GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - g) Missione qui ed ora

g) Missione qui ed ora
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        La "missione" cui ci ha richiamato la memoria storica dal Concilio ad oggi, e particolarmente per la nostra Chiesa locale, agli anni '80 ha focalizzato la nostra attenzione sul meraviglioso disegno di amore di Dio, nel guidare (è Lui il Pastore eterno!) la nostra comunità,... nonostante noi, dalla "croce" del terremoto verso la Pasqua.
        Con tutti i nostri limiti e le nostre remore, questo cammino non può e non deve finire, perché le premesse non mancano.
        Dopo l'approfondimento catechistico negli anni 1984-85, l'azione pastorale cominciava a dare i primi passi nei due settori prescelti: giovani e famiglia.
        Già all'inizio del 1986 P. Fusco, in un'assemblea di operatori pastorali, richiamava l'attenzione di tutti, facendo riferimento al Sinodo indetto per i 20 anni del Concilio, su "Conoscenza-Riaffermazione-Rilancio del Concilio", invitando a rileggere i documenti per cogliere aspetti positivi (rinnovamento della liturgia, riscoperta e riappropriazione della Parola, ricostituzione, con passi ancora vacillanti, del popolo di Dio nella comunione ecclesiale...) e negativi (legati alla nostra secolare pigrizia...).
        Di qui l'urgenza di conversione alla santità: sentirsi popolo pellegrinante verso la santità, partendo dalla SC e DV.
        Il 3 aprile '86 si ha il primo incontro delle coppie responsabili della pastorale familiare delle singole parrocchie.
        S. E. l'Arcivecovo, nel clima pasquale, propone una riflessione sulla Pasqua, sollecitando le coppie a "passare" dalla schiavitù dell'egocentrismo, che tante volte spinge anche le coppie ad incomprensioni e divisioni, per immergersi nell'amore trinitario, da testimoniare in famiglia e nella società.
        Seguono delle testimonianze molto significative che arricchiscono il gruppo nascente, sollecitandolo ad "esprimersi" subito all'esterno.
        Si decide così di organizzare per il 1° maggio la prima Festa della famiglia in diocesi, con il tema "Annunzio dell'amore di Dio riservato alla famiglia attraverso la Chiesa (famiglia delle famiglie)".
        Si stabilisce pure un programma di massima per la giornata, prevedendo anche la collaborazione di alcuni giovani per un "servizio" ai piccoli:
        1) momento di preghiera e di riflessione sulla Parola;
        2) risonanza in assemblea con testimonianze significative;
        3) pranzo a sacco "in... condivisione";
        4) gioia di stare insieme: canti popolari, corale,...
        La festa si svolge al SS. Salvatore di Montella con la partecipazione di numerose famiglie "a completo", secondo il programma previsto.
        I coniugi responsabili della Commissione Famiglia propongono all'assemblea una breve e incisiva relazione sulla tema "Famiglia, Chiesa domestica", invitando le coppie presenti a farne un'esperienza vissuta nell'amore, alla luce della fede.
        L'amore, puntualizzava la coppia relatrice, per essere autentico, non deve essere possessivo e soffocante, ma paziente e rispettoso della libertà dell'altro, un amore che si sa mettere in discussione di fronte ai problemi nuovi; amore aperto anche all'esterno: la disponibilità ai problemi altrui è indispensabile perché l'amore non si inaridisca nel rapporto di "due cuori in una capanna".
        Nella risonanza delle coppie presenti vengono fuori delle significative puntualizzazioni:
        - una coppia precisava: Dio ci ama così come siamo, e questo è "liberante", per cui i problemi familiari, filtrati attraverso l'amore di Cristo, li risolviamo più facilmente;
        - un'altra coppia invitava a vivere in famiglia, come comunità aperta alla "famiglia delle famiglie", la Parrocchia, cui "annunziare" con la vita che Dio è Padre di tutti e vuole continuare ad amarli attraverso il nostro amore di papà e di mamma;
        - una coppia, ancora carica di entusiasmo per un'esperienza di solidarietà in un paese del terzo mondo, allargava l'orizzonte, invitando l'assemblea a riconoscere che "stiamo perdendo la consapevolezza della nostra appartenenza all'umanità, non sapendo o non volendo guardare a Dio in scala mondiale, anzi in scala universale, cosmica ......
        Non è stato difficile a Zino cogliere l'abbondanza di quel "soffio" dello Spirito in assemblea, per sintetizzare il messaggio nell'affermare che:

