GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - e) L'Assunta: ICONA ESCATOLOGICA della CHIESA

e) L'Assunta: ICONA ESCATOLOGICA della CHIESA
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        Da quanto abbiamo cercato di capire insieme, caro lettore, in questa nostra misteriosa avventura, planata in questa cogente sintesi, offertaci dalla sensibilità umano-biblica del Cardinale Martini, di cui gli siamo grati, possiamo avviarci alla conclusione dicendo che Gesù non separa mai interiore ed esteriore, privato e sociale, tempo ed eternità, rivelando tutta la ricchezza coinvolgente del suo messaggio, proiettato verso il Regno definitivo dell'altro mondo, attraverso la realtà che suscita in questo mondo: il tempo proiettato verso l'escatologia.
        E' questa la prospettiva offerta a tutti noi dal Signore risorto che, in Maria, ha già realizzato in pienezza, quanto attendiamo ancora nella speranza, come ci ha puntualizzato la Lumen Gentium al n° 68: "la Madre di Gesù, come in cielo glorificata ormai nel corpo e nell'anima, è immagine e inizio della Chiesa, che dovrà avere il suo compimento nell'età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al pellegrinante Popolo di Dio, quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore".
        Maria SS., pertanto, non è solo la persona storica del passato, ma persona viva, sempre presente, quale segno di certa speranza e di consolazione per il Popolo di Dio, peregrinante verso la Patria celeste.
        L'Assunzione di Maria SS., in anima e corpo, in Cielo, epilogo di tutta un'esistenza segnata dalla grazia, è come il frutto per eccellenza del passaggio di Cristo al Padre e del dono dello Spirito, compendiato nella fortunata formula della recente teologia mariana: ASSUNTA ICONA ESCATOLOGICA della CHIESA.
        Dopo la definizione dogmatica dell'Assunzione di Maria (Ognissanti 1950), l'espressione formulata da R. Laurentin, è stata recepita oltre che dall'ottavo capitolo della L.G., anche dal n° 103 della Costituzione Liturgica, che è uno dei punti più alti della dottrina mariana attuale: "In Maria, la Chiesa ammira ed esalta il frutto più eccelso della redenzione ed in Lei contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa tutta, desidera e spera di essere".
        Nella storia della salvezza, scritta nei secoli dalla sapienza infinita di Dio, Maria è adunque il segno del nostro futuro, un "segno di speranza", come la definisce il Concilio, di quella virtù forse un po' dimenticata, per trovarsi all'ombra della fede e della carità, pur essendo l'espressione immediata della nostra situazione esistenziale di viatori, ancora viventi nella storia.

        Cristo e Maria, Redentore e Corredentrice, segno e garanzia della nostra speranza, in quanto pienamente glorificati, nella vita piena con Dio, che attende anche ognuno di noi: questa nostra speranza non è soltanto contemplativa, ma anche creativa.
        Il tempo infatti ci è donato per sviluppare tutte le nostre potenzialità, come singoli e come Chiesa: l'eternità è paragonata dalla stessa Scrittura alla "notte, quando nessuno può lavorare" (Gv 9,4).
        L'oggetto della nostra speranza è anche opera nostra, e il grado in cui lo raggiungeremo sarà l'espressione del nostro agire nel tempo.
        Di conseguenza, la nostra speranza è una giovinezza spirituale, che non tramonta mai.
        L'anziano, umanamente, ha solo il passato; il cristiano invece ha soltanto l'avvenire, e se ha spinto la sua fedeltà fino alla donazione totale, quest'avvenire meraviglioso lo affascina a tal punto da entusiasmarsi a volerlo come unico bene, per sé e per gli altri.
        Ecco perché la speranza cristiana è inconciliabile con un senilismo spirituale, fatto di frustrazione religiosa e di rassegnazione.
        Ben a ragione D. Giuseppe De Luca scrive: "Tutti hanno cantato la poesia dell'infanzia; pochi, quella della vecchiaia: ma è che pochi la vedono, e quasi nessuno l'intende. Eppure, quando un vecchio è lieto, è più lieto di un bimbo lieto, quando è lieto: la sua letizia non tanto è più grande, quanto è più bella".
        Alcuni padri della Chiesa esaltano l'età anziana come il culmine di un'ascesa, in cui i valori che valgono brillano del sole dell'eternità.
