GERARDO DE PAOLA - ZINO e MOLOK - Parola di un «glorioso» figlio laterinese: «Assaporare con ottimismo le pillole della sofferenza»

Parola di un «glorioso» figlio laterinese:
«Assaporare con ottimismo le pillole della sofferenza».

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        Nel settembre '79 Zino, anche per mantenere la promessa dello «arrivederci presto», a conclusione della lettera agli emigrati, vola di nuovo in America e Canada, per ringraziare tutti, personalmente, della gioia immensa procuratagli con la loro fattiva collaborazione e, rinsaldando maggiormente i vincoli di profonda simpatia e di sincero affetto, per ricaricarsi di nuovo entusiasmo, necessario, come gli suggeriva il presagio, ad assorbire l'amarezza di... nuove, durissime spine.
        Come dimenticare le feste organizzate ovunque dai vulcanici laterinesi, sempre «bellicosamente gentili?»: 22 settembre a Newark, 30 settembre a Montreal, 4 ottobre a Toronto? e poi, le interminabili feste intime con gruppi familiari, sempre protratte fino alle ore piccole?
        È stato un ottimo rifornimento di nuove energie per immancabili e sempre più profonde prove, alle quali la Provvidenza, impercettibilmente, ma non tanto, lo preparava, anche con un supplemento «vitaminico», in occasione di un indimenticabile pellegrinaggio, il 15 ottobre 1980, con un folto gruppo laterinese, a Tropea, sulla tomba del Ven. Di Netta.
        Era questi un religioso liguorino, oriundo laterinese, ivi deceduto il 3 dicembre 1849, lasciando un ottimo ricordo del suo apostolato in quella regione, da essere chiamato «l'Apostolo delle Calabrie», per cui il Padre superiore di quella comunità, aveva organizzato una Esposizione dei ricordi del Venerabile.
        Essendo però venuto a mancare all'ultimo momento il Vescovo, che avrebbe dovuto tenere il discorso commemorativo, Zino si sente giungere telefonicamente un fraterno e pressante invito dal Superiore, a sostituire il relatore.
        È l'occasione, offertagli dalla Provvidenza, per approfondire meglio la spiritualità di questo glorioso figlio di Laterina, che presenta ai Vescovi, Sacerdoti e numerosi fedeli della cittadina e dei paesi viciniori, come un precursore dei tempi moderni, per la sua impellente esigenza di animare la società dall'interno, nella prospettiva evangelica del «lievito» nella massa.
        Tra l'altro, egli puntualizza nel suo discorso:

        «...Forse oggi più che mai, abbiamo da recuperare in questa prospettiva di forza lievitante, dall'interno, un mondo paganeggiante. In lui, vita interiore e vita apostolica si integravano in una sintesi meravigliosa, per cui non c'era separazione o conflittualità fra dimensione verticale e orizzontale, in quanto le due dimensioni si univano in lui a formare la croce, su cui seppe immolare la sua vita con Cristo.
        Con grande spirito di abnegazione, seppe donarsi fino ad esaurirsi, vincendo tutti nel lavoro e, all'occorrenza, supplendo tutti. Mortificazione, astinenze, digiuni, uso di erbe amare nei cibi davano il sapore alle sue molteplici attività, che non gli lasciavano un minuto di tregua, tanto che una sola volta tornò a Laterina; forse non intervenne nemmeno ai funerali dei suoi amatissimi genitori.
        Nell'ultimo periodo della sia vita, quando la malattia lo inchiodò nel suo letto di sofferenza, egli fece di quel letto un altare, su cui consumò il sacrificio della sua vita, completamente spesa per la gloria di Dio, un Dio cercato e servito negli altri, particolarmente nei più bisognosi.
        Perciò, con la calma di sempre, potette affrontare la morte, rispondendo all'ultima chiamata del Maestro, con la sua abituale prontezza: Eccomi qui, Gesù, eccomi! È proprio vero che come si vive, così si muore!
        Forse oggi è il momento riservato dalla Divina Provvidenza, per la glorificazione del suo Servo Fedele, perché possa continuare a trasmettere ancora a noi il messaggio, quanto mai attuale, di una vita spesa per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime, nel segno infallibile della Croce: la croce ricordata dalle sue braccia incrociate al petto, come gli aveva insegnato la mamma, ma soprattutto la croce piantata al centro della sua vita, del suo cuore ardente di amore, per sentirsi crocifisso con Cristo, alla ricerca dei crocifissi di sempre.
        L'esperienza della croce, fatta dal Venerabile sin dagli anni della fanciullezza, penso che abbia trovato motivo d'ispirazione anche nella tradizionale processione del «Venerdì Santo», in uso in paese da tempo immemorabile.
        Sulla sua fantasia adolescenziale, avrà certamente esercitato un fascino particolare, lo svolgimento annuale di questa rievocazione della Passione di Cristo, voluta dai nostri avi, per unire il calvario della loro tribolata storia (miseria, fame, guerre, pestilenze, terremoti, ecc.) al sacrificio di Cristo, per trovare nel Divin Martire del Golgota, forza e motivo di Speranza, di Risurrezione e di Vita.
        ... egli ci sollecita a partecipare alla diffusione del Regno di Dio sulla terra, anche col sacrificio della nostra vita, da unire quotidianamente al Sacrificio di Cristo, sapendo assaporare, come diceva lui, senza trangugiarle forzatamente, le pillole delle nostre piccole o grandi sofferenze, con l'ottimismo proveniente dal lievito, destinato a fermentare tutta la massa.
        Il Venerabile ci aiuti ad essere suoi degni figli!».

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