Studi Sociali e Giuridici - Tommaso Mario Pavese

SULLA RICERCA DELLA PATERNITÀ

         La ricerca della paternità è tema così grave e complesso che, sulle prime, lascia incerto e dubbioso chi voglia serenamente giudicare se essa debbasi o no ammettere. Il diritto romano riconosceva nei figli, ancorchè naturali, il diritto agli alimenti; consentono la ricerca della paternità quasi tutte le legislazioni moderne, e specialmente l’austriaca, la norvegese, la germanica, la svizzera, l’inglese, l’americana, la turca. ecc. Il riconoscimento volontario è concesso dal nostro legislatore, e dà diritto agli alimenti ed alla successione; ma si richiede quello coercitivo anche in altri casi, oltre i preveduti dall’ art. 189 del codice civile. Ottimi scrittori adducono validi argomenti pro o contro, favorendo od avversando la ricerca della paternità. In favore si può addurre che è utile, doveroso, necessario per la società ammetterla, perchè quelli che hanno procreato dei figli debbono avere pur l’obbligo morale e civile di sostentarli, istruirli, educarli; perchè eliminerebbe la disparità di trattamento che la legge attuale fa tra uomo e donna, costringendo solo questa al mantenimento della prole; farebbe molto diminuire la natalità illegittima, la prostituzione, i ratti, gli stupri, gli aborti procurati, gli infanticidii, i delitti contro la persona commessi per rancori della sedotta contro il seduttore che l’ha abbandonata; tanti reietti e spostati, che vengono per giunta offesi col nome di bastardi, verrebbero non più mantenuti a spese di tutti i contribuenti (bilanci dello Stato, delle Provincie, dei Comuni, delle Congreghe di Carità, dei reclusori e degli ospedali), ma verrebbero mantenuti dai genitori, e sottoposti alle loro cure e vigilanze; si diminuirebbe altresì la criminalità in generale, ed il libertinaggio che trascina nella colpa, nel disonore, nell’abbandono e nella miseria le donne che cadono per le fallaci promesse di uomini viziosi, i quali fanno con leggerezza tali promesse, appunto perchè sanno che la legge non li obbliga a mantenerle.
         Perciò si reclama che la ricerca della paternità venga ammessa anche quando vi sia possesso di stato, documento scritto da parte del padre, concubinato, seduzione; vietandola solo quando si tratta di nascite adulterine o da parenti fra i quali la legge non permette il matrimonio.
         Ma contro l’introduzione di simile riforma legislativa si può addurre che essa costituirebbe un grave pericolo di ricatti da parte delle donne sedotte e delle loro famiglie, che reclamerebbero sempre la paternità del più ricco e del meno disagiato; la difficoltà di dimostrare, senza pericolo di errori, la paternità; la facilità invece di procurarsi testimonianze compiacenti o comprate; il pericolo grave e continuo di scandali e di turbamenti per la pace delle famiglie; l’offrire, col permettere tale ricerca, un premio di incitamento alla corruzione. Perciò gli avversari della detta riforma pensano che la paternità non debba potersi indagare in altri casi, oltre quelli indicati dal nostro codice
         Se i fatti previsti dall’ art. 172 del cod. civ., come l’avere un uomo provveduto al sostentamento, alla istruzione, all’educazione di un bambino potessero implicare una prova od anche una presunzione legale di paternità, è evidente che con ciò si spingerebbe molti uomini ad essere meno filantropi, meno teneri per bambini od amiche che si trovino in disagiate condizioni, ed a negare soccorsi che, senza un simile pericolo, sarebbero stati con generosità largiti. inoltre, il possesso di stato fa supporre tale assiduità di cure affettuose da parte del genitore, da essere difficilissimo che questi, nel lungo periodo di tempo in cui trattò il giovine come suo figlio, non gli abbia scritto nemmeno una lettera che faccia allusione alla sua paternità. Ora, basterebbe un sol rigo per obbligarlo agli alimenti, art. 174, 175 e 193 del cod. civile.