        Un'eternità che non pioverà addosso "magicamente", ma un'eternità costruita, giorno dopo giorno, lungo tutto il cammino dell'esistenza terrena, fatta anche di "punti oscuri e di momenti negativi", in forza dei quali si arriva a comprendere l'autentico significato della vita, alla luce di Cristo, morto e risorto, vero sole di giustizia e di pace.
        Il Vaticano II chiede con "urgenza" ai cristiani di essere testimoni del Regno futuro; ciò vuol dire che dobbiamo riflettere sugli altri la luce di speranza, che riceviamo dal Salvatore, attraverso anche la mediazione di Maria.
        All'angustia esistenziale dei nostri contemporanei e alla loro sfiducia nei valori, noi dobbiamo opporre in maniera visibile la nostra serenità, il nostro ottimismo cristiano, la nostra gioia di vivere. Al loro materialismo senza speranza, noi dobbiamo opporre il nostro umanesimo integrale, entusiasta, convinto, impregnato di luce dell'eternità.
        La storia insegna che tutti gli umanesimi atei, che puntano unicamente sull'uomo e sul suo sforzo di salvezza "terrena", prima o poi finiscono per sfociare o nella presunzione o nella disperazione.
        La presunzione di Prometeo, che dà la scalata al cielo e sfida gli dei, strappando loro il fuoco sacro; la disperazione di Sisifo, che vede inutile la sua lunga fatica, vanificato il suo sforzo. E allora si accascia in un cinismo scettico, in un vuoto nichilismo.
        Ebbene, proprio a questi uomini, il cristiano deve saper annunziare, con la testimonianza di vita nuova, e proclamare con forza che la salvezza è solo in Cristo: Egli è l'unico Salvatore.
        Il resto, pur essendo utile e necessario, non può essere contrabbandato come surrogato della vera salvezza: il solo progresso materiale, lo si nota di frequente, si ritorce tante volte contro l'uomo, distruggendolo o alienandolo, proprio contro quell'uomo, che si dice di "salvare".
        Dove l'uomo fallisce con le sole sue forze, il cristiano, forte del dinamismo pasquale, è in condizione di annunciare e testimoniare lo AMORE-AGAPE che, partendo dal Padre, lo raggiunge in Cristo, per farsi Carne anche in lui, sotto l'azione dello Spirito, come proiezione e segno dell'AMORE TRINITARIO verso l'umanità:

        - Amore protettivo del Padre;
        - Amore oblativo del Figlio;
        - Amore vivificante dello Spirito Santo.
        L'invito che ci viene dal Mistero Pasquale possiamo così sintetizzarlo: "Ama i tuoi fratelli o, piuttosto, lascia che Dio li ami in te, e tu conoscerai d'istinto e per esperienza ciò che Dio è, vivendo di Lui nella gioia eterna".
        Dio anche oggi continua a "pungolare" la storia: alle apocalittiche previsioni della "morte di Dio" subentra oggi, con tutta una verdeggiante carica di futuro, la teologia della speranza, entrata con impeto dagli anni '70, nella coscienza del nostro tempo, con una proposta di orizzonti essenziali per l'uomo di oggi, condizionato da strutture sociali, che mettono in questione la sua vera umanità.
        Non posso a questo punto non cedere la penna ad un grande cantore contemporaneo di questa speranza, Jürgen Moltmann, che, con l'opera "Teologia della speranza" (Ed. Queriniana) sulla scia del filosofo marxista, ma di un "marxismo esoterico", Ernst Bloch, è considerato uno dei fondatori e dei più geniali espositori di questa teologia.
        Le citazioni qui riportate sono prese da "Una speranza per l'uomo" di Giannino Piana e Carlo Fiore (Ed. LDC 1973 Pagg 83 ss).
        "Il cristianesimo è escatologia dal principio alla fine, e non soltanto in appendice. E' speranza, è orientamento e movimento in avanti, e perciò anche rivoluzionamento e trasformazione del presente... chi abbandona la speranza non mostra necessariamente una faccia disperata. Può trattarsi della semplice silenziosa mancanza di significato, di prospettiva, di futuro, di scopo. Può avere l'aspetto della sorridente rassegnazione:
        - Bon jour, tristesse!...- Rimane un taedium vitae, una vita vissuta senza partecipazione... un Dio, che non teme il ronzio dei computers, che non resta indietro nella corsa accelerata della storia, anzi la pungola...
