GERARDO DE PAOLA - ZINO E... MISTERO - e) Sequela di Cristo

e) Sequela di Cristo
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        Di qui un disegno esaltante: la famiglia naturale inserita in quella parrocchiale, e, attraverso questa, nella grande famiglia umana, di un Dio che è Padre, Cristo Signore e Re e lo Spirito Santo il Paraclito.
        Solo in tale prospettiva può svilupparsi tra gli uomini un vincolo più forte del vincolo di sangue, come l'evangelista Marco puntualizza così bene al cap. 3, 34-35, citando le parole di Gesù: "... Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? Girando lo sguardo (come sono penetranti e significativi questi sguardi di Gesù, soprattutto in Marco!) su quelli che gli stavano seduti intorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli; chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre».
        Certo non è facile, la strada è faticosa, è la Via Crucis, nel seguire Cristo, che non è un camminare soltanto dietro a Gesù, ma è un lungo viaggio spirituale, indicato così in Mc 8,34: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" e in 10,21 al ricco: "Gesù fissatolo (quanto affetto in questo sguardo, così espressivo) lo amò e gli disse: una cosa sola ti manca: va', vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, poi VIENI E SEGUIMI".
        In 10,28 Pietro si autodefinisce così: "Ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito".
        La via e la sequela. Il Vangelo di Marco, che ci guida in questo anno nel cammino verso Cristo, approderà alla professione di fede del centurione romano (l'evangelista Marco è il più vicino alla nostra cultura romana) ai piedi della croce: VERAMENTE QUEST'UOMO ERA FIGLIO DI DIO": un cammino, il nostro, verso la Croce, non facile certo per le sue difficoltà e contraddizioni, ma sempre illuminato dalla luce di speranza, che sfocia nella Pasqua.
        Zino, nella tarda serata del 14 novembre '93, aveva pensato di concludere così questa parte del racconto quando all'indomani, accingendosi a meditare, come al solito, sulla liturgia della domenica successiva, solennità di Cristo Re, scopre ancora una volta (come non vedere una trama... misteriosa!) che la "biro", sin dal novembre 1975, aveva affidato al tomo II degli appunti omiletica, una conclusione di più vasto respiro. Con immenso piacere, affido alla benevolenza del lettore, il "succulento" contenuto di una Parola offerta da Cristo, da circa un ventennio, ad una comunità locale, in una liturgia di chiusura dell'anno liturgico.
        Tre anni dopo, ugualmente per la festa di Cristo Re (26 nov. '78), il messaggio fu così sintetizzato e aggiornato.
        L'anno liturgico si conclude in questa domenica, con la presentazione solenne di Cristo Re dell'universo, nell'atteggiamento di giudice che giudicherà sull'amore, reso concreto nell'accoglienza dei bisognosi e degli emarginati, dei perduti e degli ultimi, con i quali egli stesso si identifica, continuando la sua presenza nel mondo fino a che "non ritornerà".
        Egli continua la sua incarnazione nella storia, nel povero che ci passa accanto ogni giorno, nell'ammalato che attende un po' del nostro calore umano, nel bimbo indifeso nel seno materno, nel drogato, nel disoccupato, ecc. Egli è là, in questi nostri fratelli, e chi li aiuta, lo sappia o non lo sappia, lo voglia o non lo voglia, aiuta Cristo. Gesù non dice che le opere di bene hanno particolare ed esclusivo valore, perché riferite a Lui, ma afferma che il bene, a chiunque e da chiunque è fatto, è un amare Lui.
        Il giudizio quindi è fatto sull'amore: un amore concretizzato nella storia come ha fatto egli stesso (I lettura) che è andato in cerca della pecora perduta, ha fasciato quella ferita, ha curato l'ammalata, ha avuto cura della grassa e della forte. Immagini quanto mai espressive di un Dio che si china sulle miserie umane, fino ad assumerle tutte su di sé nella persona di Cristo, che arriva allo scandalo della croce... per dare inizio alla realizzazione di un regno che, pur non essendo di questo mondo, mira a rinnovare e trasformare il inondo nella luce di Dio...
        I semi di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace, caduti nel solco della storia dal cuore squarciato di Cristo e dalle sue mani forate, lentamente ma quotidianamente germogliano, si sviluppano e crescono fino al tempo fissato per la mietitura.
        Del resto tutti gli uomini, nonostante le resistenze, cercano come speranza o come proposito queste mete, camminando così verso il Cristo che diventa l'omega di ogni storia, il cuore di ogni valore veramente umano, il tutto che racchiude in sé ogni tensione cosmica e ogni umile palpito dell'uomo, in cui Egli abita (Cfr. Ef 3,17).
        La sicurezza di tutto questo ci viene dalla verità annunciata da Paolo ai Corinzi (II lettura) circa la risurrezione di Cristo, primizia di coloro che sono morti. Siamo sudditi di un Re che, pur passando per la morte più ignominiosa, è ritornato alla vita, risuscitato dal Padre, sollecitando tutti noi a seguirlo, sotto l'azione dello Spirito, in questa scia, fino a che non raggiungeremo anche noi la pienezza della vita.

