GERARDO DE PAOLA - ZINO e MOLOK - Zino... in volo e... in contrasto!

Zino... in volo e... in contrasto!.
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        Il nostro protagonista, dopo aver fatto il suo cammino personale di crescita, sia nella famiglia naturale che in quella adottiva, nella e con la vita, aveva poi continuato questo cammino esistenziale, nella e con la comunità, per un comune esodo di liberazione da ogni forma di schiavitù, materiale o spirituale, culturale o religiosa, individuale o comunitaria, organizzativa o strutturale... Liberazione da tutto ciò che poteva opporsi alla «costruzione» della persona o della comunità, da ogni forza distruttrice, palese o nascosta, dei germi di bene disseminati nell'uomo.
        Volendo personalizzare, dare un nome a tutto questo, lo chiameremo MOLOK, personificazione del male, intendendo con questa entità di mostruosa e malefica potenza, tutto ciò che si oppone al bene: il male dell'uomo, il male delle scelte dell'uomo, il demoniaco della storia, che è la libertà degli uomini degenerata, che diventa peccato del mondo. Una opposizione netta e radicale tra bene e male, amore e odio, altruismo ed egocentrismo, oblatività ed egoismo, vita e morte, quasi un demonio, una forza efferata contro Dio e l'uomo, un demoniaco che nasce dall'uomo.
        Il carattere di Zino, che ormai conosciamo in tutti i suoi risvolti, non poteva non portare ad un violento cozzo, ad oltranza, contro questo MOLOK dalle molte facce, come si può intuire dal filo logico, sotteso nei primi tre capitoli, ed evidenziato nei due successivi, attraverso la radicalità evangelica, scoperta all'interno della comunità.
        Questo cammino con la comunità ha conosciuto momenti di esaltazione, come momenti di depressione. Dopo due anni di «rodaggio» in comunità, il primo viaggio in America, sia per lui che per tutti, fu come la miccia, che diede fuoco alla potente dinamite, esplodente entusiasmo, per iniziare il duro cammino in salita.
        Nello splendido cielo romano, il volo transoceanico ha inizio alle ore 17 del 28 agosto '65, per attraversare le Alpi al tramonto, col sole che ne illuminava le cime innevate, offrendo uno spettacolo fantasmagorico, e giungere a Bruxelles, dove pernottare presso una cugina, di servizio in una clinica.
        A sera, dopo una modica cena, c'è un «tuffo» nello spettacolo musicale, dato alla Grand Place, illuminata a giorno, e, all'indomani, una indimenticabile visita alla città, pur nella sua brevità.
        Al primo pomeriggio, riprende il volo, per essere a New Jork alle 18,50 e concludere quella lunghissima giornata, aumentata di sei ore, col cenone di accoglienza, tra parenti ed amici.
        Dal 30 agosto è tutta una corsa di casa in casa, da una città all'altra, da uno Stato all'altro, dall'America al Canada, per raggiungere tutte le colonie degli emigrati, da Elizabeth a Newark, da New Jork a Jersey City, da Wilmington a Fitchburg, da Boston a Washington, da Montreal a Toronto, a St. Catharines...
        Col fiato alla gola si giunge al pranzo di commiato, con oltre 800 persone, ed alla partenza, non senza lacrime, e con grida «lancinanti» di un folto gruppo di amici, per tutto il tempo di salita della scaletta di accesso all'aereo. Come si può dimenticare?!...
        È stata questa una delle esperienze più esaltanti di quegli anni, insieme alla più deprimente, contro il MOLOK della «famigerata» burocrazia italiana.
        Il primo quinquennio è infatti caratterizzato da penosa e umiliante attesa, ad istruire noiose pratiche, per la riparazione della Chiesa madre, in seguito al sisma dell'agosto '62.
        Dopo interminabili peripezie burocratiche a mettere insieme carte, a pregare, a sollecitare, a protestare, finalmente, senza nemmeno escludere il dolore di un «umiliante» furto in chiesa, nell'agosto '69, si può dare il via ai lavori, affidati a tre ditte locali che, insieme, avrebbero dovuto accelerare i tempi di esecuzione. Collaborano, invece, soltanto nell'opera di... abbattimento!
