'' I PAGLIACCI '' di Gennaro Ciampolillo

I PAGLIACCI.

Arriva come sempre il carnevale
anche se cambia data…mai puntuale;
la gente, come può, in queste feste,
ama divertirsi, gioca, si traveste.

L e strade sono invase da colori,
passano carri, zeppi di bambini,
vestiti da Pierrot e Arlecchini
con quei visi pieni di candori.

Le bimbe sono invece trasformate
in belle principesse o dolci fate,
con vestitini dalle lunghe gonne
confezionati dalle mamme e nonne.

Si lascia la tristezza e pur la noia,
cercando in questi giorni sol la gioia,
si scacciano dal cuor brutti pensieri
che tenevamo dentro, fino a ieri.

Anche gli adulti, adesso fanno festa,
coprendo il viso con la cartapesta;
un naso grosso come un peperone,
mantelli stretti da strani bottoni.

S’odono squilli di tromba e di trombetta,
la gente ti travolge in tutta fretta,
se non ti sposti presto dal selciato
ti trovi nei coriandoli, annegato.
Un vortice di tanti bei costumi;
due son truccati come paralumi,
un uomo, in capo, ha due corna d’oro
e più che un cristiano, sembra un toro.

Però all’improvviso, arriva in testa,
un sentimento a guastar la festa;
lo metto qui e son molto sincero,
lo dico a voi, dicendo solo il vero.

Io penso che soltanto in questo giorno,
la gente non nasconde quel che pensa,
si sente lieta senz’alcuno scorno
e fa quel che gli dice la coscienza.

Invece, per un anno, si traveste,
togliendosi di dosso trucchi e lacci,
appena son finite queste feste
e solo allora …vive da pagliacci.


Gennaro Ciampolillo

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