        Al lettore può forse interessare anche un parallelismo fra i sinottici, per una diversa interpretazione della stessa solennità di Cristo Re, in complemetarietà, per cui mi permetto ancora offrire alla sua "pazienza" anche le corrispettive sintesi omiletiche degli altri due anni del ciclo.

Cristo Re dell'universo: 20 novembre 1977

        La regalità di Cristo, paradossale e sconcertante, non può essere paragonata e assimilata a quella mondana, che egli contesta e rifiuta, è una regalità da leggere sulla croce, dove si rivela nell'amore che si dona incondizionatamente e che perdona.
        Se ieri ha contestato la regalità del mondo, oggi contesta qualsiasi nuova riedizione di essa, che si ha ogni qualvolta che un uomo pretende di assoggettare un altro uomo.
        Da ciò si comprende che il significato della regalità di Cristo è quello stesso della sua risurrezione, di cui costituisce una riaffermazione ed un approfondimento: colui che il potere ha sconfitto in realtà ha trionfato; chi è stato dominato, in verità ha dominato, pur essendo un Re che ha per trono una croce, per corona un fascio di spine.
        Egli esercita e manifesta qui la sua regalità non nell'affermazione di un potere dispotico, ma nel servizio di un perdono che tende alla riconciliazione, alla salvezza, pur di fronte all'incomprensione, all'abbandono, al rifiuto, alla derisione, alla sfida, alla bestemmia...
        Questo Re, quando lo si sfida a dimostrare la sua potenza, una potenza che ha sempre affermata nella vita, di cui potrebbe valersi per liberarsi da quella croce e per imporre la sua autorità incontestabile agli spettatori soggiogati, non accoglie la sfida, perché non vuole che la sua regalità gli venga dallo sfuggire alla sua sorte, ma dalla sua fedeltà alla missione salvifica, offrendo il perdono a tutti... La sua non è un'imposizione, ma soltanto una proposta di amore, da accettare liberamente.
        L'Evangelista Luca, che ci ha guidato nelle nostre riflessioni per tutto l'anno C, ci fa toccare oggi il vertice del messaggio cui è particolarmente sensibile: Cristo esercita la sua regalità sugli uomini, offrendo loro il perdono e realizzando nell`"oggi" la salvezza: "oggi sarai con me in paradiso" .
        Il brano evangelico odierno è stato definito un Vangelo nel Vangelo, che ci trasmette il lieto messaggio della forza liberatrice della morte di Gesù. Il buon ladrone è la "primizia" di tale liberazione ed il portavoce della lieta speranza: il morire in comunione con Gesù ci porta, in virtù della sua promessa, alla comunione con lui nella vita.
        Nella stessa prospettiva possiamo interpretare il brano della lettera di Paolo ai Colossesi, come un grido esplosivo di gioia, per la convinzione che la strada aperta da Gesù è l'unica liberatrice nella vita dell'uomo, nella storia dell'umanità e del cosmo, per arrivare alla "sorte dei santi nella luce".
        Davide, consacrato re e pastore del popolo di Dio (I lettura),è stato figura di Cristo, consacrato dallo Spirito Santo, salvatore e guida dell'intera umanità.
        Così, la storia della salvezza, cominciata da Dio con degli uomini, è portata a compimento da Cristo, "con il sangue della sua croce", per sfociare nello "oggi sarai con me in paradiso".