        Dio sarà la potenza del futuro... imprime all'uomo una spinta in avanti gigantesca, lo scaraventa con forza sui sentieri della storia nuova, che l'uomo deve crearsi... (Il cristiano) una freccia lanciata nel mondo per indicare il futuro... affinché neppure un angolino di questo mondo rimanga privo delle promesse di Dio, che annunziano la nuova creazione operata dalla potenza della risurrezione...
        La speranza della risurrezione, - conclude con foga - deve far sorgere una nuova concezione del mondo. Questo mondo non è il cielo della realizzazione di sé, come affermava l'idealismo. Non è l'inferno dell'alienazione da sé, come si dice nella letteratura esistenzialistica... La gloria della realizzazione di sé e la miseria dell'alienazione da sé sorgono, l'una e l'altra, dalla mancanza di speranza, in un mondo senza orizzonte. Dischiudere a questo mondo l'orizzonte del futuro del Cristo crocifisso è il compito della comunità cristiana...
        Per la speranza Cristo risorto non è soltanto una consolazione nella sofferenza, ma è anche la protesta della promessa di Dio contro la sofferenza. Chi spera nel Cristo non si adatta alla realtà così com'è, ma comincia a soffrirne e a contraddirla. Pace con Dio significa discordia col mondo, poiché il pungolo del futuro promesso incide inesorabilmente nella carne di ogni incompiuta realtà presente.
        La fede scorge nella risurrezione di Cristo non l'eternità del cielo, ma il futuro di quella terra stessa su cui si innalza la sua croce, e vede in lui il futuro di quell'umanità stessa per la quale egli è morto.
        Di qui la nuova visione della Chiesa, proiettata nella trasformazione del mondo, proprio perché è sotto lo stimolo perenne della promessa e del futuro di Dio, sotto il pungolo escatologico.
        Questa Chiesa diventa così elemento di perenne disturbo nelle comunità umane, che vogliono diventare città stabile. La speranza fa della comunità cristiana la fonte di impulsi sempre rinnovati, tendenti a realizzare il diritto, la libertà, l'umanità quaggiù, alla luce del futuro, che è stato annunciato e che deve venire".

        Moltmann si prolunga poi a puntualizzare questo nuovo compito della Chiesa nei confronti della società, sulla scia di un altro grande teologo, Joan Baptist Metz che, nella sua "teologia politica", richiama alla "coscienza critica" della Chiesa. Questa, in forza della sua carica escatologica, deve mettersi in posizione critica di fronte a tutti i sistemi sociali che, idolatrando e assolutizzando se stessi, finiscono per schiavizzare l'uomo.
        La libertà dei seguaci di Cristo è sempre in posizione critica di fronte alla società, sull'esempio del Maestro, che si è messo dalla parte degli oppressi, per proclamare un Regno di Dio, che viene come potenza liberatrice, da ogni sfruttamento e oppressione.
        Ma, giustamente osserva un altro grandissimo teologo contemporaneo Ranher, l'uomo, evitando certo il pericolo di ridursi al politico e al sociale, e smascherando ogni attentato alla libertà, deve profondamente "orientarsi verso il mistero dell'Assoluto, che si comunica a lui nella grazia, il mistero senza del quale non riesce più a trovare nemmeno se stesso, chiamandosi dio".
        Un altro teologo della speranza, Wolfhart Pannenberg, ci offre questa sintesi meravigliosa: "Dio si rivela nella storia come colui che, agendo nella storia, la sottrae al fallimento, dà un senso salvifico e unitario alla totalità e al singolo evento: qui si rivela Signore di tutte le cose, potenza su tutte le cose, potenza che tocca il vertice dell'evento finale, da cui la storia riceve il suo senso totale e ogni singolo avvenimento il senso definitivo. Il futuro del Regno di Dio, libera il dinamismo che accende l'inventiva dell'uomo e dà significato alla sua fervida ricerca di nuove forme di giustizia e di amore.
