GERARDO DE PAOLA - ZINO e MOLOK - ZINO... contro la politica di «collocamento»

ZINO... contro la politica di «collocamento».
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        Certi drammi però, vissuti nella stessa solitudine di Cristo, che grida sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», non possono rimanere infruttuosi. Anche Zino nutre la speranza, che poi è certezza, fondata sulla potenza di Dio, che anche il deserto fiorisce, fecondato dal sangue di Cristo, cui ciascuno cerca di unire la sua piccola goccia...
        Tutta la sua azione pastorale è stata illuminata e sostenuta da questa prospettiva di fede, ma calata nella... quotidianità.
        Il suo primo impatto di «frizione» è stato contro la politica del «collocamento», a numero chiuso da parte di tanti, e aperto a tutti, anche a quelli di sponda opposta, da parte di qualche «lungimirante» che, se era degno di ammirazione, per il tentativo di superare almeno le barriere familistiche, non poteva trovare totalmente consenziente Zino, come ha avuto modo di dirlo apertamente in tante circostanze. Anche questo tipo di politica, non sollecitando una maturazione civica, rimaneva viziato, al suo interno, del solito «schiavizzante» spirito clientelare, sempre adusato nel meridione.
        Altri poi, che potremmo chiamare «leghe laterinesi», per il loro tronfio particolarismo, issando la bandiera di contestazione della «clientela», a suon di squillanti trombe e di assordanti tamburi, hanno fatto l'assalto rivoluzionario alla bastia, tradendo ugualmente il popolo, perché ciò che pretestuosamente contestavano, facendo parte della loro anima «sommersa», veniva subito, rovinosamente, a galla.
        La politica settaria di collocamento, così dura a morire, si chiudeva ermeticamente a «riccio» negli interessi del clan familiare, di scuderia e di parentado, riservando, con manovre surretizie, qualche briciola agli... allocchi!
        In questa politica clientelare del «pennino» a Caterina, c'è stato posto per tutti:

        — dal Dottor «Pavone» che, preoccupato di «salvare la faccia», non si peritava di lasciare autentici monumenti, tuttora esistenti, di «scempio ambientale e culturale», al Dottor «Mignatta» (i latini lo chiamerebbero non Hirudo medicinalis ma Hirudo aerarii) che, senza tradire la sua «congenita prosopopea», con qualche «gomitata» di troppo contro i rompiscatole, baldanzosamente riusciva ad impiantarsi sui vertebrati, per l'operazione chirurgica di salasso, in cui, a suo stesso dire in locali pubblici da onicòfori, era specializzato, «pro azienda familiare», lasciando anche scorrere qualche goccio residuo al parentado, talvolta sollecitato di persona ad istruire pratiche necessarie, onde usufruire di qualche «codicillo» di legge, disatteso dagli altri;

        — dal Dottor «Sattutto», che sapeva come muovere le leve del comando, al Dottor «Fattutto» che faceva solo nella fattispecie del «do ut des»;

        — dal Dottor «Sottile» che, impugnando la bacchetta della logomachia, batteva il tempo e dava gli attacchi ai musicanti, al Dottor «Amministratutto» che, specializzato nell'amministrare la Cosa pubblica (= res publica) formato «tascabile», da «esperto intascatone», era in condizione di guidare la ciurma ad «intascare» vantaggi compensativi...

        In questa logica si è incrementato un variegato Zoo di... collaboratori sotterranei:

        — dalla talpa che sapeva «sommuovere» il terreno all'esterno, al momento opportuno, per aggredire prede diverse dai soliti lombrichi, riuscendo, col lavoro tenace e viscido, anche a «plagiare» la cicala, per farla «frinire» a tempo debito, in ossequio alla ferrea legge della «compensazione», con azioni belliche contro i «reptanti» che, non sapendo «nuotare», erano condannati a strisciare sul fondo, o contro i «cuculiformi» che, con tecnica ingegnevole, modellandosi al cuculo-femmina, si contentavano di far covare dagli altri le «loro uova», evitando così, con sorriso sornione, anche la fatica della... covata.

        Si potrebbe scrivere tutta un'epopea di questa «tassonomia amministrativa» di Caterina, sotto la guida variegata di tanti direttori:

        — il valente regista che, con caparbietà e discrezione, è riuscito ad armonizzare anche voci dissonanti, per ottenere un'esecuzione corale, anche se alle volte solo di facciata, attraverso una saggia azione di prevenzione, tempestività e passione delle cose, rivelatasi poi priva di mordente di fronte ai contrasti, per cui è sfociata in... ritirata;

        — chi ha cavalcato l'onda momentanea di simpatia popolare, subito tradita da interessi privati e professionali, personali e familistici;

        — chi, pur di arrivare alle leve di comando, ha subito «strabilianti metamorfosi», da una sponda all'altra, basate su presuntuosa saccenteria, in difesa di interessi settari e corporativistici;

        — chi ha imboccato la strada dell'autoesaltazione prosaica della propria onestà, sfociata poi nello stagno dell'inerzia deludente;

        — chi è giunto all'occupazione del «Palazzo», non per merito proprio, ma per demeriti «parossistici» degli altri...

