GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - b) Dalla Pastorale di Cristianità alla Pastorale di Missione

b) Dalla Pastorale di Cristianità alla Pastorale di Missione
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        La puntualizzazione del profondo significato biblico sotteso ad alcuni termini ricorrenti ci aiuta a capire meglio il cammino iniziato dalla nostra Chiesa locale nell'immediato dopo-terremoto.
        Si parte, con i piedi per terra, da una indagine previa di consultazione di base, onde adeguare la programmazione alle concrete situazioni, nella comune convinzione di camminare insieme con la Chiesa di oggi, verso la Chiesa di domani.
        La verifica dei dati raccolti è fatta, anche questa realisticamente, sotto la guida del valente D. Di Donna in una settimana di riflessione e di aggiornamento a Posillipo (18-23 luglio '83).
        L'analisi aiuta subito a prendere atto che il terremoto non solo aveva portato lo azzeramento materiale, ma aveva messo anche a nudo la religiosità delle nostre zone, con la caduta di cristianità, creando un vuoto conturbante in tutti, pastori e fedeli, venuti a trovarsi sradicati totalmente anche dai surrogati di religiosità tradizionale.
        Erano maggiormente scioccale quelle comunità che, dopo ben quindici anni, minimamente si erano lasciate scalfire dalla ventata conciliare, rimanendo "cristallizzate" in riti magici, superstiziosi, e
        paganeggianti: ci voleva un "provvidenziale" terremoto, per farne... piazza pulita!
        In questa presa di coscienza della "sanguinolenta" situazione, si aveva l'impressione di essere senza futuro.
        La liberazione da questa "cappa di vuoto" esigeva immediatamente che, pastori e fedeli, si coscientizzassero dell'urgenza di una mentalità da convertire, per passare dalla pastorale di cristianità, ancora puntellata tenacemente, pur nella scarsità di pastori, e adesso finalmente azzerata dal disastro di quelle proporzioni, ad una pastorale di missione.
        Provvidenzialmente iniziava anche per la Chiesa locale la sua drammatica cattività, tanto salutare, per la sua purificazione innovatrice. Problemi ingenti di carattere materiale, spirituale, morale, pastorale, che "pungolavano" un cambiamento radicale di cultura: modo di pensare e di vivere, di rapportarsi a Dio e agli altri, e di agire per costruire il futuro per sé e per gli altri.
        Era per tutti noi, soprattutto come Chiesa locale, il grande momento storico in cui il Signore, provando sentimenti di "com-passione" per questo popolo, ci spingeva al nostro passaggio del Mar Rosso: "ho osservato la miseria del mio popolo... ho udito il suo grido... conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo... e per farlo uscire da questo paese, verso un paese bello e spazioso..." (Es 3,7-8).
        La compassione divina per il suo popolo, così bene evidenziata e proclamata nel 1° Convegno diocesano era stata tradotta in condivisione, attraverso la presenza di tanti volontari, giunti da ogni parte per visualizzare la paterna presenza dello "io sono" al suo popolo prediletto.
        Quanti momenti di grazia, per aiutare la Chiesa locale a concentrarsi decisamente ed esclusivamente sull'uomo, per curarne le ferite sanguinolenti, solo l'uomo e tutto l'uomo in situazione!...
        Nel 2° Convegno di Posillipo, nuova Pentecoste, al soffio dello Spirito, ci si convince che, senza lasciarsi pigliare la mano da "vaneggianti nostalgie" del passato, è necessario pensare al futuro di una comunità che si costruisca Chiesa in cammino di permanente ricostruzione, ispirandosi ai valori autentici del passato, integrandoli col "nuovo", come ormai da tanti anni sollecitava il Vaticano II.
        Uno dei relatori, P. Cardaropoli, aiuta a fissare dei punti precisi di riferimento in questo andare avanti... Li accenno soltanto: coscienza dell'auto-sviluppo... convinzione della socializzazione e della cultura di socialità... partecipazione alla corresponsabilità all'interno della comunità... Chiesa che vive sempre in un contesto socio-culturale, in un "oggi e qui", con l'esclusivo ruolo di proposta, stimolo, verifica, coscienza critica, rinunziando completamente all'opera di "supplenza"...
        In una prospettiva di così vasto orizzonte, di fronte ad un mondo secolarizzato, laico e laicista, attraversato da un impressionante ateismo pratico, ci si convince di trovarsi interpellati da un dilemma... "cornuto": o puntiamo ad una Chiesa in cui la componente laicale sia essenziale, o rinunziamo alla nostra credibilità (Zino queste cose non se le inventa oggi insieme ad altri... malati di protagonismo!).
        La verifica conduce per mano tutti alla conclusione di edificare una nuova Chiesa, innestata nel contesto concreto della situazione, "tappandosi -sono parole del relatore- le orecchie ad ogni altra sollecitazione, a meno che non sia finalizzata allo stesso scopo", puntando sul tema proposto dalla CEI in Comunione e Comunità e la Chiesa italiana nelle nuove prospettive del paese.
        La generosità dei Padri gesuiti ospitanti, a completamento della "affettuosa e tenace" presenza di condivisione dell'indimenticabile P. Gargiulo con altri nel periodo di emergenza, aveva anche provveduto all'omaggio dei testi.
        Sarebbe forse il momento e il caso di chiedersi con umiltà e sincerità se, nel nostro esodo del post-terremoto, abbiamo corrisposto a questi numerosi interventi di benevolenza (acqua, manna, carne nel... deserto!), dai tocchi profondamente materni, da parte di Jahvè.
        Ricordiamo pure l'appassionata sintesi offertaci dal Pastore che, interpretando la volontà di base alla luce di quanto detto e verificato, puntualizzava le tre scelte preferenziali: Catechesi, Giovani, Famiglia.
        In quella circostanza si decide pure di istituire delle zone pastorali, non per sostituire l'azione parrocchiale, ma per qualificarla, con una mentalità di fraternità, vissuta nella comunione.
        Per incidere profondamente nell'ambiente di azione, con questa pastorale di comunione, si stabiliscono anche dei criteri generali fondamentali: ogni particolare è espressione di un abbondante soffio dello Spirito, e in profondità.
        -Evitare enfatizzazioni: gonfiare un aspetto a scapito degli altri.
       -Concentrare le energie di tutte le persone disponibili per un'azione pastorale di radicale rinnovamento, in cui far confluire tutte le attività, seguendo linee convergenti, per rispondere alle effettive esigenze di ogni comunità, e cercando di coinvolgere anche i destinatari della pastorale nella entusiasmante esperienza di diventare "soggetti" di pastorale.
       -Non pastorale di élite, di gruppi privilegiati chiusi in evasive esperienze di autoesaltazione, ma pastorale enzimatica di lievitazione, ispirandosi al disegno generale di Dio nella storia, che raggiunge il suo popolo attraverso i mediatori, e i popoli della terra attraverso il popolo eletto: Cristo stesso si limita a sceglierne dodici, perché vadano nel mondo.
       -Meta da raggiungere: edificare una nuova Chiesa, in questo nostro contesto. Se, insieme, a circa tre lustri di distanza, facessimo in trasparenza, memoria di questi "mirabilia Dei", potremmo rifare l'esperienza della Pentecoste!...

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