        Queste risulteranno sempre provvisorie e preliminari in confronto della definitività del Regno di Dio"
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        Questa visione unitaria di totalità e globalità, può aiutarci a comprendere meglio il significato profondo di "bancarotta" di ogni monologo, sotteso ai movimenti religioso-culturali di ogni secolo, per parlare solo, ma con un minimo di "distacco", di quelli a noi più vicini: l'uomo si è trovato quasi sempre, a seconda del vento del momento, di fronte a disegni "monologici" in "bianco e nero".
        Il medioevo non è stato altro che un unico, grande e quasi "connaturale" monologo a... senso unico!
        Riforma e Controriforma, due monologhi... paralleli!
        L'Illuminismo ha subito lo stesso contagio. Le Scienze Empiriche, all'acme del loro trionfo, hanno assunto la posizione egemonica del pensiero metafisico assolutistico.
        Che dire dello "scientismo" o del "mito della scienza" alla fine del secolo scorso e per buona parte del nostro?
        Il secolo XX poi ci ha fatto "toccare con dito" il fallimento di tutti i sistemi, da quello marxista a quello capitalista o del cosiddetto "progresso", di cui stiamo ancora pagando le conseguenze, con la "connivenza" di una Chiesa "arroccata" nella sua... torre d'avorio.
        E' stata necessaria la ventata sconvolgente di un Concilio, per orientare Chiesa e società in una dimensione radicalmente diversa, quella dialogica.
        Siamo ancora ai primi vagiti di una creatura che ha visto la luce, in questa seconda metà del nostro secolo, alle soglie del Duemila, in attesa di crescita nel futuro, sotto l'azione dello Spirito, che muove, anche se "quasi" impercettibilmente, uomini e cose, sollecitando alla collaborazione ciascuno di noi e tutti i popoli della terra.
        Questo messaggio unitario e globale di salvezza in Cristo crocifisso e risorto, affidato alla Chiesa ma riguardante l'intera umanità, ha trovato nel Vaticano II anche una sua "espressione immaginifica" nella riscoperta di Maria, nostra "sorella" in umanità, come "Madre della Chiesa", proclamata con caldi accenti di solenne proclamazione e di fervida invocazione sulle labbra profetiche di Paolo VI, a conclusione della terza sessione conciliare:
        "A gloria dunque della Vergine e a nostro conforto, Noi proclamiamo Maria SS. Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei Pastori, che la chiamano Madre amorosissima; e vogliamo che, con tale titolo soavissimo, d'ora innanzi la Vergine venga ancora invocata da tutto il popolo cristiano".
        In questa luce dell'economia della salvezza, evidenziata dal concilio, è veramente consolante pensare che Maria, oltre ad essere "sorella" in umanità con noi e quindi parte di noi, è anche la Madre dell'umanità, che deve farsi Chiesa (sempre in fieri), Famiglia del Popolo di Dio in cammino verso la stessa meta.
        Ancora una volta, prendo integralmente una pagina luminosa (che, verso la fine degli anni '60, mi colpì per la sua concisione, divenendo anche argomento di predicazione), presa da Chiesa viva = Meditazioni conciliare di Domenico Bertetti (Pagg 692-93):
        Tale titolo, né nuovo né inedito, esprime una dottrina che è antica come la Bibbia, e come la storia della salvezza, che in essa ci viene delineata nelle sue fasi più salienti.
        Nel cap. XII dell'Apocalisse viene descritta più ampiamente la lotta tra il serpente e la Donna e tra il seme del serpente e il Seme della Donna, già annunziata nel libro sacro della Genesi (3,15). L'autore sacro parla infatti della Donna che dà alla luce un figlio maschio, "il quale doveva reggere tutte le genti con scettro di ferro" (v 5).
        E' il Messia, Gesù Cristo, Figlio di Maria SS., "Seme della Donna" in senso fisico, perché è nato da Maria secondo la natura umana.
        Viene poi la lotta contro un terribile avversario, che viene chiamato "drago grande, rosso" (v 3) ed è il "serpente antico, che seduce tutta la terra" (v 9). Esso ha travolto nella sua ribellione contro Dio "la terza parte delle stelle del cielo" (v 4) ossia degli Angeli, ribellatisi con lui contro Dio. Ecco il serpente e il seme del serpente.