        - L'Incarnazione non è ancora finita nello spazio e nel tempo, in quanto non è una verità da credere, ma un Mistero da cercare e vivere, nella convinzione che solo l'amore che si incarna salva.
        E' questa l'esaltante esperienza da fare: un amore che s'incarna:
        - nell'individuo, convertendosi all'amore;
        - nella coppia, donando e ricevendo amore;
        - nella famiglia, costruendo comunione d'amore;
        - nella società, testimoniando amore;
        - nel cosmo, unendo la propria voce di lode alla dossologia dell'universo, immergendosi nel Mistero di Cristo, per permettergli di "incarnarsi" ancora in noi e nella storia.
        Sempre per una delle solite coincidenze, da Zino interpretate come circostanze "provvidenzialmente inserite nel contesto del Mistero ...... a questo punto della stesura memorialistica, nel giorno della memoria di S. Cecilia 22 nov. '93, alla recita del Mattutino,il breviario propone una meravigliosa riflessione di S. Agostino, che, con piacere, egli offre al lettore.

 
Cantate a Dio con arte nel giubilo

        "Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate al Signore un canto nuovo!" (Sal 32,2.3). Spogliatevi di ciò che è vecchio ormai; avete conosciuto il nuovo canto. Un uomo nuovo, un testamento nuovo, un canto nuovo. Il nuovo canto non si addice ad uomini vecchi. Non lo imparano se non gli uomini nuovi, uomini rinnovati, per mezzo della grazia, da ciò che era vecchio, uomini appartenenti ormai al nuovo testamento, che è il regno dei cieli. Tutto il nostro amore ad esso sospira e canta un canto nuovo. Elevi però un canto nuovo non con la lingua, ma con la vita.
        Cantate a lui un canto nuovo, cantate a lui con arte
(Cfr Sal 332,3).
        Ciascuno si domanda come cantare a Dio. Devi cantare a lui, ma non in modo stonato. Non vuole che siano offese le sue orecchie. Cantate con arte, o fratelli...
        Come potresti mostrare un'abilità così perfetta nel canto, da non offendere in nulla orecchie così perfette?
        Ecco egli ti dà quasi il tono della melodia da cantare: non andare in cerca delle parole, come se tu potessi tradurre in suoni articolati un canto di cui Dio si diletti. Canta con giubilo. Cantare con arte a Dio consiste proprio in questo: cantare nel giubilo. Che cosa significa cantare nel giubilo? Comprendere e non saper spiegare a parole ciò che si canta col cuore. Coloro infatti che cantano sia durante la mietitura, sia durante la vendemmia, sia durante qualche lavoro intenso, prima avvertono il piacere, suscitato dalle parole dei canti, ma, in seguito, quando l'emozione cresce, sentono che non possono più esprimerla in parole e allora si sfogano in sola modulazione di note. Questo canto lo chia-miamo "giubilo".
        Il giubilo è quella melodia, con la quale il cuore effonde quanto non gli riesce di esprimere a parole. E verso chi è più giusto elevare questo canto di giubilo se non verso l'ineffabile Dio? Infatti è ineffabile colui che tu non puoi esprimere. E se non lo puoi esprimere, e d'altra parte non puoi tacerlo, che cosa ti rimane se non "giubilare"? Allora il cuore si aprirà alla gioia, senza servirsi di parole, e la grandezza straordinaria della gioia non conoscerà i limiti delle sillabe. Cantate, a lui con arte nel giubilo
(Cfr Sal 32, 3)
        (Dal "commento sui salmi" di S. Agostino, Vescovo).