        La prima cinquecentina di Zino è stata «fedele compagna» negli interminabili viaggi da un ufficio all'altro, dal direttore dei lavori che, spessissimo, cadeva in letargo, ai vari progettisti di opere interne ed esterne, dai fornitori del materiale a falegnami, fabbri e ditte, continuamente inadempienti, per suoneria elettrica campane, orologio, copertura in «Pamir» (primo esempio nel meridione), vetrate, rifusione campanone, Battistero, porte in castagno delle tre entrate... Per ottenere le tre porte, è stata addirittura necessaria una denuncia alla Procura della Repubblica: non è mancata nemmeno questa esperienza di tribunale, per completare il calvario di quegli anni.
        La Via Crucis di un decennio, che aveva spinto tutti, vicini e lontani, specialmente i più umili, ad una commovente gara di generosità, non poteva non sfociare nella luce della Pasqua, manifestatasi, gradualmente, nel segno della ricostruzione materiale della «casa comune».
        Il lungo e crocifiggente cammino stimolava, incessantemente, pastore e gregge a reinventare più vivi e profondi vincoli di comunione nella fede, nel comune sforzo di realizzazione di un'autentica comunità cristiana, «famiglia del Popolo di Dio, chiesa viva di Cristo», quella vicina e quella lontana, reinnestate più profondamente da un secondo viaggio pastorale.
        Questa seconda trasvolata, alquanto fortunosa, ha inizio a Napoli alle 7,25 dell'11 settembre '71, già con un po' di nebbia, che ben presto si dirada, per offrire una spettacolare visione di Roma, con i suoi colli e particolari vari, come i Castelli romani, il lago di Nemi, S. Pietro, il campo sportivo...
        Alle 9,30 celebrazione della Messa nella suggestiva cappella dell'aeroporto romano, per poi spiccare il volo alle ore 13,25 ed immergersi, ancora una volta, nell'immensità dei cieli, da cui osservare lo spettacolo meraviglioso della costiera ligure, del dipanarsi del Po, delle Alpi innevate, dei laghi alpini, sorvolando poi le nubi, come gigantesche montagne di bianchissima bambagia. È tutto un susseguirsi di immagini, indelebilmente fissate nella sua memoria, quasi un «raggio» dell'immensità, grandiosità, infinità del Creatore.
        A Bruxelles breve sosta, questa volta solo per passare, nella nebbia, al Jumbo Jet 746, col quale ripartire alle 17,45, e giungere a New Jork alle 18,45, tenuto conto delle sei ore di differenza per il fuso orario.
        All'operazione di dogana, piuttosto lunga a causa della folla, c'è il contrattempo di non vedersi restituita dalla ruota mobile una valigia, andata a finire, per chissà quale mistero, in sala deposito. Con tutte le difficoltà della lingua (ma i napoletani riescono a farsi capire anche a scisch = fischio!) Zino riesce a recuperarla.
        Come se ciò non fosse bastato, all'uscita dall'aeroporto, prova pure la spiacevole sorpresa di non trovare nessuno ad attendere, perché, a causa di uno sciopero, la lettera di comunicazione del suo arrivo, non era ancora giunta all'interessato. La cosa si risolve con una «problematica» telefonata ed una lunga attesa, fino alle 21,45, quando giunge la macchina di salvataggio che, sotto una pioggia torrenziale, porta a casa soltanto verso le ore 23.
        Dopo una fugace cena, Zino piomba a letto verso le 24,50, per concludere la giornata più lunga, in ogni senso, di tutta la sua vita.
        Il 12 settembre dà inizio alla prima parte della peregrinazione in America, per continuarla in Canada, dal 21 a Toronto, dopo aver sorvolato le meravigliose cascate del Niagara, e dal 26 a Montreal...
        Il 3 ottobre è stata per Zino una data «storica», iniziata alle ore 4 per una corsa fra boschi sterminati, onde giungere all'alba in zona di caccia. Zino, per la prima volta, si trova a fare anche quest'esperienza, con regolare permesso provvisorio di porto d'armi, e, spinto dagli amici, quasi per scherzo, fa partire un colpo contro un merlo a volo che, cadendo in volteggio, gli procura tanta pena, per cui decide che quel colpo sia il primo e l'ultimo della sua vita. Gli amici di caccia restano stupefatti!