        Ma il Figlio della Donna è trionfatore in questa lotta ed è sottratto alle insidie del serpente con la sua Ascensione: "Fu rapito il suo Figlio - e portato - presso Dio e il suo trono" (V 5).
        Anche la Donna trionfa contro le insidie e viene sottratta ai suoi assalti, perché la protezione divina le permette di raggiungere "il posto preparatole da Dio" (v 6), espressione che gli interpreti ricollegano facilmente alle parole di Gesù: "Vado a prepararvi il posto" (Gv 14,2); e nella quale perciò si può vedere un'allusione alla beatitudine celeste, che la Vergine raggiunge nell'Assunzione gloriosa.
        La lotta tuttavia continua. L'agiografo infatti conclude: "e s'adirò il drago contro la Donna e se ne andò a far guerra al resto della sua discendenza, a quelli che osservano i comandamenti di Dio e hanno a cuore la testimonianza di Gesù" (Ap 12,17).
        L'espressione è molto significativa. Questa Donna è dunque partecipe di una misteriosa e ricchissima maternità: è anzitutto Madre di Gesù Cristo; ma è pure Madre dei seguaci di G.C., ossia dei cristiani, che sono appunto detti "il resto della sua discendenza"; i cristiani sono prole "spirituale" di Maria SS. In questo testo biblico, abbiamo già l'equivalente del titolo 'Madre della Chiesa'.

        Il quadro di Ap 12 è dominato dalla Donna, presentata come una figura polivalente, che ha i suoi agganci all'A.T., la sua affermazione e continuazione nel NUOVO e la sua proiezione verso il futuro di Dio.
        L'autore sacro infatti prospetta una visione della Chiesa, che sorpassa ogni frontiera. Essa abbraccia tutta l'estensione della storia della salvezza e unisce in un'unica realtà la folla immensa dei buoni, passati e futuri, del cielo e della terra.
        Giovanni non scrive per "occupare il tempo" della sua prigionia o per alleviarla, ma per sostenere la propria fede contrastata e quella delle sue comunità perseguitate, aprendo a sé e a loro, come aveva fatto il Maestro nella Trasfigurazione, uno "sprazzo" dell'intero piano di Dio.
        La garanzia per tutti, nel momento presente, incerto, ma anche contrastato dall'essere mostruoso, la forza malefica che la Bibbia chiama "Leviatan" serpente, satana, che è "rosso-fuoco" segno di sangue, stragi, massacri, uccisioni, si può avere soltanto in un disegno strabiliante di salvezza, con una lunga traiettoria, che parte dal passato, attraversa il presente e proietta verso un futuro eterno.
        Il Signore dell'universo e del tempo ha voluto offrire all'umanità intera un "segno grandioso", ammantato di gloria, a garanzia della vittoria finale: "una Donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle" (Ap 12,1).
        Questa creatura meravigliosa è contemporaneamente sulla terra e nel cielo, nel dolore e nella gioia, nella tragicità della lotta e nella luce della gloria.
        La Chiesa ancora peregrinante trova in Lei un segno di sicura speranza e di consolazione: il "sole" che irradia la Donna di beatitudine e di gloria, illumina di serenità e di gioia anche i "viatori", che mirano alla stessa meta. Ella partecipa ormai della stessa vita e condizione del Cristo risorto.

        Anche la Chiesa, che il simbolismo della Donna riassume nella visione di Giovanni, è contemporaneamente militante e trionfante, con i suoi componenti in cielo ed altri sulla terra, ancora in lotta contro le forze del male.
        La vittoria finale, già realizzata come primizia in Cristo risorto e nella sua Mamma assunta, toccherà a tutti coloro che si apriranno a questo Mistero. Tutti questi, affidati da Cristo morente alle cure della sua Mamma, saranno accolti dalla stessa nella gloria dei cieli. Di qui il fascino di questa Donna, presentata nell'Apocalisse come Madre del Messia e del suo popolo (12,5.17).
        In quegli anni della "primavera della Chiesa", evolutasi al soffio del vento di soffrenza interiore di Paolo VI, Zino, essendo stato profondamente "toccato" dal fascino di queste nuove prospettive offerte dal Concilio e dalle stimolanti riflessioni dei teologi della speranza, ha voluto "visualizzare" la fascinosa storia della salvezza, dalla creazione alla gloria finale, attraverso una sua precisa scelta dei soggetti delle vetrate, rievocanti episodi del V. e N. Testamento, sintetizzandone il messaggio nel Rosone centrale della chiesa, con l'Assunzione di Maria SS. al Cielo.
