GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - d) Scelte preferenziali: giovani e famiglia

d) Scelte preferenziali: giovani e famiglia
__________________________________________

        In tutti i ritiri spirituali dell'anno e nella giornata di spiritualità del III Convegno diocesano di Paestum (22-28 luglio '84), animati dalla parola calda e suasiva di P. Gargiulo, sono state approfondite, in dimensione biblico-teologica le varie tematiche, da calare nella "quotidianità".
        Non possiamo dimenticare un accorato appello del Pastore nel ritiro del 30/ 11/84 che, con molta umiltà, riferendosi a S. Francesco diceva: "Si è parlato del Santo, ma si è parlato poco del Profeta..."
        Profeta ha cominciato ad essere quando ha preso coscienza di essere peccatore, quando è tornato indietro ad "abbracciare" il lebbroso, al quale pure aveva "buttato" tutte le sue monete d'oro fuggendo... la sua profezia ha avuto inizio dal momento dell'abbraccio del lebbroso che lo ha avviato alla conversione.
        Convertirsi è rompere con il peccato, che è l'origine di tutti i mali... il mio peccato sono io,... il mio io... che non si lascia smantellare dal mio io... non voglio più peccare... qui si realizza l'impegno del Battesimo... qui inizia la riconciliazione...
        Ogni peccato ha lasciato nel mio cuore, come ogni goccia di acqua nelle stalammiti, una parte sia pure invisibile di calcare, che, giorno dopo giorno, anno dopo anno, ha contribuito a costruire nel mio cuore, quella colonna infame, che resiste ad ogni azione di grazia e di amore da parte di Dio...
        Il tema della riconciliazione, suggerito dal Sinodo, è stato poi ripreso da P. Maranzini, nel ritiro successivo, con una puntualizzazione a lasciarsi riconciliare con Dio, con la comunità, col mondo, col cosmo sotto l'azione vivificante dello Spirito.
        Ogni autentica riconciliazione deve avere questa dimensione personale, comunitaria, ecclesiale, sociale, cosmica, mirando ad inculturare una fede a dimensione locale e mondiale.
        Si offre al lettore un esempio di attualizzazione della inculturazione della fede in uno schema omiletico sviluppato in Parrocchia nel 1984, in occasione del IV anniversario del terremoto '80.
        A quattro anni di distanza dal triste evento, ci ritroviamo riuniti intorno all'altare, dove Cristo rinnova il suo sacrificio, per assumere in sé il dolore di tutta l'umanità e per aiutarci a scoprire nel lungo calvario della storia, la presenza affettuosa del Padre, che non cessa di amare i suoi figli, soprattutto nelle situazioni di sofferenza e di dolore, con un amore che sopravanza l'ira, quando il cielo sopravanza la terra: "Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono" (Sal 103,11).
        In Cristo Dio si china sulle miserie dell'umanità, assumendo su di sé la croce del mondo. La sofferenza passiva, subita a causa della povertà della condizione umana, viene assunta dal Figlio di Dio per amore nostro e trasformata in sofferenza attiva.
        In comunione col dolore di tutta l'umanità, di tutti i crocifissi della storia, il Figlio, dopo aver esperimentato con l'uomo il senso della solitudine, in cui lo caccia la sofferenza, espresso nel grido "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"
(Mc 15,34), offre al Padre l'estremo rantolo delle possibilità umane "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46).
        Il Padre dimostra di accogliere tale offerta con la risurrezione del Figlio, dando valore e senso alla sofferenza dell'innocente, e in essa ad ogni sofferenza umana.
        A partire dalla Pasqua si può intuire come il Dio cristiano non è l'altro della barricata, contro cui lanciare la bestemmia del dolore umano, ma il Dio con noi, il Dio compassionevole, che soffre con noi, ci aiuta a trasformare il nostro soffrire in offerta, a dare senso nel dono dell'amore alla croce del patire.
        In Gesù risorto ci è assicurato che il dolore offerto per amore, vissuto in comunione con Lui crocifisso e con tutti i crocifissi nostri fratelli, e offerto in oblazione al Padre, è fonte di risurrezione e cooperazione alla nuova creazione, alla formazione di "cieli nuovi e mondi nuovi".
        In tale prospettiva ci sentiremo sollecitati ad uscire dai nostri egoismi, a condividere la sofferenza degli altri, per imparare a trasformare la sofferenza e il dolore che si abbattono su ciascuno e sull'intera umanità, in sofferenza attiva, perché ognuno possa diventare un valido strumento di ricostruzione.
        L'impegno attivo non può esaurirsi nella denuncia impietosa e generica di colpevoli omissioni, ma deve tradursi in vigorosa testimonianza di coerenza personale e di gruppo, nell'impegno di giustizia e di amore, rifiutando con energia ogni tentazione di accaparramento egoista, di passività assistenzialistica, di chiusura nel privato, di ingiusti sprechi, di indifferenze e divisioni, che portano al disprezzo degli altri.
        La rinascita delle nostre zone non è legata alla sola ricostruzione delle case, che pure procede con tanta lentezza, ma è legata essenzialmente alla ricostruzione dell'uomo.
        E' l'uomo che deve essere ricostruito dal di dentro, perché il terremoto '80 non ha mietuto soltanto migliaia di vittime, non ha distrutto soltanto delle case, non ha aperto soltanto delle ferite nel cuore dei sopravvissuti, ma ha fatto crollare valori umani e cristiani, tradizioni ed ideali, che erano la ricchezza della nostra gente del Sud, esaltando i mali esistenti di povertà, di disoccupazione, di emigrazione, di clientelismo, ed aggiungendo nuovi mali, che rendono il futuro più incerto e oscuro.
        Le promesse e i progetti sono tanti, ma la sfiducia è ancora maggiore. L'assistenzialismo, il clientelismo e il favoritismo hanno ulteriormente lacerato la compagine sociale, portando ad una disgregazione sempre più preoccupante. Lo sciupio di pubblico denaro e le manovre dei furbi, su cui ho richiamato l'attenzione lo scorso anno nella stessa circostanza, radicalizzano sempre di più la demoralizzazione, la sfiducia verso persone e strutture.
        E' sempre incombente il pericolo di una involuzione che blocchi nell'atavico fatalismo del Sud ogni speranza di ripresa.
        I furbi e gli accaparratori ricordino che a nulla varrebbe rifarsi la casa col sopruso e l'oblio degli altri. Geremia al cap 22 v 13 puntualizza "guai a chi costruisce la casa senza giustizia"' cui fa eco il Siracide 21,8: "Chi costruisce la sua casa con ricchezze altrui è come chi ammucchia pietre per la sua tomba".
        Per noi cristiani invece la "tomba" è quella di Cristo, in cui vogliamo seppellire i nostri egoismi, antagonismi, ingiusti sprechi, consumismi, arrivismi, in una parola, la parte peggiore di noi, per risorgere con Cristo a Vita nuova.

