Studi Sociali e Giuridici - Tommaso Mario Pavese

IV. — La necessità della riforma dell’istituto della famiglia secondo il pensiero giuridico-sociale

         Ed è qui opportuno ricordare che non può dirsi morale nè logica una legislazione che, per non concedere il divorzio, tollera e scusa enormemente i delitti contro la persone commessi dal coniuge offeso per adulterio sui suoi offensori (art. 377 cod. penale), venendo così quasi ad equiparare un coito ad un esistenza umana: equivalenza che, se nella legge non è completa, è però completa nella coscienza dei giurati, i quali quasi sempre, anche in casi discutibili, assolvono chi è stato omicida perchè offeso dall’adulterio. L’attenuante dell’articolo 377 cod. pen., che in tutti i casi è eccessiva, ammesso il divorzio, dovrebbe abolirsi specialmente per quanto riguarda il flagrante adulterio, potendo invece generalmente bastare le disposizioni attenuanti stabilite dalla legge per l’imputabilità.
         Trattando innanzi questo tema, sul quale fo ora molte nuove considerazioni, accennai anche a varie legislazioni antiche e vigenti, estere e nazionali, nonchè alle opinioni espresse in proposito da’ più grandi filosofi, giuristi e scrittori della Chiesa. Fra i quali, ammettono il divorzio Hegel, Trendelenburg, Ahrens, Miraglia, Bovio, il congresso giuridico di Firenze del 1891, Ulrici, Fiore, Colajanni, Ferri, Arcoleo, Cogliolo, Barzilai, Cimbali, Villa, Betenini, Borciani, Cocco-Ortu, Zanadelli, Tertulliano, San Matteo, la Riforma. De Foresta, Bianchi, Luzzatti; lo condannano Rosmini, Filomusi-Guelfi, Gabba, Gianturco, Chironi, S. Marco, S. Luca, S. Agostino ed i concilii. Attualmente il divorzio è ammesso nella maggior parte degli Stati di Europa ed in America, e gli scrittori esteri, s’intende, sono in generale ad esso favorevoli. Le sole legislazioni che lo proibiscono più assolutamente sono quelle della Spagna, del Portogallo, dell’Austria e dell’ Italia; nazioni che certo non sono poi tanto all’avanguardia del progresso, nelle quali il Papa con i suoi seguaci, è, pur troppo, ancora molto ascoltato. In Italia il divorzio fu abolito con la dominazione francese (a. 1815); e, dal 1865 ad oggi, molti pubblicisti e giureconsulti fecero e fanno grandi sforzi per farlo ristabilire, ma non vi sono ancora riusciti. Rispondo ora, brevemente, ad alcune contestazioni mosse dagli illustri professori Gabba, Gianturco e Salandra. Innanzi tutto, lo ripeto, i preti badino al matrimonio religioso, chè non è affar loro legiferare in materia civile. Nè è vero che il divorzio sia propugnato solo da coloro che sono in fregola di malcostume e di lussuria, bensì anche da coloro che non amano vedere alcune famiglie diuturnamente inquinate da luride piaghe; che fanno le famiglie, ciò non ostante, talvolta, ancora sussistere, ma solo per essere oggetto di compassione, oppure di riso, di ludibrio e di scherno.
         Si adduce, poi, che il divorzio non gioverebbe all’aristocrazia, perchè, essendo già corrotta, continuerebbe a rimaner tale; mentre l’introdurlo potrebbe, d’altra parte, guastare i buoni costumi de’ nostri contadini. Invece, pur senza insistere sull’affermazione dello Stecchetti:
         « L’ innocenza de’ campi è un pregiudizio », osservo che il divorzio non recherà danno, appunto, al costume dell’aristocrazia, se è vero che è già corrotta; né ai costumi popolari, che si manterranno buoni, se è vero che è questa la loro tendenza e la loro indole. — Nè lo Stato deve preoccuparsi — come gli oppositori del divorzio vorrebbero — che la Chiesa, la quale molto gli è contraria, si adirerebbe, se il divorzio si introducesse; altrimenti sarebbe un’affermazione puramente formale quella cavouriana della libertà dello Stato in libera Chiesa, e viceversa. E neppur vale affermare che il divorzio, bene adatto ad altre Nazioni e ad altri popoli, non sarebbe, invece, adatto per gl’Italiani. Al contrario, il cuore umano vibra allo stesso modo ed ha i medesimi impulsi, nonostante il variare della longitudine, della latitudine e de’costumi. Se nel matrimonio possono talora capitare de’ mali, come in qualunque organismo e società vivente; gl’individui possono pure — più o meno a malincuore — rassegnarsi alla tolleranza ed al sacrifizio; ma non supinamente ad ogni male, bensì entro certi limiti. Non tutti hanno, del resto, il dovere di imitare Giobbe: invece, lo limiti pure chi ne ha la vocazione.