        Il soffio dello Spirito, dopo il quinto Convegno diocesano (30 giugno 4 luglio '86), continuava anche nella formulazione del piano pastorale dell'anno il 26/9/86, dopo un'introduzione molto significativa del Pastore a tutti i suoi collaboratori pastorali.
        Facendo egli riferimento al "rapporto sulla fede" del Card. Ratzinger, che offriva alla Chiesa un'analisi realistica della situazione, riconosceva umilmente che anche da noi "molte cose non vanno", ma aggiungeva subito "ci sono però anche segni di speranza", nelle due dimensioni scelte per la nostra azione pastorale: giovani e famiglia.
        Paradossalmente, nella prospettiva del fallimento della croce, diceva, è proprio il negativo che può trasformarsi in positivo, partendo dal "vuoto" di cui abbiamo fatto esperienza in questi anni: come il vuoto del sepolcro fu il preannuncio della Pasqua, così il vuoto in ogni senso lasciato dal terremoto, può aprirci alla gioia della risurrezione.
        Il Prof. Lama, in una lettera inviata al Vescovo di ringraziamento a tutta la comunità, dopo l'esperienza del Convegno di luglio, aveva definita la diocesi "una Chiesa che si interroga sulla sua indentità, in dialogo con le sue componenti" nella ricerca, aggiungeva il Pastore, di salvezza per tutti.
        Però la salvezza della nostra chiesa locale, precisava il Vescovo, non verrà da disposizioni o decreti, ma unicamente dal comune impegno di santità, aprendo la porta a Cristo e preparando nuovi spazi alla fede, alla carità nelle due dimensioni scelte per la nostra pastorale.
        In un incontro di novembre a Conza Don Tenore, assistente di A.C., puntualizzava: è la responsabilità laicale che costruisce meglio di noi la diffusione del Regno di Dio nel mondo, coinvolgendo tutta la comunità, in tutte le sue espressioni.
        Anche Zino, incaricato per la pastorale familiare diocesana, in una lettera incalzava, con un invito personale alle coppie responsabili nelle singole parrocchie e p.c. ai parroci, sollecitando:
        "... una corresponsabile capacità di progettazione e di assunzione di iniziative, che diano concretezza alla spinta di rinnovamento emersa nei nostri convegni diocesani... per una responsabile opera promozionale della nostra Chiesa locale..."
        Nell'invito era pure fotocopiata una significativa preghiera di Lebret, che vale la pena riportare qui, perché sempre attuale:

Donaci coraggio...

        Mandaci, o Signore, del coraggio,
        il coraggio di agire, di agire senza temerità.

        Mandaci, o Signore, il coraggio dell'iniziativa
        e il coraggio della disciplina.

        Mandaci, o Signore, il coraggio della continuità
        e il coraggio di un costante adattamento.

        Mandaci, o Signore, il coraggio
        di sapere stare spesso soli
        e quello di sempre ricominciare
        con quelli che restano e quelli che arrivano.

        Mandaci, o Signore, il coraggio di non irritarci
        anche in mezzo agli abbandoni
        e di rimanere sempre padroni di noi stessi.

        Mandaci, o Signore, il coraggio di trovare sempre
        un po' di tempo per meditare e pregare.