        Dopo una breve colazione di «lavoro», verso le 9 si prende la strada del ritorno, perché alle 11 bisognava essere in chiesa, per la Messa di commiato, con tutta la colonia paesana.
        Purtroppo, ci fu anche la sorpresa di un fortunoso rifornimento di benzina, per cui, col fiato alla gola, in una corsa all'impazzata, contro ogni limite di velocità, si giunge, quasi catapultato, in chiesa, solo con qualche minuto di ritardo, di cui Zino, al rito penitenziale, chiede scusa a tutti, con una battuta umoristica, per la mancanza di previdenza, del gruppo dei cacciatori, di non aver «programmato», nella tabella di marcia, anche lo... imprevisto!
        La Messa, iniziata con quella «coscientizzazione» dei limiti umani, continua «significativamente» in quel clima di familiarità, per poi sfociare in una «sorprendente» agape. Tale sorpresa, certo, era solo per Zino, perché gli altri avevano saputo programmare tutto, al dettaglio, a sua insaputa.
        L'agape, a sua volta, nel tardo pomeriggio, si conclude con la tracimazione in un lungo fiume di macchine, in corsa verso l'aeroporto.
        Qui l'amplesso finale, sotto una fitta pioggia di... vini spumeggianti! e l'emozionante abbraccio con numerosi bambini, che riescono a strappare al «partente» anche qualche lacrima, scivolata sulle gote, insieme a qualche goccia di... vino, e ingoiata, segretamente, in un misto di... agro-dolce!
        Come non essere grati al Signore di tutte queste meravigliose esperienze, traboccanti luce e gioia di Pasqua, pur nella «ferialità» della vita, ...vissuta in pienezza?
        Alle 19,30 decollo nei cieli canadesi, per sorvolare sulle... acque spumeggianti stavolta, e, dopo poco tempo, mettere «ruote» a terra, al vecchio aeroporto di New Jork «La Guardia», alle 20,30.
        L'avventura di quella giornata «chilometrica» non è terminata, perché, per uno sbaglio dell'autista, si cade in interminabili giri viziosi intorno al Kennedy Airport ed a Brooklin. Passano i guai una buona scorta di taralluzzi e malvasia, tra le «sganascianti» risate dei cinque avventurieri. Giunti a casa verso mezzanotte, Zino, più per educazione che per bisogni fisiologici, consuma stancamente una parca cena, per poter subito piombare... a letto, e, sognare una «cascata» impetuosa di... ricordi, vividi ancora oggi nella sua mente, in segno perenne della «sovrabbondanza» di grazia del buon Dio.
        Egli è profondamente convinto che chiunque, pur in tutte le contraddizioni della vita, per un minimo di sensibilità e di fede, può fare l'esperienza entusiasmante di questa presenza, discreta, dietro le quinte, paterna e materna di Dio, in tutte le circostanze, liete o dolorose, della propria quotidianità. Non è tanto una verità da apprendere, quanto da esperimentare, assaporare, gustare in tutta la sua ebbrezza.
        L'ebbrezza della scoperta incessante di «respirare» questa sua presenza, che afferra tutto ed è al fondo di tutte le cose.
        È questa fede, che deve illuminare ciascuno di noi nel seguire Cristo, sull'esempio degli autentici cristiani che, con S. Ignazio d'Antiochia, sanno gridare: «So che Cristo risorto vive tutt'ora... Io lo vedo e lo tocco dovunque con la fede». La fede scattante del cieco di Gerico, Bartimeo, che, all'invito di Gesù, «gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Lui per gridare Rabbuni, che io riabbia la vista!».