Cristo Re: 25 novembre 1979

        Cristo regna dal trono della croce, con la quale trasmette a noi la vita.
        La liturgia di quest'ultima domenica dell'anno ci invita a proclamare Cristo, Re dell'universo, Re della storia, Re dei nostri cuori, perché Egli, ci ha detto S. Giovanni nella II lettura, "... è il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra".
        I) La regalità e signoria di Dio si rivelano e si attuano storicamente, per mezzo di Gesù crocifisso, trattandosi di una regalità dell'amore fedele e solidale con la storia umana, fino alla morte di croce. Qui si innesta la speranza di tutti quelli che si sentono oppressi dai peccati personali e dalla situazione iniqua creata dal peccato: "Ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue".
        Adamo, nella pretesa di diventare simile a Dio aveva trovato la morte, trasmettendo questa situazione iniqua a tutta la sua discendenza; Cristo, nuovo Adamo, ha fatto il cammino inverso: pur essendo Dio, si è posto dalla parte dell'uomo, immergendosi pienamente nella realtà umana di peccato, solidale con l'uomo fino all'alienazione della morte, dal cui abisso lo ha recuperato, percorrendo il cammino di abbassamento del Servo di Jahvè, per riportarlo alla pienezza della vita, nella luce della Risurrezione e Glorificazione.
        L'uomo lasciandosi coinvolgere dal piano storico Dio, deve rifare anche lui il cammino inverso di Adamo, ripercorrendo le tappe della vicenda di Gesù fedele fino alla morte, risuscitato come pioniere di tutti i morti, costituito Re universale: morte, risurrezione e glorificazione.
        II) Un secondo aspetto della regalità di Cristo riguarda il suo rapporto con la storia: "Egli è il principe dei re della terra ". Si tratta quindi di una signoria che si esercita nella storia e sulla storia umana.
        In quest'ottica dobbiamo intendere l'affermazione di Gesù davanti a Pilato: "Il mio regno non è di questo mondo... non è di quaggiù". Cioè la regalità di Cristo, - in stato di accusa davanti al rappresentante del potere politico - non obbedisce ai criteri della logica mondana e storica: logica di potere, dominio e controllo dei territori, dei beni e degli uomini. Ma la sua affermata regalità "tu lo dici: io sono re" riguarda il rapporto che si stabilisce con gli uomini, la loro scelta a favore o contro la "verità", a favore o contro l'amore fedele di Dio, rivelatosi storicamente in Gesù, con la sua morte e risurrezione.
        III) Infine alla regalità di Cristo è associata la comunità dei credenti, la Chiesa, costituita con dignità regale, messianica e sacerdotale "regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre ": la regalità di Cristo passa attraverso la croce, continua a manifestarsi al mondo di oggi attraverso la comunità dei "salvati", ma sempre nel segno del martirio, della croce.
        Se tale, per volere del suo fondatore, è la costituzione della Chiesa, ad essa deve corrispondere una testimonianza di vita sulla base della triplice libertà:
        a) una comunità di uomini liberati dal peccato, in tutte le sue forme e manifestazioni storiche;
        b) una comunità di uomini liberi di scegliere e attuare un progetto di umanità, sul modello evangelico;
        c) una comunità di uomini liberatori, impegnati a promuovere ed espandere tutti gli spazi storici della vera libertà, a tutti i livelli, come segno e anticipazione nella storia della definitiva signoria di Cristo.
        Gesù realizza così quanto ha annunziato il profeta Daniele nella prima lettura. Il Figlio dell'uomo dopo essere passato attraverso la passione, si presenterà sulle nubi del cielo e sarà investito di ogni potere: lo stesso destino è riservato al popolo cristiano, come interpreta Mt 24,9-13, dopo essere passato attraverso la persecuzione (Dan 7,25).
        Ecco perché S. Marco, che ci ha guidati nelle nostre riflessioni nell'anno B, ci ha continuamente sollecitati alla sequela di Cristo, operando in noi una continua conversione (capovolgimento di mentalità), con impegno portato fino in fondo sulla strada dell'umiliazione e della croce, per giungere all'esaltazione ed alla liberazione della Pasqua, che sarà completa e definitiva nel "giorno del Signore", come abbiamo ricordato domenica scorsa, allorché Marco ci ha licenziati dicendo: "... sappiate che Egli è vicino, alle porte".
        Tobia 13,7: "Ora contemplate ciò che ha operato con voi e ringraziatelo con tutta la voce; benedite il Signore della giustizia ed esaltate il Re dei secoli".

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