        La scelta di quest'ultimo soggetto è stata pure sollecitata da un'antica tradizione popolare in Parrocchia, che aveva la sua espressione esterna nella più grande festività locale, nel giorno dell'Assunta, in cui tutta la popolazione si stringeva intorno alla Mamma celeste, raffigurata in una statua tuttora venerata.
        La processione, profondamente sentita, era particolarmente seguita dalla gente di campagna, che venerava l'Assunta come sua particolare protettrice, tanto da chiamarla "la Campér = la Campiera".
        Chiudeva la processione una lunga serie di carri, magistralmente addobbati con spighe di grano, trainati da buoi, rivestiti di drappi e infioccati con nastri multicolori. Alla fine c'era pure una gara, per premiare il miglior carro, il più... ricco di grano e meglio addobbato!
        Il ricavato del grano serviva per le spese della festa: una vera esplosione ferragostiana di una comunità contadina, che sulla campagna "si giocava" la vita materiale e religiosa.
        Con l'introduzione della meccanicizzazione, questa bella tradizione popolare è andata scemando, fino a scomparire, ma ha suggerito a Zino, patito degli autentici valori del passato, la significativa idea di far sfociare la storia "visualizzata" di salvezza nel mistero dell'Assunzione:
        Una meravigliosa storia, prevista nel passato, realizzata in Cristo, e proiettata nel futuro di Dio.
        Questo futuro poi non è lontano, ma vicino a noi e "visibilizzato" per noi attraverso la
        ICONA ESCATOLOGICA DELLA CHIESA.
        Zino, negli anni della ricostruzione della chiesa parrocchiale, ha confidato questo suo "progetto mentale", frutto di lunga e costante riflessione sul "risveglio primaverile" della Chiesa conciliare, alla sensibilità biblico-artistica del serafico P. Martini, per affidarne poi la realizzazione all'acume artistico del Prof. Vinardi.
        Questi ha saputo mirabilmente tradurre la "idea" nelle vetrate e nel mosaico: le vetrate, con affreschi di luci filtrate, rievocanti un passato e proiettanti verso un futuro di salvezza; il mosaico con schegge di pietre provenienti da varie parti della terra, armonizzate in un gioco stupendo di colori, rievocanti il messaggio salvifico universale della Croce, piantata nel cuore della terra e svettante verso il cielo, attraversato da nubi e illuminato, appena, dal sole "oscurato"...
        Nella grandiosa vetrata del Rosone, l'artista ha superato ogni attesa, con un soggetto materno, che dall'alto guarda i suoi figli, ancora in cammino verso l'eternità. Dal cuore e dalla mente dell'artista è venuta fuori una affascinante figura materna, regale, sovrana, dominatrice della terra e del cosmo, che sintetizza mirabilmente il trionfo di Cristo glorioso, con tutta la sua Chiesa.
        Una Chiesa che abbraccia tutto l'evolversi della storia della salvezza e unisce in un'unica realtà l'umanità intera di cui la Vergine Assunta è "segno e primizia": Corredentrice insieme al Figlio Redentore.
        Tutto questo è riuscito a tradurre "visivamente" l'artista in questa Icona escatologica della Regina del cosmo e Mamma celeste che, col suo manto allargato, dal colore celestiale, e con braccia "nerborute" stringe fortemente al suo cuore materno l'intera umanità, in questo volo verso il Cielo, verso quel Dio che è il nostro Avvenire, il Tutto nuovo.
        L'espressione, pregna di luce, di vita, di speranza è catturata da tutto un campionario di affermazioni in articoli e libri di Edward Schillebeeck, memorizzate da Zino in quegli anni di floridezza ecclesiale.
        Questi nutre una particolare simpatia per il domenicano fiammingo, affabile e gentile, capace di lavorare fino alle quattro del mattino, preoccupato soltanto di calare il messaggio cristiano nel bruciore dei problemi attuali, come ha evidenziato, attraverso un suo fondamentale contributo, nella compilazione del famoso Catechismo Olandese, che tanto scalpore suscitò anche da noi.