        In vari incontri successivi, iniziati sempre nell'ascolto della Parola, con incisivi commenti del Pastore, sempre presente, la Commissione diocesana Famiglia cerca di approfondire la Familiaris Consortio, per poi trasmetterne il messaggio a raggiera nelle quattro zone pastorali. Un buon lavoro, sinceramente!
        Inoltre, per testimoniare tale messaggio, si concorda di offrire almeno un'ora settimanale ai bisogni emergenti della Parrocchia, di organizzare per le coppie della diocesi la seconda edizione della Festa della Famiglia per il 25 aprile `88, e una giornata di spiritualità il 24/6/88 al Goleto.
        Il tutto in conformità del messaggio del Sinodo '87 alle famiglie italiane: "La famiglia fondata sul sacramento del matrimonio è il luogo privilegiato per la formazione umana, per il risveglio, la crescita e l'irradiazione della fede. Possa diventare una vera Chiesa domestica, dove si prega insieme, dove si vive esemplarmente il comando dell'amore e dove la vita è accolta, rispettata e protetta" (da Sui Sentieri del Concilio ) .
        Il richiamo del Sinodo alla vita trova immediato riscontro nella Commissione col valorizzare maggiormente l'annuale "giornata di accoglienza alla vita".

        La Festa della Famiglia, il 25 aprile al SS. Salvatore, cui certo non poteva mancare il capo-famiglia "volato" apposta da Roma, è stata tutta un esploit di gioia, dalla "calda" celebrazione della Parola al rumoroso vociare dei bambini, impegnati subito nel gioco da un gruppo di giovani, ai "calorosi" canti finali per "smaltire l'abbondante consumazione conviviale", innaffiata da assaggi vari dei nostri buoni vini collinari.
        Rievocare queste cose per molti è un rivivere l'entusiasmante esperienza, e per tanti lettori può essere il gustare un... assaggio del passato.
        La celebrazione della Parola inizia col pregare i Salmi, preceduti da una breve monizione, atta ad agghindare il cuore di ciascuno al colloquio con Dio.
        "Il salmo 62 presenta una creatura profondamente assetata di Dio, come terra deserta, arida, senz'acqua, che attende la pioggia ristoratrice, sollecitando ciascuno di noi a dire al Signore la nostra profonda sete di Lui".
        Come ritornello è ripetuto l'ultimo versetto, alla fine delle singole strofe, proclamate da varie coppie, per esprimere al Signore l'unità della famiglia naturale, inserita nella grande famiglia del popolo di Dio.
        "Il salmo 111, con l'elogio dell'uomo giusto, secondo il cuore di Dio, in contrapposizione con il malvagio (cui è riservato un solo versetto) che digrigna i denti ed è roso dall'invidia, ci addita la via alla santità ed alla felicità, tenendo sempre accesa la lampada della giustizia, nel cammino della vita".
        La lettura breve (At 2,42-47) è commentata brevemente da Zino, che rievoca l'esperienza dei primi cristiani, nel ri-vivere e ri-presentare il Mistero Pasquale di Cristo nella loro vita di comunione attraverso la liturgia domestica attorno ai ricordi e testimonianze degli Apostoli, con la frazione del pane, che si traduceva nella condivisione esistenziale con gli altri.
        La celebrazione della Parola trova in assemblea una incisiva risonanza nella varietà delle testimonianze, che si facevano preghiera nel canto, guidato a suon di chitarre dal gruppo "Miele di Roccia" Vallatese.
        Vale la pena riportare qui due ritornelli orecchiabili e molto significativi cantati dall'assemblea:

        Cantiamo amore, amore, amore,
        in questo mondo che non si ferma mai.
        Viviamo amore, amore, amore.
        Anche tu puoi certo vivere così,
        se vuoi, se vuoi.

        E' tempo di avere speranza,
        è ora di fraternità,
        è tempo di amore e di sincerità
        in mondo che amare non sa...

        E' tempo di amore e di sincerità
        in mondo che amare non sa...

        La celebrazione trova la sua conclusione naturale nella rinnovazione negli impegni personali e pastorali di tutta l'assemblea, nell'offerta di un "segno tangibile" di carità e nella consegna delle "beatitudini della famiglia".