        Il pellegrinaggio, diurno e notturno, riprende con ritmo serrato, partendo da una «sosta», tutta napoletana, a «Villa Capri» di... New Jork, in un clima, anche se importato, da «capogiro», dalla scenografia alla musica, dagli aperitivi agli antipasti, dagli spaghetti con le vongole alle fritture varie di pesce, dalla carne alla brace ai contorni più fantasiosi, dalla frutta vesuviana ai dolci caratteristici napoletani, dai vini importati al caffè, fino allo «amaro» del conto... salatissimo!... Lo «sfizio» per cinque persone, avrebbe potuto corrispondere, nei migliori locali di Napoli, ad una cena, altrettanto luculliana, per almeno venti o venticinque persone.
        Tra una sorpresa e l'altra, esaltate da travolgenti risate, si giunge ai primi albori del 10 ottobre, giornata della parata-ricordo della «impresa» del tanto amato e... bestemmiato Colombo in America, come S. Gennaro a Napoli.
        Dopo una fugace rinfrescata, per «chiarire» le idee, Zino, da provetto podista, non vuole rinunziare all'occasione unica offertagli, di «coprire», in marcia con italiani e paesani, alcuni chilometri del fatidico percorso per le strade di quella metropoli, anche per «smaltire» la «chilometrica» cena napoletana...
        Il podista riprende in quei giorni la sua «peregrinatio» pastorale, con un ritmo sempre più serrato, mozzafiato, sino al 24 ottobre, quando celebra la Messa dell'arrivederci alla Chiesa di St. Anthony of Padua, avendo l'impressione di essere già in paese, pur dovendo affrontare una giornata campale, con riunioni varie nei Circoli e, particolarmente, alla «gioventù», dove trova una folta schiera di bambini e di giovani.
        Si continua poi con interminabili visite a casa, e si conclude col «veglionissimo» fino alle 6,30 del 25 ottobre. Dopo la Messa delle 9, affannosi preparativi, breve colazione, e, via per New Jork, sotto una pioggia battente.
        Qui, calorosi abbracci, sotto pioggia, questa volta ancora di... champagne, e partenza alle 18,30, da una città fantasmagoricamente illuminata, per immergersi nel buio della notte... Spettacolare anche il passaggio su Londra, con infinità di luci, sostituite poi man mano dalle prime luci dell'alba...
        Alla luce del nuovo giorno, si ha la visione inversa, rispetto a quella dell'andata avvenuta al tramonto, delle Alpi innevate, dei laghi alpini, di Torino, Isola d'Elba, Lazio, Roma...
        Dopo l'operazione di dogana, passaggio all'aeroporto nazionale, per raggiungere Napoli... qui pranzo da un cugino e partenza per il paese nativo, dove si giunge verso mezzanotte, a causa di un guasto alla macchina: viaggio veramente... fortunoso, da principio alla fine!
        Dopo l'esperienza esaltante del «Tabor», in cui sembrava logico far propria la preghiera di Pietro: «Maestro, è bello per noi stare qui, facciamo tre tende...», come i tre discepoli, anche Zino deve «scendere dal monte...», per reimmergersi nella ferialità e riprendere il viaggio verso... Gerusalemme.
        Il cammino di passione deve continuare col difficile proseguimento dei lavori ordinari, ma anche col mettere riparo agli... imprevisti di percorso: la riparazione della suoneria elettrica delle campane, messa fuori uso da un fulmine, dopo appena qualche mese dall'installazione, e, nell'anno successivo, la rifusione del campanone, a causa di una lesione verificatasi per un difetto della fusione originaria, avvenuta sul posto un secolo e mezzo prima.
        Tale difetto era accentuato sia dall'usura del tempo, sia, particolarmente, dalla frequenza insolita, cui la campana grande aveva cominciato ad essere sottoposta dall'energia elettrica, a differenza dell'energia «umana», usata fino a quel momento; quest'ultima non era sempre «reperibile» per cui il campano-ne poteva dormire sonni tranquilli, alle volte, anche nelle maggiori solennità dell'anno. I meno giovani potranno ricordare questi lunghi e «incomprensibili» periodi di... letargo, dovuti anche, in anni ormai lontani, alla «usura» delle funi!