        Una delle ultime sue opere è stata appunto "God the future of man=Dio il futuro dell'uomo", dove icasticamente puntualizza la missione profetica della Chiesa oggi: tradurre in un tenace e radicale impegno, non di conservazione e stabilizzazione, ma di spingere avanti la marcia dell'umanità verso il futuro, un futuro carico di speranza.
        La Gaudium et Spes sintetizza così questo messaggio: "legittimamente si può pensare che il futuro dell'umanità sia riposto nelle mani di coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza".
        Possiamo concludere questo cammino di speranza fatto con te, caro lettore, con le parole di un fervido profeta dei nostri tempi, Teilhard de Chardin: "Il mondo sarà di chi saprà dargli la più grande speranza".
        Il nostro è stato un cammino faticoso, in salita, spesso oscuro, ma sempre speranzoso e illuminato dalla luce del Mistero, dapprima fioca e poi, man mano che avanzavamo, attraverso le asperità della vita, sempre più luminoso, affascinante, sino ad immergerci nella contemplazione del Mistero Pasquale di Cristo e nostro.
        Con un po' di nostalgia e, perché non dirlo, quasi con un groppo alla gola, mi congedo da te, mio caro e simpaticissimo lettore, dandoti un fraterno e cordiale arrivederci, non senza susurrare al tuo orecchio, ma soprattutto al tuo... cuore, un'ultima, amichevole confidenza: ho finito di affidare alla carta questi miei appunti "chirografici" il 29 aprile '94, festa della Patrona d'Italia, S. Caterina da Siena.
        Ebbene, sai cosa mi è capitato?
        Colui che è sempre presente nella nostra vita, anche quando ci sembra assente, mi ha suggerito, quasi in "punta di... lingua", nella recita del Mattutino, il desiderio di voler apporre egli stesso il "sigillo" a questo nostro avventuroso viaggio, con una preghiera sgorgata dal cuore "incandescente" di una Santa che, alla contemplazione di Cristo crocifisso, ha sempre unito un filiale, sincero e critico servizio alla Chiesa, unitamente ad un costante impegno civile, nel promuovere pace e concordia fra le città italiane.
        Potevo non accettare di far mio questo desiderio, anche se solo... sussurrato, nei confronti della Patrona d'Italia, come del resto si era verificato per il Patrono, S. Francesco d'Assisi, a conclusione di "Zino e Molok"? Ricordi?
        Non può mancare, frattanto, qualche nota biografica.
        Caterina era nata a Siena il 25 Marzo 1397, ventiquattresima figlia di Giacomo Benincasa e di Lapa Piagenti. Bellissima e ricca di fascino rinunziò al matrimonio, per seguire Cristo, nei sentieri impervi della Croce.
        Ragazza fragile, in tempo in cui le donne contavano poco o nulla, lottò con incredibile energia e coraggio (poi dicono che le donne appartengono al sesso... debole!) per rappacificare città e contrade.
        Di fronte ad una Chiesa divisa e corrotta, lei, analfabeta, prese a dettare ai discepoli, radunatisi attorno nella casetta di Fontebranda, lettere grondanti indignazione, amore, pietà, e piene di accorati appelli alla pace, alla riconciliazione, inviate a re e papi, prelati e magistrati, ma anche semplici padri di famiglia: "Scrivo, diceva, nel prezioso sangue di Gesù".
        Le sue lettere raggiunsero anche il papa, "il dolce Cristo in terra", come lei lo chiamava, che risiedeva esule ad Avignone.
        In una di queste dettava al chirografo, lei, donna fragile di costituzione: "Su, virilmente, padre! io vi dico che non bisogna tremare".
        Per qualcuno l'ardente suora, anche per i suoi vari interventi polemici, oltre che con le lettere, aveva oltrepassato il segno... ma Caterina non demorde, fino a che, stremata dalla fatica, non si spegne nel 1380, a soli 33 anni; l'età di Gesù, al quale aveva donato tutta la sua vita, percorrendo un lungo calvario di fatica, umiliazioni e sangue.
        Le sue lettere furono poi raccolte in uno dei libri più originali e suggestivi della letteratura religiosa del Trecento: turgido e sensuale nei momenti di più intenso fervore ascetico, energico e aggressivo nelle esortazioni a re, a papi, a cardinali, sereno e affettuoso nei colloqui con i poveri e gli afflitti, vivo e incandescente nei colloqui con il Signore.