Beatitudini della Famiglia

        Beata la casa ove si prega e si ascolta la Parola di Dio, perché in essa vi sarà il Signore;

        Beata la casa dove la festa è santificata, perché i suoi abitanti si ritroveranno

        Beata la casa in cui non entra la bestemmia, la stampa equivoca, il divertimento pericoloso, perché in essa regnerà la vera gioia;

        Beata la casa dove gli sposi vivono in pienezza di amore e di fedeltà, perché porterà il riflesso dell'amore di Dio;

        Beata la casa dove la vita è accolta, difesa ed amata, perché avrà il sorriso di Dio;

        Beata la casa dove regna la concordia il dialogo, la fiducia reciproca, perché in essa ci sarà la pace;

        Beata la casa in cui nella gioia e nel dolore viene testimoniata la fede con la vita, perché sarà benedetta dal Signore;

        Beata la casa che si apre generosamente agli altri, perché sarà segno dell'amore di Dio nel mondo.

        Non poteva mancare alla fine l'esplosione della agàpe consumata in fraternità e allietata da canti popolari, nonché dallo spettacolo della corale di Teora, sotto la "bacchetta magica" di un veterano maestro.
        Anche l'incontro programmato per fine giugno si svolge regolarmante al Goleto: le riflessioni del Pastore sulla Parola e la risonanza di preghiera, accolte con frizione da parte di qualcuno non abituato ad incontri di spiritualità, trovano gradito riscontro in tutte le altre coppie partecipanti.
        All'inizio del nuovo anno sociale, per la precisione il 23 ottobre 1988, la Commissione Famiglia si ritrova a riflettere sull'o.g. "Verifica e Progettazione"
        Nella verifica , una mamma puntualizzava la poca disponibilità dei laici e la non costante presenza di stimolo da parte dei sacerdoti, nelle varie iniziative...
        Un padre confermava la poca incisività della pastorale diocesana e dell'insegnamento di religione... poca attenzione ai disabili, handicappati, malati... e concludeva "come la mettiamo con l'ostinato scandalo delle messe a pagamento e degli sprechi di milioni in feste paganeggianti?"...
        Un altro, facendo riferimento agli incontri dell'anno precedente li giudicava "clericali" e le brevi riflessioni sulla Parola da parte dell'Arcivescovo le valutava un "bla bla bla..."
       Qualche altro interviene per precisare di non ritrovarsi nel giudizio di quest'ultimo, spiegandone i motivi. Comunque, unanimemente, si decide di affidare proprio a questo malato di "ipercriticismo" l'organizzazione di alcuni aspetti degli incontri successivi e, soprattutto, viene delegato ad organizzare la festa della famiglia per il 25 aprile '89.
        Questa... non si è più fatta e quella persona ha cominciato a disertare gli incontri... Nemesi storica!...
        Un sacerdote presente, cogliendo l'urgenza dei vari appelli dei laici, sollecitava tutti ad un impegno indilazionabile nella comunità:"ogni cristiano, affermava, deve agire in prima persona per la diffusione del Regno di Dio, deve essere un protagonista, un profeta...".
        Dopo la verifica critica, dialettica e quasi impietosa si passa alla programmazione, prevedendo:
        1) completamento studio "Familiaris Consortio", prima in commissione con l'alternarsi delle coppie relatrici, come si era fatto già in precedenza, riservando al sacerdote l'aspetto biblico-religioso nello svolgimento dell'incontro e nell'approfondimento del matrimonio cristiano, e poi nelle quattro zone pastorali, con altrettante coppie.
        2) collaborazione con la Commissione liturgica (dato che il Convegno diocesano si era svolto sul tema "Il giorno del Signore") per una sensibilizzazione liturgica in diocesi.
        3) disponibilità in Parrocchia per ogni esigenza, sollecitando anche una valorizzazione delle varie giornate:
        1° gennaio: Giornata mondiale della Pace
        29 gennaio: Giornata per i lebbrosi
        5 febbraio: Giornata per la Vita
        16 aprile: Giornata delle Vocazioni
        25 aprile: Festa delle Famiglie
        14 maggio: Giornata della Sofferenza
        25 giugno: Incontro di Spiritualità Familiare.
        Viene poi concordato anche un calendario di massima per gli incontri.

