermenti del male.
         Sia pur essa logica ed umana: i tempi son mutati, ed a Dio non si giunge solo col portare i cilizi e col biascicare avemmarie. Tutti organizziamoci per il bene. Chiesa e Stato abbiano per fine unico e concorde il rendere l’uomo sempre più progredito e perfetto in tutti i campi.
         E sia questa anche la missione, il labaro degno della stampa, che non fomenti le ire in cuori selvaggi ed in menti incolte; non spinga al male gl’incoscienti, facendone de’ forsennati; ma si adoperi solo per la diffusione ed il progresso delle nobili idee; le quali poi, quando avranno preso il predominio de’ cuori, troveranno da sè modo di attuarsi, coll’evoluzione e non con sanguinose rivoluzioni, nella pratica.

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