GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - c) Cammino in... salita nelle singole Parrocchie

c) Cammino in... salita nelle singole Parrocchie
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        Il rifiuto, esplicito o implicito che sia, di fare memoria potrebbe cambiarsi in quella condanna che Gesù di Nazareth, con sguardi e parole sferzanti, rivolge a quelli che pur essendo i più vicini a Lui, in quanto "fratelli" ("secondo la carne" dirà S. Paolo) non accettano il Cristo e "si scandalizzavano di Lui" che, a sua volta, "si meravigliava della loro incredulità" (Mc 6,3.6).
        Come non preoccuparsi di "scoprire" il mistero dell'agire di Dio nella storia e, per quanto ci riguarda più direttamente, nel nostro terreno? S. Marco che, prendendoci per mano in quest'anno liturgico, ci sta guidando nel cammino dalle tenebre alla luce, ci propone la deliziosa parabola del seme che spunta da solo: "Il regno dei cieli è come un uomo che getta il seme nella terra (anche nella nostra). Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come? egli stesso non lo sa!".
        La parabola, pur inculcando fiduciosa attesa del tempo della mietitura, è diretta contro ogni tipo di atteggiamento che voglia forzare la venuta del regno, o persino costruirlo secondo i propri schemi mentali. Tutto il Vangelo però previene pure ogni atteggiamento di passività, esigendo dai credenti il loro contributo di sentimento, di pensiero, di azione e di fatica.
        Pertanto il profondo messaggio di queste parole ci apre ad una grande fiducia, ma ci invita pure a riflettere sulla nostra fedeltà o meno di "permettere" al microscopico granellino di senape, che sia accolto nel terreno della nostra vita individuale e comunitaria, perché possa germogliare, crescere e diventare albero, nella nostra quotidianità.
        Mistero di questo regno di Dio! Come annunziarlo?
        S. Marco, con una punta di soddisfazione (magari inconscia) nei confronti dei giudeo-cristiani, decisamente puntualizza che l'evangelizzazione dovrebbe sempre avvenire in punta di piedi, senza ricorrere all'ortopedia delle grandi organizzazioni culturali, che vorrebbero "canalizzare" anche il soffio dello Spirito. Il regno di Dio non è qualcosa di imponente, di trionfalistico, imposto attraverso una battaglia propagandistica, data da un Messia trionfatore, ma il più piccolo di tutti i semi che, accolto nella terra, fa esplodere la sua forza.
        Mistero della libertà di Dio, ma anche mistero della libertà dell'uomo, che può opporre un rifiuto all'agire di Dio, senza per questo frustrare il progetto di Dio, che permette il rifiuto.
        In forza di questa nostra libertà, corriamo il pericolo, - è necessario prenderne coscienza- di metterci tra quelli cui Gesù parla in parabole "affinché (non perché: non una consequenzialità ma finalità) guardino ma non vedano, ascoltino ma non intendano, affinché non si convertano e non venga loro perdonato" (Mc 4,11-12).
        Le parabole, nel loro stile allegorico, per una scelta precisa di Gesù, illuminano e nascondano allo stesso tempo, in conformità della natura misteriosa del messaggio. Non si tratta certo di una forma di occultismo, come nel caso della cabala, ma dell'enorme rispetto che Dio dimostra per la libertà umana. Dio stesso darà compimento all'impegno dell'uomo nella storia, anche al di là della morte.
        La vigilanza evangelica ci invita a scoprire e discernere le "venute" del Signore, a saper leggere i segni dei tempi, ad andare incontro al Signore che viene, che ci passa accanto nelle persone, negli avvenimenti, nei fatti della storia, ad andare avanti con audacia, coraggio, costanza.
        E' nel presente che l'uomo costruisce il suo futuro e quello del mondo: in questo i cristiani debbono esserne la "febbre", non permettendo alla società di "sedersi" sulle posizioni acquisite.