        Inoltre, l'impegno assunto al Convegno di settembre '88, sul rinnovamento della liturgia, si cerca di tradurlo in un approfondimento, nelle singole zone pastorali, della vivacizzazione di liturgie in Parrocchia.
        I relatori delle singole zone, pur facendo riferimento al testo di J. Lebon "Per vivere la liturgia", suggerito dal centro, cercano di arricchirlo con puntualizzazioni personali, meglio rispondenti alla situazione locale.
        Al primo incontro, per la zona di Bisaccia, D. Tenore richiama l'attenzione sull'atteggiamento di fondo da avere nella celebrazione, a cominciare dall'accoglienza, in modo da far corrispondere all'espressione di culto la vita: se cambia la vita cambia anche la celebrazione.
        La partecipazione deve essere dialogica: andamento dialogico con ruoli diversi.
        In tutta la celebrazione, a cominciare dal segno della croce, l'Amen assume il valore di riappropriazione da parte dell'assemblea, caricando quella paroletta dei suoi significati originari in ebraico: va bene, così credo, è proprio così, sono d'accordo, ci sono anch'io...
        Poco dopo, nella Colletta, quando il sacerdote dà voce alla preghiera di tutti, l'assemblea se ne riappropria con l'Amen.
        L'assemblea possiamo definirla come un gruppo di persone convocate per l'ascolto della Parola e per la celebrazione dell'Eucaristia.
        Si ha subito la idea del banchetto, della famiglia che si trova insieme a tavola, rispondendo ad una convocazione che viene da Dio...
        Assemblea fatta di persone che si vogliono bene, che si aiutano a migliorare...;
        Chiesa viva, fatta di pietre vive, segno vero di Chiesa aperta a tutti, per significare il raduno universale dei popoli in Cristo, nella gioia, nella speranza, nell'amore...
        S. Francesco afferma: "Tutto è dono nel momento in cui non hai niente: dono l'aria, l'acqua, dono Gesù Cristo, il Vangelo..."
        Siamo annunciatori della gioia che viene dal Vangelo: il volto di Dio è volto di gioia. Dobbiamo proclamare il Vangelo dell'esultanza; già il riunirsi è un gesto profetico, in risposta all'invito paolino:
        "Rallegratevi... ve lo ripeto... rallegratevi".
        L'assemblea composta da persone, nel cui cuore abita Dio, che si ritrovano in Cristo insieme è a servizio del dialogo... della Parola... dell'Eucaristia.
        Quest'ultimo concetto veniva ripreso e approfondito da Zino nell'incontro successivo: il popolo cristiano nella Messa è invitato a partecipare alla duplice mensa della Parola e dell'Eucaristia per fare "comunione".
        Al duplice modo della presenza del Signore risorto al suo popolo, Parola e Sacramento, deve corrispondere un duplice modo, da parte dei fedeli per accedere a Lui, avere salvezza ed entrare in comunione di vita:
        - la fede nella Parola;
        - la partecipazione all'azione sacramentale.
        La Parola viene accolta dall'assemblea che, dopo averla ascoltata, l'acclama e la "celebra", introducendo e preparando la liturgia eucaristica: i fedeli sono così sollecitati ad assumere un atteggiamento sacrificale, di donazione di sé. al Padre, nell'imitazione di Cristo.
        Il pane e il vino sono offerti al Padre per essere condivisi nella comunione "... perché diventino per noi cibo di vita eterna... bevanda di salvezza".
        La contemplazione delle mirabili opere di Dio, evocate dalla Parola, e la certezza di un attuale evento salvifico del Signore, suscitano nell'assemblea l'esultante inno di gratitudine e di lode...
        Ma questa salvezza, dalla creazione alla Parusia, ha il suo culmine nel sacrificio pasquale di Cristo: essa è fatta di interventi di Dio, ma anche di risposte umane, da Dio sollecitate e volute, per la realizzazione del suo disegno di salvezza...
        La Messa prolunga la croce nella storia, che viene così assunta da Cristo e trasfigurata dal suo Mistero Pasquale, mistero di passione e di morte, ma anche di risurrezione.
