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Valigia di cartone
La guerra ormai da poco era finita, la gente che dal fronte ritornava trovò l'Italia misera, ferita: nel cuore la tristezza sol regnava. Sulle montagne nostre al Meridione, ognuno non sapeva cosa fare, solo una era la soluzione, per vivere...la terra da zappare! Famiglie numerose da sfamare, cresciute dentro un vecchio casolare, giornate intere, sempre a lavorare, tanto sudore e poco da mangiare. Tentare l'avventura di emigrare, riempire una valigia di cartone con poche cose dentro da serbare: vestiti, qualche foto e poi andare. Negli occhi c'era il sogno d'un futuro in terre misteriose e sconosciute, speranze in un destino meno duro, per cose sì volute e mai avute. America, Brasile ed Argentina, aprirono le porte agli emigranti; ogni anno almeno una ventina, partirono da quei monti e furon tanti. Vendettero le case o un terreno per affrontar le spese di quei viaggi; pagar biglietti per la nave o il treno, sapessi quante pene e che disagi. Valigia non fu mai così pesante, fatta per lavoro e non per svago, era di cartone...per l'emigrante, tenuta ben legata, con lo spago.	L'arrivo non fu mai lieto e felice, la mente ritornava alla famiglia, le lacrime versate, nessun dice, per chi era lontano tante miglia. Giorni passati con le spalle chine a mettere da parte dei denari, sognando quei paesi e le colline lasciati oltre quegli immensi mari. Qualcuno ebbe fortuna, altri meno. La Patria loro mai dimenticata, stipati sulla nave o sopra un treno, quanti dolori costò l'attraversata! Ritorna ogni tanto un lor parente, per visitar congiunti ed il paese, il vecchio casolar ormai cadente non suscita interesse e né sorprese. Si parla di quel nonno, ormai sepolto che fu costretto un giorno ad emigrare, sopra una foto, in bianco e nero, un volto che consentì ad altri di restare. Or la valigia non è più pesante, costruita per vacanze, per lo svago ma non lasciam sfuggire dalla mente quella ch'era legata con lo spago!
Rino Ciampolillo