        Il Vangelo è un capitale: quelli ai quali è stato affidato non hanno diritto di lasciarlo improduttivo. Devono farsi trasformare dalla radicalità evangelica e ispirarvisi in tutta la loro vita, e nelle singole espressioni della vita individuale, familiare, sociale. Solo così si mostreranno fedeli a colui che lo ha loro affidato.
        T. Preiss puntualizza: "Il solo mezzo di salvaguardare la Parola di Dio è di non trattenerla per sé, ma di trasmetterla ad altri... la grazia è un capitale che si acquisisce solo dispensandola per farla fruttificare". La vita è il primo e più grande dono di grazia, e solo donandola essa si ingrandisce.
        Coloro che, in semplicità e costanza, sapranno donarla ai fratelli, secondo lo Spirito del Signore, vivono già sulla terra della "vera speranza" e, malgrado contraccolpi e opposizioni, continuano ad edificare un avvenire più bello per tutti, nella pienezza della gioia.
        Gli impegni assunti al convegno di Posillipo cominciano a tradursi immediatamente nell'approfondimento del documento di base "Rinnovamento della Catechesi" nelle singole zone pastorali, subito istituite, con incontri per gli operatori pastorali delle singole parrocchie.
        L'esperienza è stata molto significativa e coinvolgente, anche perché organizzata autonomamente, per ogni zona, affidando di volta in volta ad uno del gruppo l'incarico di relazionare i vari capitoli del testo di base.
        Il rinnovamento della catechesi, fu evidenziato in tutti gli incontri, deve mirare non tanto a trasmettere nozioni, ma ad educare alla vita di fede, nel contesto socio-culturale in cui ognuno agisce.
        Zino, commentando in uno di questi incontri i capp. 7-8 del RC, concludeva la sua relazione con un invito a superare l'antinomia tra fede, come momento interiore, e fede, come testimonianza di valori umani, terreni, temporali. Con discernimento pastorale occorre scoprire il giusto equilibrio fra i due aspetti:
        a) un'intelligenza profonda della fede, intesa come contenuto, verità da credere.
        b) un modo di vivere la fede nella realtà quotidiana.
        Credere impegna la persona nella totalità del suo essere e quindi nel suo rapporto con Dio, nei suoi rapporti con gli altri, nei suoi compiti storici e nel suo ruolo sociale, nel dialogo con la cultura e nel suo apporto al progresso, tenendo presente che la fede ha un suo dinamismo interno che va rispettato.
        La CEI, con ammirevole impegno nella stesura dei catechismi per le varie fasce di età (bambini, fanciulli, adolescenti, giovani, adulti), ha sempre puntualizzato che ogni catechismo vive per le persone e per le comunità che lo accolgono come libro della fede, invitando ciascuno e tutti ad essere dei "catechismi viventi" gli uni per gli altri, a servizio della vita in tutte le sue espressioni.
        Il Prof. Enrico Medi, molti anni fa in un convegno ad Assisi, parlando confidenzialmente all'assemblea delle sue esperienze di vita matrimoniale, diceva che, alla luce della fede insieme alla moglie, non solo avevano gustato la bellezza di sentirsi collaboratori di Dio nella trasmissione della vita, ma già durante la gestazione si erano sentiti trasmettitori della loro fede e dell'amore affascinante di Dio Padre alle loro creature, attraverso la costruzione giornaliera della propria paternità e maternità. Quanta verità in quest'umile testimo-nianza di vita, sublimata dalla fede!
        Nella stesura dei catechismi, provvisoria e definitiva, la Chiesa italiana, con molta sensibilità pedagogica ha tenuto presenti le indicazioni suggerite dal RC, come ha accolto in pieno l'apporto della pedagogia moderna, che possiamo così sintetizzare:
        1) Primato della persona: l'intervento educativo deve privilegiare non il programma da svolgere ma la personalità del ragazzo, rispettandone la gradualità della crescita, aiutandolo a liberarsi dai condizionamenti, utilizzando il linguaggio dell'immagine, cui oggi il fanciullo è particolarmente sensibile (Cfr Zino e Molok pagg. 36-37).