        La Santa, per tutta la sua breve vita, avendo calcato le orme di Cristo crocifisso, nella sua missione di pace e di giustizia nel mondo, ebbe dal Cielo anche un segno evidente della sua fedeltà e conformità allo sposo, Cristo crocifisso: le stigmate invisibili, che le procuravano dolori più spirituali che materiali.
        Pio II, nel 1461, la proclamò santa, mentre Pio XII nel 1939, faceva dono all'Italia di questa donna coraggiosa e forte, come protettrice, assieme al Poverello di Assisi. Il 4 Ottobre 1970, Paolo VI insigniva questa giovanissima, gracile e analfabeta, del titolo di Dottore della Chiesa: segno dei tempi!
        Siccome il Signore butta la pietra, come una frecciata di ... innamorato, e, scherzosamente, nasconde la mano, io non faccio altro che passare a te, mio caro compagno di viaggio, per... competenza, una infocata preghiera di Caterina, riportandola integralmente dal breviario, perché anche tu possa gustare la gioia di immergerti nella contemplazione del Mistero di Dio, Uno e Trino, Dio Trinità, Dio Famiglia, Dio Comunità, Dio Amicizia: Eterna Comunione di Eterno Amore.
        O Deità eterna, o eterna Trinità, che, per l'unione con la divina natura, hai fatto tanto valere il sangue dell'Unigenito Figlio!
        Tu, Trinità eterna, sei come un mare profondo, in cui più cerco e più trovo; e quanto più trovo, più cresce la sete di cercarti.
        Tu sei insaziabile;
e l'anima saziandosi nel tuo abisso, non si sazia, perché permane nella fame di te; sempre più te brama, o Trinità eterna, desiderando di vederti con la luce della tua luce.
        Io ho gustato e veduto con la luce dell'intelletto, nella tua luce il tuo abisso, o Trinità eterna, e la bellezza della tua creatura.
        Per questo vedendo me in te, ho visto che sono tua immagine, per quella intelligenza che mi viene donata dalla tua potenza, o Padre eterno, e della tua sapienza, che viene appropriata al tuo Unigenito Figlio. Lo Spirito Santo poi, che procede da te dal tuo Figlio, mi ha dato la volontà con cui posso amarti.
        Tu infatti, Trinità eterna, sei Creatore ed io creatura; ed ho conosciuto - perché tu me ne hai data l'intelligenza, quando mi hai ricreata con il sangue del Figlio - che tu sei innamorato della bellezza della tua creatura.
        O abisso, o Trinità eterna, o Deità, o mare profondo! E che più potevi dare a me che te medesimo?
        Tu sei un fuoco che arde sempre e non si consuma. Sei tu che consumi col tuo calore ogni amor proprio dell'anima. Tu sei fuoco che toglie ogni freddezza, e illumini le menti con la tua luce, con quella luce con cui mi hai fatto conoscere la tua verità.
        Specchiandomi in questa luce ti conosco come sommo bene, bene sopra ogni bene, bene felice, bene incomprensibile, bene inestimabile.
        Bellezza sopra ogni bellezza. Sapienza sopra ogni sapienza. Anzi tu sei la stessa sapienza. Tu cibo degli angeli, che con fuoco d'amore ti sei dato agli uomini
        Tu vestimento, che ricopre ogni mia nudità.
        Tu Cibo, che pasci gli affamati con la tua dolcezza.
        Tu sei dolce senza alcuna amarezza. O TRINITA' ETERNA!

        Concludiamo, miei carissimi lettori e lettrici, questa nostra avventura, che voglio sperare sia stata piacevole e propizia, con un reciproco, vivissimo augurio di assaporare giornalmente quanto suggerisce un proverbio dell'antica letteratura sanscrita: Osserva l'oggi, perché ieri non è che un sogno, e domani, solo una visione; ma oggi, se ben vissuto fa di ogni ieri, un sogno di felicità, e di ogni domani, una visione di speranza.
        Perciò,
                                           GUARDA BENE ALL'OGGI,
        perché non esiste un tempo, che non sia
                                           SEGNATO DA DIO.















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