        Si arriva così al IV Convegno diocesano del Lago Laceno (15-19 luglio '85), per una "messa a punto" delle due scelte preferenziali "fatte al II Convegno: Pastorale giovanile e Pastorale familiare.
        Il sempre presente P. Gargiulo provvede a dare, come al solito, un fondamento stritturistico-teologico al tutto, nella luce del mistero della fede: guardare la realtà della storia umana, con gli occhi di Dio.

        Fare della nostra povera storia, inserita nella storia di tutte le nazioni, la storia sacra, la storia della salvezza, la storia del popolo di Dio in cammino. Il piano umano si fonde col piano di Dio: da Abramo, con le sue varie tappe nella storia, fino a Cristo, che forma il nuovo popolo di Dio.
        Ecco il mistero: aprirci alle meraviglie di Dio! Un popolo che nasce dalla fede, si illumina e si nutre della fede, per scoprire continuamente questo meraviglioso disegno di Dio, in cui si inserisce il mistero della Chiesa, come ricorda la Lumen Gentium.
        Tutti coinvolti nel portare avanti la missione della Chiesa di aiutare l'umanità a dare un senso alla vita, alla luce della verità, della giustizia, dell'amore di Dio.
        Il regno di Dio deve pervadere tutte le realtà: la famiglia, la scuola, le strutture... sotto la croce, ma avendo nel cuore la speranza, la certezza che esso avanza con noi, ma anche nonostante noi... in spirito di unità, assicurata da Cristo risorto.
        Unità che non è appiattimento, ma unità nella diversità, con ruoli diversi, con un reciproco servizio di crescita del popolo di Dio... un popolo profetico... un popolo regale... un popolo sacerdotale...
        Unità nella comunione con Cristo e con i fratelli, mettendo Cristo al centro della nostra vita, perché sia il centro della storia: allora tutto cambia, tutto si muove, dando vita ad una nuova speranza.
        Un popolo di Dio, aperto a tutti i popoli, le razze, le religioni, i gruppi... ai non credenti, ai non praticanti, sempre in cammino nella storia: novità nella continuità, attesa, speranza nella continuità...
        Chiesa comunione che diventa sempre di più servizio: dalla Koinonia alla Diakonia...
        Tutto il popolo di Dio deve essere un semenzaio, una centrale di servizi, di ministeri... come nel corpo umano. Tutta la comunità deve crescere nel suo insieme, superando stanchezze e momenti di scoraggiamento, crescere... crescere: una Chiesa che cresce nella fede, nella speranza, nell'amore.
        Tutti abbiamo da crescere, con lo sguardo continuamente rivolto all'unico Sacerdote, Cristo glorioso alla destra del Padre, per contemplare la grandezza del mistero del Suo Sacerdozio, in forza del quale Egli continua, sotto l'azione dello Spirito, a riscattare tutti i popoli della terra, per farne un unico popolo, sollecitandoli, per strade le più impensate, ad immettersi nell'oceano infinito dello AMORE TRINITARIO.
        Partecipando al Sacerdozio di Cristo, in cui siamo innestati col Battesimo, siamo popolo sacerdotale: unico sacerdozio, unica offerta, unica vittima. Il suo "abbassamento" fra noi, in solidarietà con tutti noi, è il "si" di amore al Padre, è il "si" di amore all'intera umanità, in una dimensione di eternità, che travalica ogni barriera di luogo e di tempo: abbraccia il passato, si realizza nel presente, si proietta nel futuro.