        2) Processo di desatellizzazione: il fanciullo in questa fascia di età, e soprat
        tutto poi nel periodo adolescenziale, si distacca lentamente dall'ambiente familiare, per inserirsi nella scuola, nella Parrocchia, in un gruppo, ecc. Bisognerà quindi aiutare questo inserimento, sollecitando il fanciullo al lavoro di gruppo, alla cooperazione, alla competizione; la competizione diventa un mezzo educativo, se fatta dai gruppi e non dagli individui: fare insieme, vivere gli uni con gli altri, gli uni per gli altri.
        3) Passaggio da una morale del dovere ad una morale del bene: stimolare questo passaggio motivando le scelte, spiegando il nostro comportamento, riconoscendo i nostri errori; aiutare la crescita responsabile del fanciullo, senza soffocarne la personalità in formazione.
        4) Alimentare lo stupore, la meraviglia delle cose del mondo, il fascino della bontà, soprattutto oggi in cui la TV sta svolgendo una vasta opera di massificazione. La fanciullezza è il periodo privilegiato della scoperta, il tempo del fascino, dell'estasi (Cfr o.c. Pagg 133 ss).
        5) Guidare al dialogo: lo stupore di fronte alle cose è già un dialogo con esse, in cui si coglie la voce della natura e si parla con essa.
        Più ricco il dialogo con l'uomo del passato, con la sua storia di sofferenze e di gioie, di regresso e di progresso, di male e di bene, di odio e di amore... Ma ancora più coinvolgente il dialogo con l'uomo presente, con le sue sofferenze e le sue gioie. con le sue angosce e le sue speranze, con le sue guerre
        e la sua esigenza profonda di pace.
        Più profondo e più vivo il dialogo con Dio, esperimentato nel suo amore di Padre, nella Parola e nell'opera di Cristo, nell'azione dello Spirito che continuamente sollecita alla condivisione, alla solidarietà con gli uomini.
        Un itinerario di fede da realizzare in Cristo che, ancora oggi, vuole far giungere agli uomini parole di speranza, facendo nostra la risposta di Pietro al Maestro, che è poi il titolo del Catechismo degli adulti: "Signore da chi andremo?".
        L'itinerario da fare con e nella Chiesa locale possiamo così sintetizzarlo:
        Ognuno, nella famiglia parrocchiale dovrà sentirsi coinvolto, col proprio ruolo specifico, a favorire il pieno sviluppo della persona, inserita nella comunità, di cui è fruitore e costruttore. Tutti costruttori di una Chiesa nuova, qui ed ora, nel luogo e nelle circostanze in cui viviamo, diamo significato alla vita, che tante volte ci sembra banale, arida, ripetitiva...
        Rivalutare il quotidiano, come luogo in cui la dimensione comunitaria della fede si snocciola in tante piccole, impercettibili occasioni di annuncio della Pasqua, attraverso le quali, la fede esca dall'ambito angusto del magico, di un'arida pratica religiosa, e si misuri con la concretezza, delle scelte e con la costanza delle linee di tendenza.
        Questa fede, vissuta quotidianamente da ciascuno, è l'unica condizione perché la nostra Chiesa si rinnovi e viva; una Chiesa, con tutti i suoi difetti, amata e fatta crescere, è la condizione perché le piccole esperienze quotidiane acquistino lo spessore della storia di salvezza, e diano spessore alla salvezza.
        Come la storia degli uomini e delle nazioni è fatta di piccole, impercettibili scelte quotidiane non scritte, ma che hanno determinato fatti scritti, così la storia della salvezza è fatta di un Vangelo, come ricorda l'indimenticabile Mario Pomilio nel suo romanzo "Quinto evangelio", che non è stato mai scritto, ma che continua a scriversi nella vita di ciascuno di noi e della comunità cristiana.

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