         Nè la presunzione di paternità può ammettersi pel concubinato, perchè, essendo esso quasi sempre clandestino, probabilmente non si potrebbe con faciltà fissare il momento del suo principio e della sua cessazione, se non col mezzo di compiacenti o complici testimoni, simili ai quali potrebbero forse altresì trovarsene per affermare, con altrettanta compiacenza, che la donna ebbe in quell’epoca relazioni intime anche con altri. Ed allora quale serietà, quale garenzia di certezza!?
         Queste ragioni potrebbero eziandio addursi per escludere la ricerca di paternità in caso di seduzione.
         Infatti, se pure il coincidere del concepimento con la seduzione potesse provarsi in modo sicuro, questa dovrebbe includere la paternità solo quando fosse certo che il seduttore sia stato l’unico che abbia avuto in quel tempo, con la determinata donna, l’illecita relazione intima. E neppure allora si potrebbe forse stabilire con sicurezza se la donna sedusse l’uomo o ne fu sedotta. Se la seduzione potesse indurre paternità, ogni figlio troverebbe un padre, poco importando se questo fosse il vero. Ogni donna infatti si affermerebbe vittima di seduzione; e solo i figli di pubbliche meretrici — i quali sarebbero incolpevoli al pari de’ figli di meretrici clandestine —, non trovando un padre, dovrebbero per sempre sopportare il peso della colpa non propria di esser nati!
         Non è giusto dunque voler costringere, ad accettare le funzioni di padre, un uomo che spesso ebbe un legame solo effimero con una donna, che forse da altri fu resa madre. Ed anche quando la paternità si potesse con sicurezza accertare, non e necessario ammettere una ricerca scandalosa, che potrebbe esser fornite di gravi disturbi per la tranquillità delle famiglie; giacchè l’effetto di far sostentare i figli da chi volontariamente o colposamente li volle procreare si potrebbe ottenere anche con una retta applicazione dell’ art. 1151 del cod. civ., senza bisogno di voler sempre determinare, con criteri di molto discutibile valore, e con dissesto della pace domestica, chi sia stato il padre. E’ proprio necessario mettere un qualsiasi marchio di fabbrica su ogni nato, anche nell’ incertezza?
         Le minorenni sedotte e le maggiori di età violate con promessa di matrimonio, già potrebbero ottenere un indennità che bastasse pure a sostenere i loro figli, mercè una savia applicazione della legge vigente. Questa, del resto, provvede ad assicurare, in determinati oasi, gli alimenti ai figli naturali (art. 193 cod. civ.) — I figli d’ignoti, abbandonati, saranno assistiti ed educati, come già in parte attualmente, da istituzioni filantropiche.
         Ammettendosi la ricerca della paternità, probabilmente si diffonderebbe la corruzione. Infatti, le giovinette farebbero più facilmente sedursi, nella speranza di trovar così, coi loro allettamenti, un probabile marito; e nella certezza che, in ogni caso, avrebbero un padre, di nome se non di fatto, che alimenterebbe i loro figli. Gli uomini allora, invece di essere i seduttori, facilmente sarebbero i sedotti delle donne. Ma mi si può forse da alcuni obiettare: Dato anche ciò per vero, è questa una ragione così forte, da far escludere l’ammissione di una riforma invocata da molti? Con l’inevitabile diffusione della corruzione, ci avvieremmo verso il libero amore: ed è questo un male? Sinceramente, io esito a dare una risposta decisa, in proposito. Certo è però che la società attuale, sia pure soltanto in apparenza, è contraria a tale libertà; nè io condanno l’opinione comune.
         Il matrimonio contratto anche col solo vincolo religioso, avendo caratteri di pubblicità, di certezza, di moralità, ed includendo altresì presunzione di paternità, dovrebbe però aggiungersi ai casi contemplati dall’art. 189 del cod. civile.
         Non il pretendere che magistrati e leggi scoprano le nascite, generalmente avvolte da natura nel dubbio e nel mistero, ma l’avere per norma simili criteri pratici e sicuri costituirà il bene progressivo della società.

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