        Ma, agli imprevisti naturali, il Signore continuava a permettere che si aggiungessero quelli «umani», più profondamente crocifiggenti, perché provenienti da persone che, per un minimo di sensibilità verso il «resto» impegnato, avrebbero dovuto facilitare o almeno permettere il proseguimento dell'opera, senza ostacolarlo diabolicamente, con tutti i mezzi, fino alla... vigliaccheria più brutale da parte di alcuni.
        È uno «stillicidio» continuo, sofferto nel «silenzio» da Zino, senza far trapelare qualcosa all'esterno. Basti ricordare che, per non disturbare la «quiete pubblica» di un'intera popolazione, nelle solennità più ricordevoli, con difficoltà provenienti da meschinerie, a dir poco, balorde, una volta Zino è «costretto» a farsi «scoiattolo», per arrampicarsi su uno steccato di tavoloni, catapultarsi in chiesa, e aprire dall'interno la porta laterale provvisoria, la cui chiave, come augurio natalizio, gli era stata rifiutata, con azione subdola e vigliacca, rimasta sepolta nel suo cuore, senza che nessuno si accorgesse di nulla, ma certamente in... acconto presso Dio.
        Un'altra volta, per lo stesso motivo, egli deve con fulmineità giocare di astuzia (il diavolo sa fare le pignatte e non i coperchi!), per aprire dall'ufficio parrocchiale la porta di passaggio in chiesa, sbarrata di dietro con robusti tavoloni, fatti cadere attraverso un «bellicoso» stratagemma, che permette il regolare svolgimento liturgico, in sorprendente normalità. A perenne ricordo del fattaccio, il disperato piano strategico lascia sulla porta un «buco» ancora... osservabile.
        Il fulmineo piano di intervento viene, questa volta, sollecitato da un altro «buco», ugualmente ancora visibile, praticato in precedenza, sulla tavoletta di aerazione, da ladri notturni che, pensando di trovare in ufficio, tra lo «ammasso» dei libri, qualcosa di «prezioso», nella loro delusione, devono contentarsi solo dello «scompiglio». Questo però lascia in Zino una ferita sanguinolenta, rimasta sepolta nel più assoluto silenzio, e riesumata solo adesso da queste parole «confidate» alla... carta!.
        Tuttavia, il buco che aveva offerto ai ladri questa possibilità ha avuto, nel giro di qualche mese, il merito di suggerire la strategia, per aprire la stessa porta, con risultati diversi. Il Signore si era presa la sua rivincita sul demonio, aiutando un povero cristo a «costruire», sui cocci del solito Molok.
        Nella prospettiva della croce, tutto viene avvolto dalla luce della sublimazione, soprattutto quando i «crocefissi» di ogni epoca sanno darsi reciprocamente una mano, al seguito di Cristo, lungo la via del Calvario. Anche per Zino, la condivisione dei «volontari cirenei», trovati in paese e fuori, tra la gente meno abbiente economicamente, ma tanto ricca di generosità e di calore umano, è stata una costante provvidenziale, che lo ha sostenuto a proseguire tenacemente il doloroso cammino, sino alla crocefissione.
        Egli nutre ferma speranza, che il Signore abbia messo a suo conto ogni particolare di un dramma da Lui permesso, perché tutta la comunità raggiungesse, si, un meta materiale, ma come «segno» indicativo di un'altra meta, cui continuare a mirare.
        La solidarietà umana e cristiana ha saputo scrivere in ogni epoca pagine luminose di «promozione umana» e di «evangelizzazione», per rendere più umana e più giusta la vita di tutti qui in terra, proiettandola verso l'eternità.
        Il cuore di questo «resto» di comunità in diaspora, che aveva battuto all'unisono per oltre un decennio, in ansiosa attesa, ha potuto finalmente aprirsi al tripudio della riconsacrazione della «casa comune», avvenuta il 23 dicembre 1978.
        È una testimonianza di fede operosa, anche se osteggiata da alcuni e non capita da tanti, ma offerta a tutti, in continuità storica col passato, attraverso una lettura operosa della storia dal basso, nel suo innesto col contesto individuale e comunitario, sprigionante cultura, mediante l'autorivelazione dell'anima popolare e la testimonianza nel tempo dei beni culturali.