        Questa risurrezione per noi si realizza gradualmente nell'oggi, nella misura in cui ci si apre a Cristo e gli si permette di "trasfigurare" la nostra vita, fino a
        che questa nostra risurrezione non sarà definitiva, quando Egli ci chiamerà a sé, nella piena attuazione del Regno che "riconsegnerà al Padre" (I Cor 15,24).
        Il corpo ecclesiale di Cristo che si estende nel tempo e in ogni angolo della terra, è in lenta maturazione verso la fase finale, in solidarietà con tutta l'umanità, anche oltre i confini di spazio e di tempo, abbracciando nella comunione anche quelli che "ci hanno preceduto con il segno della fede".
        Comunione sempre da costruirsi nella condivisione esistenziale con tutti, particolarmente coi bisognosi, in attesa che sia definitiva.
        In un terzo incontro D. Tarcisio si incaricava di approfondire maggiormente la Liturgia della Parola: dalla proclamazione delle letture alla preghiera dei fedeli, con l'assemblea in "ascolto". Dio ha preso l'iniziativa e interpella l'uomo attraverso una struttura di dialogo: Dio propone e l'uomo risponde.
        Nell'omelia la Parola, che è immutabile, stimola risonanze nuove e diventa Parola di oggi...
        L'ascolto è finalizzato a portare frutti, con un arricchimento continuo della nostra Vita.
        La Parola di Dio prende corpo nella sua Chiesa, incarnandosi in ciascuno di noi. Molto significativa l'immagine della pioggia, data dal profeta Isaia.
        La nostra disponibiltà all'ascolto di Dio che chiama, deve tradursi in frutto di conversione, di fede, di unità della Chiesa locale, inserita nella Chiesa universale ed espressa nella preghiera.
        All'ultimo incontro la presidente diocesana di A. C., L. Corvino proponeva ai partecipanti una riflessione sul significato della Messa nella Vita: Missione e Carità.
        Lo "andate in pace" del sacerdote alla fine della Messa, non deve essere accolto con un sospiro di sollievo per la fine di un'azione, ma deve caricare il credente di nuova inquietudine, l'inquietudine di Dio.
        Non c'è Messa "... corpo dato... sangue versato" senza Missione, una Missione senza riserve, fino al martirio.
        Dobbiamo far crescere i semi del Regno di Dio nel mondo con un servizio alla verità, all'amore, costruendoci Chiesa, rispondendo generosamente all'appello conciliare: "Chiesa, diventa ciò che sei".
        Comunità eucaristiche, che sappiano interpretare i bisogni della gente, ripartendo dagli ultimi e misurando il passo con chi fa più fatica. Un atteggiamento permanente di profonda carità, che apra ad un orizzonte più vasto alla comunione col Padre.
        La carità però non deve limitarsi a provvedere con immediatezza ai bisogni della gente, ma concretamente deve interpellare chi di dovere ad intervenire sulle strutture, che creano ingiustizia, razzismo...
        Rifiutare il qualunquismo, lo scoraggiamento: il "non c'è nulla da fare" è solo un pretesto per giustificare il proprio atteggiamento di egoismo, di pigrizia mentale, di isolamento, di individualismo...
        Successivamente, queste stesse tematiche dei quattro incontri sono approfon
        dite ulteriormente, con altrettanti incontri, alla Scuola della Parola, un'opportuna iniziativa presa dall'A.C. e fatta propria anche dal settore famiglia.
        "Detta scuola, - si diceva nell'invito, - vuole farci coinvolgere dalla Parola nel profondo; farci pregare, meditare, riflettere e vivere la Parola...
        I brani che mediteremo sono presi tutti dal Vangelo e vogliono essere in sintonia con i momenti della celebrazione Eucaristica e del Giorno del Signore, che è il tema del programma pastorale..."
        Un'autentica esperienza di esodo nella e con la Chiesa locale!

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