        Mistero di un popolo universale che in Cristo:
        - ha accesso a Dio Padre
, cui può rivolgersi, chiamandolo "papà";
        - offre al Padre il suo sacrificio, unito a quello di Cristo, in forza dello Spirito: sacrificio reale, personale, esistenziale (Crf Rom 12). Un unico "si" di amore, che diventa un "si" di servizio verso tutta l'umanità: "sacrificio spirituale" che parte dal profondo del cuore;
        - è consacrato popolo sacerdotale, con l'innesto del suo sacerdozio in quello di Cristo.
        In tale prospettiva tutta la nostra vita è trasformata, sublimata in una lode perenne, una messa mai interrotta, che trasfigurerà i nostri compiti privati, personali, professionali, sociali in un'eucaristia che sarà "eternata" nei cieli.
        In questo popolo sacerdotale è necessario, indispensabile un sacerdozio ministeriale che, nel disegno voluto da Dio, già manifestato nel V.T. attraverso segni e figure, aiuti a scoprire, a recepire l'azione mediatrice dell'unico Sacerdote, Cristo: senza il sacerdozio ministeriale non si rende visibile, presente, operante, nel piano scelto da Cristo stesso, la sua azione mediatrice "hic et nunc".
        Come Cristo è segno del Padre, rivelandosi Sommo Sacerdote, Sommo Pastore, Re universale, così il sacerdote è segno, "sacramento" di Cristo Mediatore, come "servizio" al Sacerdozio di tutto il popolo.
        Il carissimo P. Armando, con la sovrabbondanza della sua unzione di spirito, ci dava la sua fraterna consegna, invitandoci ad accoglierla come la Madonna "conservava la Parola nel suo cuore", con la lectio brevis di Lodi del 19 luglio: "Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartiene la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen!" (1 Pt 4,10-11).
        Ciascuno di noi deve vivere secondo la grazia ricevuta, come cellula viva del nuovo popolo di Dio, nell'esprimere le meraviglie che il Signore continua ad operare: santi e immacolati nell'amore, a servizio gli uni degli altri, secondo il carisma dato.
        Il carisma dello stato di vita e il dono specifico per attivarci al servizio della comunità come apostoli, evangelisti di un Vangelo da continuare a scrivere nella vita, profeti, pastori, maestri, per crescere insieme nella costruzione del regno di Dio, individuando tempi, luoghi, modi atti a costruire la Casa del Signore.
        Le due relazioni del Convegno sulla pastorale giovanile e familiare, illuminate da queste premesse biblico-catechetiche di Chiesa nuova, assumono una particolare incidenza.
        P. G. Notari S.J., invitando a credere con l'entusiasmo di un innamorato, sollecita a partire, nella programmazione parrocchiale e diocesana, dalla presa di coscienza che l'uomo contemporaneo è un "uomo rizomatico", con scarso riferimento all'alto e scarso legame al passato, per offrire al mondo giovanile, con linguaggio propositivo animato da testimonianza, l'affascinante esperienza di aver incontrato Uno che ha contagiato il cuore, la vita. Invitava poi gli operatori pastorali a leggere, leggere, leggere... aggiornarsi per disporre di un potenziale fantastico, da utilizzare con un OTR condiviso: Orizzonte Teorico di Riferimento condiviso.
        I coniugi Cacace di Napoli, con la carica coinvolgente di una coppia che vive ciò che annuncia, presentano il matrimonio come dono e mandato.
        Dono di amore da parte di Dio, che accetta l'amore inficiato di due creature, per renderlo santo e santificante, salvato e salvante, trasformando il matrimonio-famiglia in piccola Chiesa.
        Sposi: investiti di un mandato, con una missione profetica, regale, sacerdotale non solo come individuo, ma anche come coppia.
        Missione:
        a) profetica: essere profeti con i figli, educare il bambino a diventare persona, ma con l'esempio, col fare della famiglia un dono agli altri;
        b) regale: essere servi e padroni... fare un cammino di santità... essere sempre uniti ad ogni giorno che passa, amando l'altro anche con i suoi difetti... non una fecondità di ostentazione ma una fecondità che nasce dalla Croce di Cristo...
        c) sacerdotale: fare dei due una comunità di culto... preghiera coniugale, familiare... offerta sacrificale... comunione sponsale, filiale, fraterna, aperta sempre all'esterno...
        La coppia nata da matrimonio cristiano deve imparare a leggere e vivere il Vangelo nell'ottica della coppia.
        Non possiamo dimenticare la conclusione offerta dal Pastore con parole profondamente sentite, facendo riferimento alla esperienza di Elia, ricordata all'inizio di questo saggio rievocativo.
        Siamo venuti su questo monte con lo stesso zelo. Elia ha cercato il Signore nel vento, nel terremoto, nel fuoco... ma il Signore si è manifestato nella brezza, che conforta, che stimola, che proietta verso il futuro...
        La brezza della sua parola, dello stare insieme, del capirci, del perdonarci, dell'aiutarci, dell'aprirci al futuro, della speranza di portare ognuno il proprio contributo per la costruzione del Regno di Dio.
        La scelta preferenziale per giovani e famiglia guida anche il V Convegno diocesano al Lago Laceno (30 giugno-4 luglio '86) attraverso un ulteriore approfondimento sollecitato da valenti relatori.
        D. Riccardo Tonelli: "Giovani e formazione cristiana".
        On. Mario Pomilio: "Fede e vita".
        Prof. Italo Lama: "Famiglia, scuola di vita cristiana".
        La segreteria diocesana potrebbe fare un lavoro di riesumazione, certamente utile per la comunità, di tutte le relazioni convegnistiche, unitamente ai lavori di gruppo, per verificare, con umiltà e sincerità, fino a che punto c'è stata una "continuità" di ricostruzione della Chiesa locale su quelle, diciamolo onestamente, solide fondamenta, o se questa ha subito la stessa sorte della ricostruzione materiale delle nostre chiese. Un segno, forse, emblematico!...
        Per amore di brevità, mi limito a dire che nel Convegno dell'86, la famiglia diocesana ha cercato di verificare la sua azione pastorale, per migliorare al suo interno, attraverso la Chiesa domestica che abbraccia ogni fascia di età, il dialogo e la comunione di tutte le sue componenti, per uscire dalla quasi "congenita" possessività e immettersi nel fiume travolgente della "oblatività".
        Il prof. Lama, alla fine della sua relazione ricordava due esempi molto significativi nella loro autenticità:
        - nel martirio di Perpetua, di nobile famiglia, si ricorda che il padre, pagano, fece di tutto per dissuadere la figlia dalla sua fede in Cristo, ricorrendo ad ogni espediente, come il martirio della serva Felicita con i suoi sette figli e con il sacerdote catechista;
        - il padre di Massimiliano invece lascia il figlio nella sua scelta libera e responsabile, di fronte al martirio, anche se il suo cuore di padre sanguinava, dicendo a chi lo sollecitava a dissuadere il figlio: "habet iudicium suum, scii quid expediat!".
        Il relatore ha confidato pure all'assemblea come, trovandosi in un campo di concentramento con il prof. Lazzati, questi, anche in quella circostanza trovava il modo di spiegare tranquillamente il Vangelo.
        Concludeva la sua relazione puntualizzando che la famiglia è una meravigliosa scuola di umanità, ancora più completa e più ricca alla luce del Vangelo, nella speranza cristiana, che proietta verso nuove mete, oltre i limiti di luogo e di tempo.

__________________________________________

Pagina Precedente Indice Pagina Successiva
Home