        Anima popolare e beni culturali sono state le sorgenti, cui la comunità si è costantemente ispirata, nella ricerca di valori umano-cristiani, che sarebbero potuti diventare luogo e strumento di mediazione, tra la ricchezza del passato e la creatività del futuro, attraverso una congeniale costruzione del presente.
        La ricostruzione materiale e spirituale ha assunto nel corso degli anni, questo significato, esperimentato sulla propria pelle da parte del pastore e del «resto coinvolto» del gregge, nonostante contrasti, ostacoli di ogni genere, o solo scoraggiante indifferenza da parte dei numerosi «supervisori», rimasti alla finestra a guardare, oppure a... puntare il dito!
        Zino minimamente si è lasciato scalfire da questi «tentacoli del Molok», attingendo incessantemente alla «Banca della Provvidenza», che, a sua volta, si serviva della «Filiale della povera gente», per guidare in porto la barca, pur in mezzo a tanti... marosi, e rendendo meticolosamente «visibile e trasparente» la contabilità a tutti, vicini e lontani.
        A testimonianza di questa scrupolosa meticolosità, si conservano in archivio il grande registro mastro in rubrica, per tutti gli incassi registrati nel tempo, unitamente alle altre rubriche, per le offerte pervenute dall'estero; sono conservati anche resoconti vari, al dettaglio, di entrate e uscite, ciclostilati periodicamente ed inviati alle famiglie, in paese e all 'estero.
        La fiducia nella Provvidenza, che si serve sempre degli uomini di «buona volontà», e la trasparenza di contabilità si sono rivelate due armi infallibili, contro ogni attacco dei malevoli, ma anche stimolanti, per i disponibili, al discorso di corrensponsabilità nella comunità. Si è fatta così anche la scoperta del fascino della comunitarietà, nella ricerca di coeducazione tra educatori ed educandi, almeno come esigenza di base, anche se non sempre realizzata in modo soddisfacente.
        Nella missione educativa, svolta da ognuno nell'ambiente familiare o sociale, in cui è messo dalla Provvidenza, attraverso la mediazione della Bibbia «universale della vita», non ci possono essere «automatismi» di sorta, come la pedagogia divina ha rivelato nel corso dei secoli e, definitivamente, in Cristo.
        Questi, nel suo geloso rispetto della libertà umana, è diventato «segno di contraddizione» per tutti, anche per quelli che Egli stesso aveva chiamato al suo seguito. I «semi di bene» vanno costantemente affidati alla terra, nel rispetto del loro tempo di crescita, che nessuno può avere la pretesa di programmare.
        A nessuno, qualunque sia il suo credo religioso, il Signore preclude la possibilità di semina, anzi, Egli stesso diventa «mendicante» presso le sue creature, perché, nonostante tutto, la semina possa continuare incessantemente e in ogni angolo della terra.
        Questa stupefacente possibilità, di far scaturire dalla propria vita semi di bene, è data a tutti gli uomini di ogni razza e di ogni religione, credenti o atei, monoteisti o politeisti, praticanti o indifferenti... ognuno può aprirsi a pensieri di benevolenza e di comprensione, a parole di affabilità e di incoraggiamento, ad azioni di solidarietà e di condivisione.
        La fraternità universale può esprimersi dalla parola all'azione, dal sorriso alla disponibilità, dall'ascolto all'oblatività, dal dono delle cose al dono di se stessi: solo un seme... ma un seme che potrà moltiplicarsi, in progressione geometrica, all'infinito... fino a raggiungere l'infinito di Dio.
        Da queste riflessioni può scaturire per tutti noi una maggiore «coscientizzazione» di aver sprecato tanta parte della nostra vita, non avendo saputo cogliere o avendo sciupato tantissime occasioni, che la Provvidenza «seminava» sul nostro cammino, per aprire «mente e cuore» agli altri, specialmente agli ultimi, nello spirito delle Beatitudini.
        Un anonimo, forse verso il tramonto della vita, ma sempre desideroso di contatti veri e immediati con la gente, ha pure attualizzato le Beatitudini evangeliche nei confronti dell'anziano, questa categoria destinata ad aumentare nei paesi «sedicenti» progrediti.

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