         Ricordo ora, ad esuberanza, altre opinioni di sommi nostri giuristi e filosofi. E Pessina, in Elementi dir. penale vol. 2. scrive: « La sola conseguenza giuridica che legittimamente possa apparire, posto l’adulterio, è il diritto del coniuge offeso ad ottenere il divorzio ». Luigi Lucchini, vanto della magistratura italiana, in Digesto ital., voce Adulterio, così scrive: « Il divorzio è il solo mezzo preventivo e repressivo che possa essere serio ed efficace vindice della violazione della fede matrimoniale ». Nel volume 7° del Codice penale di Crivellari-Suman si legge: «In materia di adulterio, riteniamo il divorzio un ottimo surrogato alla sanzione penale, della quale esso è più concludente ed efficace ». Alessandro Sacchi, in Digesto ital.: «Se alla moralità vuol farsi appello, se alla verità, se alla logica, una sola cosa risulta da tutto questo: ed è la grande, la indiscutibile necessità del divorzio ». Impallomeni, Codice penale italiano, vol. 3°, scrisse: « Punire l’adulterio e conservare il vincolo coniugale è una solenne contradizione. L’adulterio rompe il patto matrimoniale, e perciò sua conseguenza logica è il divorzio ». Nell’ Enciclopedia di diritto penale, diretta dal Pessina, vol. 9°, Tuozzi afferma: « Accanto alla disposizione del codice penale, che colpisce il coniuge infedele e il complice della meritata pena, ve ne dovrebbe essere un’altra nel codice civile, che accordasse il divorzio in caso di adulterio ». Nel Trattato di diritto penale del Florian, vol. 5°, A. Pozzolini così si esprime: « L’ adulterio non può considerarsi che come violazione di un obbligo puramente civile a cui devesi provvedere con sanzione civile. E la sanzione civile non può essere che il divorzio, del quale la causa di adulterio è la causa tipica, principale e costante.
         Salvatore Barzilai scrive: « Da gran tempo — a prescindere dall’esperienza che può venire da recenti processi — ritengo indispensabile, più che desiderabile, a complemento dell’istituto del matrimonio civile, la istituzione del divorzio anche in Italia ». Giuseppe Salvioli afferma: « Io mi sono convinto che l’indissolubilità sia l’ideale dell’unione coniugale, e che in conseguenza la religione e la morale, che tendono al perfezionamento dell’uomo, debbano sancirla, anche laddove uno de’ coniugi subisca un sacrifizio della sua felicità. Ma il legislatore civile, che ha in vista fini più pratici e relativi, deve anche in questa materia tener conto di altri elementi e soddisfare a diverse e molteplici esigenze: ed in quest’ordine di idee deve essere il divorzio ammesso in certi casi come una dolorosa necessità per ovviare a scandali ed a mali maggiori ». Pietro Cogliolo ha scritto: « La istituzione del divorzio è non solo desiderabile, ma necessaria, anche in Italia. Le idee religiose, specie cattoliche, la fanno ritardare, ma anche in questo il progresso fa il suo cammino, inesorabilmente ».
         Giovanni Bovio disse: « Quod Deus coniunxit homo non separet. Quando l’amore, il dio de’talami, congiunse due cuori, nessuna forza può separarli; ma, quando non li congiunse, nessuna forza può tenerli uniti ». Ma, a separare i due cuori, è talvolta bastato — pur non volendo far cenno di forze materiali anche una semplice violenza morale. Ed a me, poi, sembra che il filosofo pugliese abbia addirittura sorvolato sulla quistione del divorzio, la quale comincia ad agitarsi appunto non «quando l’amore congiunse », nè « quando non congiunse» affatto due cuori; ma quando, prima ha potuto congiungerli, e poi.... non li congiunge più. E quest’ultima mia riflessione non è un’ipotesi, ma è un fatto che quotidianamente si verifica.
         Ed infine Roberto Ardigò, filosofo insigne, in Scintilla, 1909, scrisse: « I recenti processi hanno segnalato non solo la necessità del divorzio, ma un’altra necessità, ch’io direi pregiudiziale: quella dell’educazione popolare, contro le sopravvivenze barbariche dell’idolatria per la violenza. Di queste disgraziate sopravvivenze sono risultamenti diretti le assoluzioni degli uxoricidi, e i dolorosi trionfi popolari agli uxoricidi conferiti. Ed è quindi urgente, per la civiltà italiana, determinare il divorzio dell’anima popolare da quei residui di barbarie ».
         Il divorzio dovrebbe essere ammesso per i seguenti motivi: adulterio (art. 353 e 354 cod. pen.) commesso non per grave colpa dell’altro coniuge; bigamia; attentato alla vita del coniuge ; allontanamento ultrannale, senza giusto motivo, dalla casa coniugale; maltrattamenti, sevizie, ingiurie gravissime; atti di libidine con bestie; condanna all’ergastolo od a pena superiore ad anni 15 di reclusione o di detenzione divenuta irrevocabile, tranne il caso che la sentenza sia anteriore al matrimonio e nota all’altro coniuge; follie incurabili, intollerabili e gravi; error virginitatis, purchè tale errore venga alligato subito; infecondità o sterilità della donna o dell’uomo; malattia grave, contagiosa, inguaribile. Il divorzio dovrebbe essere concesso solo a domanda del non colpevole, e mai di chi ha dato volontariamente o dolosamente causa ad uno o più dei precedenti motivi di divorzio. I coniugi che avessero ottenuto il divorzio, e poi volessero l’un con l’altra rimaritarsi, in seguito non dovrebbero poter ottenere novellamente il divorzio, quando si ripetessero solo quegli stessi motivi per cui essi l’avevano già precedentemente ottenuto.
         E conchiudo. Fin quando ancora il clericalismo stolto ed incivile dovrà tarpar le ali alla ragione ed alla intelligenza? La natura umana non sa dunque più partorire nuovi Bruno e nuovi Lutero, che lancino un definitivo raggio innovatore sulla vecchia e rancida Chiesa? Quando il progresso vero potrà, vorrà trionfare sì che potessimo inneggiare ad esso, alla forza vindice della ragione, cantando col poeta:

Sacri a te salgano
Gl’ incensi e i voti!
Hai vinto il Geova
De i sacerdoti?

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