        Che dire poi dello «sciacallaggio» del terremoto, non quello «microscopico», perseguito dalla legge, ma quello «macroscopico», regolarmente legalizzato e professionalmente... teleguidato? ed ancora, della conduzione «poliziesca» dell'emergenza?; ed infine, della ricostruzione memorizzata da «periti» in informatica e telematica, prima con vergognosi interventi di «riattazione», che possono considerarsi, non solo come memorabili monumenti allo spreco, ma anche come «corpo di reato» sotto occhi semi-chiusi e bocche semi-aperte di tutti? e poi della strabiliante farsa di «decreti compra-vendita a termine», che potrebbero provare, in modo lampante, il diffondersi del contagio «metamorfòsico» dai comandanti alle soldatesche, nella predisposizione di una faraonica... tangentopoli?...
        Sarebbe interessante fare un'indagine endoscopica di tutto questo vasto materiale, per ricostruire l'identikit dei vari «personaggi», succedutisi di lustro in lustro, lasciando inconfutabili testimonianze dei malanni, da cui realisticamente si potrebbe partire, per un intervento di «alta chirurgia», attraverso la «coscientizzazione di base», atta prima ad eliminare i bubboni del male, e poi a creare solide fondamenta per «reinventare» un futuro migliore per tutti.
        Si tratterebbe di una strada inversa a quella suggerita da Pierre Chaunu, titolare alla Sorbona di Parigi della prima cattedra di storia «quantitativa o seriale», che sollecitava a partire dall'esame dei «beni culturali», collegandone la serie dei dati statistici, elaborati dagli esperti, per giungere a decifrare nel passato quanto può essere utile nel presente, alla costruzione del futuro.
        Per Laterina già è stato fatto un tentativo di storia seriale, incentrata sui beni culturali, per cui potrebbe risultare utile e originale una integrazione di lettura della storia dal basso, partendo dai «mali culturali», riscontrabili ovunque, con caratterizzazioni ben definite delle varie «ere amministrative» di quest'ultimo mezzo secolo, per costruire il futuro, eliminando prima i mali del passato.
        Una strada ugualmente percorribile nel piccolo centro, per rifondare un'autentica comunità civile, evitando però di fare irrimediabilmente terra bruciata intorno alla Cosa pubblica, come purtroppo si sta verificando in campo nazionale.
        Sembra infatti che in Italia tutti, da un lato siamo «specializzati» al disprezzo della Cosa pubblica, scaricando sulle istituzioni anche le nostre responsabilità personali, di non saper accettare le regole dell'etica pubblica, che la democrazia richiede, e, dall'altro lato, persiste negli «addetti» al lavoro uno spiccato stile ideologico di «polemizzare» soltanto, sulle faccende pubbliche, accentuando irrimediabilmente la già diffusa cultura del profitto.
        A noi, per questo studio monografico, è stato sufficiente aver dato, senza acredine e solo in chiave umoristica, qualche spunto di riflessione, per aiutare a capire che il Molok, contro cui Zino si è trovato a cozzare, non è stato frutto di fantasia, ma è dato da tutto un complesso di avvenimenti di «bruciante realtà», verificatisi, non ad opera di chissà quali forze demoniache, ma da persone erettesi a «personaggi», consciamente o inconsciamente, per profitto o per soperchieria, in modo patente o latente...
        Egli, per carattere e per formazione, non poteva rendersi «connivente» della dolorosa situazione col silenzio, facendo finta di nulla, ma ha sentito bruciare in sé, in ogni circostanza, con urgenza, il bisogno di far sentire sempre la sua voce, amplificata anche dal presente lavoro, senza mai scendere a compromessi con chiunque, per sollecitare la gente «sparpagliata» e schiavizzata» a «costruirsi popolo», anche attraverso il segno di una «casa comune», (da non confondere con la Casa comunale, che meriterebbe una trattazione a parte), voluta e ricostruita soltanto da un «resto significativo», con sacrifici di un lungo cammino di fede nel deserto, a «simbolo di libertà», della libertà dei figli di Dio, per la generazione presente e per quelle future...

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